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<blockquote data-quote="rosetta" data-source="post: 6228844" data-attributes="member: 14519"><p>Argomentazione "furbetta", non pertinente e del tutto priva di validi argomenti. Invece, sulla definizione di morte cerebrale e il cosiddetto fine vita i pareri scientifici sono discordi.</p><p></p><p><<La crisi della “morte cerebrale” nell’attuale dibattito filosofico e medico-scientifico A dimostrazione di quanto appena detto, si possono prendere in esame alcuni recenti approcci filosofici e medici che mettono radicalmente in discussione la convinzione – per anni ripetuta come un dogma - secondo la quale la morte cerebrale è la morte dell’uomo. In questo paragrafo, soffermeremo la nostra attenzione prevalentemente sulla letteratura angloamericana. Sarebbe indubbiamente interessante un’analisi della letteratura specifica tedesca e di quella giapponese, che riteniamo essere le più stimolanti al riguardo e meriterebbero entrambe un’apposita trattazione.</p><p>Non è un caso che la prima reazione al Rapporto del Comitato di Harvard provenga da un filosofo di formazione continentale, trasferitosi oltreoceano nel secondo dopoguerra: Hans Jonas. In un saggio dal titolo <em>Against the Stream </em>egli criticava duramente la definizione di morte cerebrale con argomentazioni che, in un modo più o meno consapevole, sono state in parte riprese da pensatori che hanno iniziato a riflettere sul problema della morte cerebrale. Nel vecchio (ma non invecchiato) saggio, Jonas sosteneva che non è possibile comprendere un fenomeno di per sé vago come quello della morte umana facendo ricorso ad una definizione precisa, un atto più o meno arbitrario che coglie alcune caratteristiche dell’oggetto da definire e ne tralascia altre. Jonas, con grande lucidità, scriveva che la definizione di morte cerebrale, oltre a riproporre il vecchio dualismo anima-corpo, era una “finzione” con la quale si pretendeva di aggirare l’ostacolo al prelievo a cuore battente, dichiarando il paziente in coma irreversibile già morto: l’ignoranza del confine che separa la vita dalla morte non può essere superata mediante l’impiego di una definizione, tanto più se essa ha la finalità di autorizzare l’utilizzo di un paziente come una riserva di parti di ricambio da destinare al trapianto e di legittimare il prelievo degli organi “a cuore battente”, cioè mentre il respiratore è ancora in funzione.>></p><p></p><p>Il brano citato è tratto da questo interessantissimo <em><a href="https://www.researchgate.net/profile/Rosangela_Barcaro/publication/281644248_La_morte_cerebrale_e_entrata_in_crisi_irreversibile/links/55f28d1608ae199d47c48191/La-morte-cerebrale-e-entrata-in-crisi-irreversibile.pdf" target="_blank">paper</a></em>. Fine OT, per me.</p></blockquote><p></p>
[QUOTE="rosetta, post: 6228844, member: 14519"] Argomentazione "furbetta", non pertinente e del tutto priva di validi argomenti. Invece, sulla definizione di morte cerebrale e il cosiddetto fine vita i pareri scientifici sono discordi. <<La crisi della “morte cerebrale” nell’attuale dibattito filosofico e medico-scientifico A dimostrazione di quanto appena detto, si possono prendere in esame alcuni recenti approcci filosofici e medici che mettono radicalmente in discussione la convinzione – per anni ripetuta come un dogma - secondo la quale la morte cerebrale è la morte dell’uomo. In questo paragrafo, soffermeremo la nostra attenzione prevalentemente sulla letteratura angloamericana. Sarebbe indubbiamente interessante un’analisi della letteratura specifica tedesca e di quella giapponese, che riteniamo essere le più stimolanti al riguardo e meriterebbero entrambe un’apposita trattazione. Non è un caso che la prima reazione al Rapporto del Comitato di Harvard provenga da un filosofo di formazione continentale, trasferitosi oltreoceano nel secondo dopoguerra: Hans Jonas. In un saggio dal titolo [I]Against the Stream [/I]egli criticava duramente la definizione di morte cerebrale con argomentazioni che, in un modo più o meno consapevole, sono state in parte riprese da pensatori che hanno iniziato a riflettere sul problema della morte cerebrale. Nel vecchio (ma non invecchiato) saggio, Jonas sosteneva che non è possibile comprendere un fenomeno di per sé vago come quello della morte umana facendo ricorso ad una definizione precisa, un atto più o meno arbitrario che coglie alcune caratteristiche dell’oggetto da definire e ne tralascia altre. Jonas, con grande lucidità, scriveva che la definizione di morte cerebrale, oltre a riproporre il vecchio dualismo anima-corpo, era una “finzione” con la quale si pretendeva di aggirare l’ostacolo al prelievo a cuore battente, dichiarando il paziente in coma irreversibile già morto: l’ignoranza del confine che separa la vita dalla morte non può essere superata mediante l’impiego di una definizione, tanto più se essa ha la finalità di autorizzare l’utilizzo di un paziente come una riserva di parti di ricambio da destinare al trapianto e di legittimare il prelievo degli organi “a cuore battente”, cioè mentre il respiratore è ancora in funzione.>> Il brano citato è tratto da questo interessantissimo [I][URL='https://www.researchgate.net/profile/Rosangela_Barcaro/publication/281644248_La_morte_cerebrale_e_entrata_in_crisi_irreversibile/links/55f28d1608ae199d47c48191/La-morte-cerebrale-e-entrata-in-crisi-irreversibile.pdf']paper[/URL][/I]. Fine OT, per me. [/QUOTE]
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