Ieri sono passato dai miei e abbiamo commentato la notizia. Mia madre, una donna sulla settantina, mi ha detto: 'Stai attento quando esci in bici'. E chissà quanti di voi avranno sentito la stessa raccomandazione tra ieri e oggi. Tutto il concetto si racchiude in quel 'stai attento'. Avrebbe potuto dire: 'La prossima volta che esco in macchina starò ancora più attenta ai ciclisti'. E invece no: sei tu che vai in bici a dover stare attento, perché la strada non è per te. E se questo lo dicono madri, padri, mogli, mariti di ciclisti – persone che hanno a cuore la nostra pelle – immaginiamo cosa possa pensare la persona comune, che dei ciclisti se ne frega nel migliore dei casi, quando non li odia addirittura.
Si parla di cosa fare. Io non lo so. Sono già stato investito due volte e per fortuna me la sono sempre cavata. Però una cosa è certa: di norma, in qualsiasi situazione, chi maneggia qualcosa di pericoloso deve essere il più attento. In cucina il cuoco non si mette a lanciare i coltelli. In un cantiere l'operaio non butta i calcinacci giù da un balcone senza curarsi di chi ci sia sotto.
E allora perché in strada chi guida un’auto( anche quel cuoco che non lancia coltelli o quell'operaio che non butta i calcinacci dal balcone) si sente esonerato da questa responsabilità nei confronti di chi è più vulnerabile? Perché continuare a chiedere ai ciclisti di stare attenti, come se fosse un errore la loro stessa presenza sulla strada? Le strade sono di tutti, ma chi guida auto furgoni o camion ha una responsabilità maggiore, perché un errore, una distrazione o una scelta sconsiderata può costare la vita a qualcuno. E questo non possiamo più accettarlo. Non come ciclisti, ma prima di tutto come esseri umani.