Secondo me lo sport professionistico (bada bene, non il ciclismo) è un gioco in cui contano un po' di variabili: stile di vita, volontà di sacrificarsi, capacità di prepararsi (che ha dentro tutto, dall'allenamento all'assunzione di tutto ciò che stando nel lecito può aumentare effettivamente la prestazione senza creare danno), doti naturali. E conta anche il contesto in cui operi, il supporto economico, consulenziale e medico di cui puoi disporre. Insomma è un lavoro (per loro) e uno spettacolo (per noi).
L'importante per me, che infatti non ho grandi danni a livello psico-fisico dal seguire lo sport, è la consapevolezza che:
- le cure (non dico doping, dato che si tracciano differenze fra farmaci leciti e non... differenze che io non colgo così nettamente a livello sostanziale) ci sono;
- a quel livello, dove l'attenzione al dettaglio è spinta all'estremo, scavano differenze significative, anche perché se no si correrebbe totalmente a pane e acqua (logico che se uno è cintura nera di divano e telecomando, ma, senza offesa per nessuno, anche un ottimo cicloamatore, prendere salbutamolo, EPO,GH e quant'altro, non porta a vincere il Giro d'Italia);
- la politica ha i suoi effetti, salvo che non si creda a continue coincidenze.
E a proposito di politica, il caso Froome credo non sarà isolato.