Sono passati 10 anni!!!
Ma certe cose non si dimenticano ...
3-4 luglio 2010
Parto alle 21 da Cuneo (dove sono arrivato in ritardo, durante il "briefing" caricavo precipitosamente la già pesantissima bicicletta) poco fiducioso: troppo poco allenamento, troppe grane sul lavoro, una montagna di sonno arretrato... Ma volevo esserci a tutti i costi: l’atmosfera che si respira
quella sera a Cuneo, le emozioni che si vivono durante gli ultimi preparativi di una Super Randonnée (memore dell’edizione 2008) sono uniche ed impagabili. Vado al banco per ritirare il numero ed il road book con la bici ancora mezza da caricare e la gentile signorina mi chiede:
“Cosa vuole?”
“Numero e road book della Super Randonnée.”
“Ma guardi che stanno partendo!”
“Sì, lo so: facciamo in fretta così magari riesco a partire anch’io…”.
Mi aggiungo al gruppo dei partenti e mi accorgo di essere trafelato, già stanco e sudato marcio prima di partire. Incontro l’amico Marcello (venuto a curiosare): si accorge dei “pedali da passeggio” e mi chiede
“Ma cosa fai, con quelle scarpe?”
“Non ho avuto tempo di montare gli attacchi da mtb, preferisco viaggiare comodo: 44 h con i piedi nelle scarpette da corsa non le resisterei.”
“Guarda che al briefing hanno detto che è stato ridotto il tempo massimo perché l’Izoard non si fa, causa frana!”
Meno male che me l’ha detto lui, se no andava a finire che a Guillestre tiravo dritto per Briancon …
Un po’ più in là c’è Walter (che non rivedrò: arriverà a Cuneo quasi 11 h prima di me…): lui sì che parte, bici leggerissima e bagaglio quasi a zero.
“Ho affidato 2 sacche con la roba di ricambio ed alimenti vari all’organizzazione”, mi dice.
Già, mi accorgo di essere uno dei pochi (o pochissimi) ad aver rinunciato al servizio di trasporto materiale: ma tant’è, se una cosa è alla mia portata provo ad affrontarla con le mie forze e, per quanto possibile, in piena autonomia. Se no, piuttosto, rinuncio (in partenza: in itinere rinunciare mi risulta mooolto più difficile …).
Durante il "trasferimento" a Vinadio (non riesco a tenere le
ruote di chi mi precede in fondo al gruppo) mi chiedo: "Ma che ci faccio qui? Non ho la minima possibilità di arrivare, men che meno nel tempo massimo."
La salita al Colle della Lombarda (dopo la pausa per il controllo di Vinadio) conferma il mio sentore: vengo superato da molti "colleghi" e l'umore scende sotto i tacchi.
Decido: “Vabbé, già che sono qui, almeno arrivo fino al Colle, poi giro la bici e me ne torno a casa a dormire. Nel pomeriggio così posso andare a lavorare…”.
Sul Colle della Lombarda una sorpresa: molti si stanno preparando alla discesa ed altri sopraggiungono.
"Non sono andato poi così male" penso, rimandando i propositi di ritiro.
“Sta a vedere che mi riesce, pian piano, di fare anche la Bonette, Così poi domani pomeriggio rientro con calma a Cuneo dal Colle della Maddalena, compiendo già un bel giro!”.
La salita al Col de la Bonette ri-affossa il mio già debole entusiasmo: sono sempre fermo, ogni scusa (muretto, panchina) è buona per stendermi a sonnecchiare. L’alba mi sorprende tropo in basso rispetto ai miei programmi. La salita è lunghissima, eterna: credo di essere già molto in alto, nell’ultimo traversone, quando “punto” con lo sguardo un costone all’orizzonte. “Quando arrivo là, sono praticamente al colle” penso. Giungo al costone e guardo l’ora: arrivo in cima mezz’ora dopo, più di un’ora in ritardo rispetto al 2008. Arriva anche la mitica Giancarla, che quasi non si ferma … Io invece me la prendo comoda, mangio e poi giù a tutta: a questo punto già so quello che non voglio ammettere. Attaccherò anche il Vars, rimandando ulteriormente i propositi di ritiro. Supero quasi subito una bloccatissima (in discesa) Giancarla che nota le mie strane calzature “da passeggio”: “Ma come fai a pedalare con quelle scarpe?” “Vado talmente piano che preferisco star comodo …”. La lunghissima discesa mi rinfranca un po’, il tempo di affrontare le prime rampe serie del Vars e ripiombo nella tragica realtà: velocità ridotta al minimo per cercare di arrivare su ad ogni costo, conscio che poco più in basso mi aspetta un ristoro luculliano.
