Certamente il Tour 2010 deluse le attese degli appassionati. Quella che si prospettava come la corsa a tappe più incerta ed emozionante da vari anni a questa parte è finita per diventare una semplice corsa a due senza quello spirito di battaglia necessario in queste occasioni.
Non è stato raro in quei pomeriggi estivi rimanere addirittura infastiditi per le tante occasioni sprecate e per l'assenza di spettacolo in tappe che, il giorno della presentazione - e non per valutazione errata - , apparivano come decisive. Il distacco tra i primi due classificati, Contador ed Andy Schleck, è stato esiguo: d'altronde tra i due le differenze più marcate ci furono nel prologo di Rotterdam. Tutti gli altri decisero subito di puntare al più basso gradino del podio adottando una tattica fastidiosamente attendista che in più occasioni ci ha lasciati sbigottiti, non dando certo una bella immagine di questo sport. Tutto d'un tratto gli attacchi in salita per guadagnare secondi preziosi sui rivali sono diventati uno snervante stare a ruota ed attendere la mossa dell'altro. Si è arrivati addirittura al surplace, tipico delle gare su pista, lungo la salita di Ax-3 Domaines tra i due contendenti principali: scalata, per intenderci, di quasi 8 km all'8.5%.
Questo Tour si presentava anche come l'ultimo grande assalto di Lance Armstrong alla maglia gialla. Nonostante una preparazione non ideale, complici la caduta al Giro di California a metà Maggio e le accuse di doping lanciate dall'ex-compagno di squadra Floyd Landis, l'americano arrivò a Rotterdam pronto, magro ed allenato come non lo si vedeva dal 2005. E ne diede la prova a cronometro, quando con una prestazione superlativa fece fermare le lancette 22" dopo Cancellara, quarto e davanti a tutti gli altri rivali diretti. D'altronde lo aveva detto chiaramente a fine Marzo, al Criterium International, quando per la prima volta i due nemici si scontrarono. O meglio, non ci fu nessuna sfida, ma questa fu montata ad arte dai giornalisti, ai quali Lance rispose chiaramente: "Non si deve giudicare adesso chi è il più forte, lo si vedrà a Luglio". E lui a Luglio ci era arrivato bene, pronto alla sfida; ma poi una serie ininterrotta di incidenti e problemi, ultima ma non per importanza la tripla caduta nel giorno fatale dell'arrivo a Morzine-Avoriaz, hanno fatto in modo che questa sfida si sia fermata all'improvviso, senza neanche concederci il lusso delle prime stilettate. Con il crollo di Lance Armstrong a 39 km dall'arrivo sulla parte più dura del Col de la Ramaz sono venuti a mancare dei momenti che sarebbero rimasti nella storia del ciclismo e soprattutto è rimasta lasciata in sospeso una sfida, quella a Contador e a tutti gli altri, che non si potrà mai concludere.
In questo Tour per la prima volta si videro i chiari limiti tattici di Andy Schleck, che pur essendo consapevole del fatto che per vincere avrebbe dovuto fare la differenza in salita preferì, quando aveva la maglia gialla, non fare niente per incrementare il vantaggio; e solo a giochi persi attaccò sul Tourmalet a 10 km dal traguardo (salvo poi fermarsi quando comprese che non sarebbe riuscito a staccare il rivale). Basti pensare anche al risultato imbarazzante ottenuto nel prologo, a più di 1' dal vincitore di giornata, a causa della mancata ricognizione del percorso. E anche il giorno della sua prima vittoria, nella tappa di Morzine (tappa che resterà nella storia per un altro motivo), aspettò gli ultimi 800 metri per attaccare ignorando i consigli del suo DS e cascando così nella rete di Contador, che quel giorno era in grande difficoltà ma riuscì a mascherarsi e, complice l'attendismo fino allo sfinimento di cui abbiamo già parlato, riuscì ad arrivare a soli 10". Se si vanno a vedere questi elementi si capisce come il famoso episodio del salto di catena avrebbe potuto essere addirittura ininfluente per le sorti della gara (ciononostante, questo fatto non può essere liquidato così).
Tappa dopo tappa, questo Tour offriva sempre qualche spunto interessante: ma le tante aspettative nutrite per la corsa alla fine sono svanite lasciando posto ad una noia e ad un disinteresse sempre più grande.
Parlando di volate, abbiamo assistito ad un Cavendish meno brillante di quello dell'anno passato, complice anche un maggior numero di rivali ed una preparazione decisamente più complicata. Alla fine la maglia verde sarà di Petacchi, che con due vittorie ed arrivando in tutte le volate sul podio si è rivelato senza dubbio il velocista più costante della gara.
Poi c'è da parlare della maglia a pois, vinta da Charteau (e proprio il successo di questo perfetto sconosciuto, fino ad allora, ha fatto pensare agli organizzatori che c'era qualche modifica da fare), senza dimenticare una classifica a squadra lottata senza esclusione di colpi.
[continua]
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Non è stato raro in quei pomeriggi estivi rimanere addirittura infastiditi per le tante occasioni sprecate e per l'assenza di spettacolo in tappe che, il giorno della presentazione - e non per valutazione errata - , apparivano come decisive. Il distacco tra i primi due classificati, Contador ed Andy Schleck, è stato esiguo: d'altronde tra i due le differenze più marcate ci furono nel prologo di Rotterdam. Tutti gli altri decisero subito di puntare al più basso gradino del podio adottando una tattica fastidiosamente attendista che in più occasioni ci ha lasciati sbigottiti, non dando certo una bella immagine di questo sport. Tutto d'un tratto gli attacchi in salita per guadagnare secondi preziosi sui rivali sono diventati uno snervante stare a ruota ed attendere la mossa dell'altro. Si è arrivati addirittura al surplace, tipico delle gare su pista, lungo la salita di Ax-3 Domaines tra i due contendenti principali: scalata, per intenderci, di quasi 8 km all'8.5%.
Questo Tour si presentava anche come l'ultimo grande assalto di Lance Armstrong alla maglia gialla. Nonostante una preparazione non ideale, complici la caduta al Giro di California a metà Maggio e le accuse di doping lanciate dall'ex-compagno di squadra Floyd Landis, l'americano arrivò a Rotterdam pronto, magro ed allenato come non lo si vedeva dal 2005. E ne diede la prova a cronometro, quando con una prestazione superlativa fece fermare le lancette 22" dopo Cancellara, quarto e davanti a tutti gli altri rivali diretti. D'altronde lo aveva detto chiaramente a fine Marzo, al Criterium International, quando per la prima volta i due nemici si scontrarono. O meglio, non ci fu nessuna sfida, ma questa fu montata ad arte dai giornalisti, ai quali Lance rispose chiaramente: "Non si deve giudicare adesso chi è il più forte, lo si vedrà a Luglio". E lui a Luglio ci era arrivato bene, pronto alla sfida; ma poi una serie ininterrotta di incidenti e problemi, ultima ma non per importanza la tripla caduta nel giorno fatale dell'arrivo a Morzine-Avoriaz, hanno fatto in modo che questa sfida si sia fermata all'improvviso, senza neanche concederci il lusso delle prime stilettate. Con il crollo di Lance Armstrong a 39 km dall'arrivo sulla parte più dura del Col de la Ramaz sono venuti a mancare dei momenti che sarebbero rimasti nella storia del ciclismo e soprattutto è rimasta lasciata in sospeso una sfida, quella a Contador e a tutti gli altri, che non si potrà mai concludere.
In questo Tour per la prima volta si videro i chiari limiti tattici di Andy Schleck, che pur essendo consapevole del fatto che per vincere avrebbe dovuto fare la differenza in salita preferì, quando aveva la maglia gialla, non fare niente per incrementare il vantaggio; e solo a giochi persi attaccò sul Tourmalet a 10 km dal traguardo (salvo poi fermarsi quando comprese che non sarebbe riuscito a staccare il rivale). Basti pensare anche al risultato imbarazzante ottenuto nel prologo, a più di 1' dal vincitore di giornata, a causa della mancata ricognizione del percorso. E anche il giorno della sua prima vittoria, nella tappa di Morzine (tappa che resterà nella storia per un altro motivo), aspettò gli ultimi 800 metri per attaccare ignorando i consigli del suo DS e cascando così nella rete di Contador, che quel giorno era in grande difficoltà ma riuscì a mascherarsi e, complice l'attendismo fino allo sfinimento di cui abbiamo già parlato, riuscì ad arrivare a soli 10". Se si vanno a vedere questi elementi si capisce come il famoso episodio del salto di catena avrebbe potuto essere addirittura ininfluente per le sorti della gara (ciononostante, questo fatto non può essere liquidato così).
Tappa dopo tappa, questo Tour offriva sempre qualche spunto interessante: ma le tante aspettative nutrite per la corsa alla fine sono svanite lasciando posto ad una noia e ad un disinteresse sempre più grande.
Parlando di volate, abbiamo assistito ad un Cavendish meno brillante di quello dell'anno passato, complice anche un maggior numero di rivali ed una preparazione decisamente più complicata. Alla fine la maglia verde sarà di Petacchi, che con due vittorie ed arrivando in tutte le volate sul podio si è rivelato senza dubbio il velocista più costante della gara.
Poi c'è da parlare della maglia a pois, vinta da Charteau (e proprio il successo di questo perfetto sconosciuto, fino ad allora, ha fatto pensare agli organizzatori che c'era qualche modifica da fare), senza dimenticare una classifica a squadra lottata senza esclusione di colpi.
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