A Les Claux c’è una marea di randonneurs: chi prende il sole, chi si fa una doccia ristoratrice, chi come me si abbuffa con tutto quel che c’è. Una buona mezz’ora di sosta è quel che ci vuole per ricaricare le pile, le riserve idriche mie e sulla bici e per mettere a fuoco l’ultimo obiettivo della giornata: il Colle dell’Agnello. E già, perché prima del punto sonno di Sanpeyre c’è
solo più quella salita da affrontare. DEVO provarci, a costo di arrivare su a piedi, in ginocchio, sulle unghie …
Le risalite durante la discesa verso Guillestre si fanno sentire, sembrano montagne, ma di salita vera ce n’è ancora tanta, moltissima. Il lungo e torrido fondovalle che si affronta dopo Guillestre è psicologicamente snervante: si sale lentamente e poi si perde la poca quota conquistata. Quando la strada inizia a salire seriamente all’orizzonte si accumulano grossi e scuri nuvolosi. Proprio lì, dove la roccia è intagliata dall’altissimo passaggio della rotabile, il cielo è tragicamente cupo: prendersi un acquazzone in salita, a quella quota, proprio non mi farebbe piacere. La discesa si trasformerebbe in un lungo e tormentato viaggio nel freezer … Vado su lentamente, che più lentamente quasi non si può, il cielo sempre più scuro, l’aria gelida mi congela le braccia scoperte. Negli ultimi km vengo raggiunto da Giancarla e da un altro ciclista, stringo i denti per agganciarmi al loro treno, riesco ad arrivare su con loro, sotto le prime gocce di pioggia. La discesa è bagnata, ma riesco a non inzupparmi troppo attendendo una buona mezzora a Pontechianale. Arrivo a Sanpeyre che son quasi le 17: il punto di ristoro/sonno è posto praticamente in cima ad una serie di rampe da garage…
Apprezzo come non mai una semplicissima pastasciutta in bianco consumata in compagnia dell’organizzatore (e partecipante) Ivano, poi mi corico, pieno di acciacchi, con l’intento di ripartire a mezzanotte. Il sonno tarda a venire, tra il trambusto di chi va e chi arriva, per cui decido di anticipare la ripartenza. Alle 21 (esattamente 24 h dopo la partenza da Cuneo) sono di nuovo in sella, alla conquista del Colle di Sanpeyre. Diventa buio quasi subito, supero una coppia con evidenti problemi di stomaco (…) ed inizio a pensare che quelle 3 ore di anticipo sono una vera benedizione: “se fossi ripartito veramente a mezzanotte a quest’ora dovrei ancora iniziare la salita” e così fino in cima, dove arrivo per l’appunto quasi a mezzanotte. Che liberazione realizzare di essere “già” lì invece che all’attacco della salita!
Scendendo mi fermo un po’ a sonnecchiare al rifugio situato poco sotto il Colle di San Giovanni, poi giù verso Stroppo. A Ponte Marmora mi fermo a far rifornimento di acqua, accodandomi poi ad un gruppo di ciclisti. E’ una fortuna, perché se fossi rimasto da solo, in salita, ero talmente cotto che avrei tranquillamente saltato il controllo della locanda Ceaglio. Rimango solo poco dopo, ma è inevitabile e forse anche meglio così: è una nottata da allucinato, dove in certi momenti non mi rendo neanche conto di dove sono e di cosa sto facendo. Percorro lunghi tratti (km ?) bici al fianco, incapace di rimanere in sella, il sonno più volte prende il sopravvento. Il chiarore dell’alba mi fa intuire la meta, ancora lontana, molto lontana. Giungo al Colle d’Esischie esausto e l’ultimo tratto verso il Colle dei Morti mi pare eterno (poco più di un km …). Ultima curva, la statua del Pirata, ed è fatta!!! Non ci posso credere, mi sdraio a terra incapace di realizzare dove son riuscito ad arrivare, quasi esclusivamente con la forza di volontà. Un ciclista mi chiede di scattare una foto, timoroso di disturbare: “A questo punto non c’è nulla che mi possa disturbare”. Cerco di racimolare le poche forze rimaste per vestirmi e mangiare qualcosa, la discesa sarà lunga e fredda. A Demonte giungo rinfrancato, il sole ormai inizia a scaldare, decido di fermarmi al bar Agnello: credo proprio di essermi meritata una colazione decente. Riparto pieno di entusiasmo, quasi incredulo di quello che sto per compiere: affronto di slancio le rampe dell’ultima salita, Madonna del Colletto. Mi sento un leone e supero numerosi e sonnacchiosi ciclisti: poche ore prima ero uno straccio, un relitto, una parvenza di uomo, men che meno di atleta … Al colle dovrebbe esserci un controllo, ma confortato da altre opinioni, capisco che è stato spostato a Valdieri, in fondo alla discesa. Ultima timbratura in itinere e poi via, cercando di tenere le ruote (questa volta mi riesce abbastanza agevolmente) di un gruppetto. Proseguo quasi in trance, nella mente scorrono le “immagini” dell’avventura che sta per chiudersi: il susseguirsi di crisi, colpi di sonno, malanni vari, gioia e stupore ad ogni colle raggiunto, la consapevolezza che, dove il fisico non può arrivare, la determinazione fa i miracoli.
E un miracolo per me (viste le premesse) è stato arrivare a Cuneo alle 9.30: assolutamente INIMMAGINABILE solo 36 ore prima.
Della Super Randonnée 2010 mi rimarranno le 2 notti trascorse in bicicletta ed in solitaria, le numerose pause salendo alla Bonette, i km a piedi dell'Esischie dove il sonno mi impediva di stare in sella, l'entusiasmo che mi ha fatto "volare" sull'ultima salita alla Madonna del Colletto.
Ed una certezza:
la forza di volontà può l'impossibile.
GRAZIE SUPER RANDONNEE!!!