Un investimento deliberato e volontario di un ciclista e' atto idoneo a cagionarne, in astratto la morte. La condotta infatti attingendo direttamente o indirettamente zone nobili del corpo come i distretti ove si svolgono le funzioni biologiche più importanti (torace e testa) é pacificamente idonea a raggiungere il fine in concreto.
E ciò vale anche nel caso in cui chi lo ha fatto ha anche solo semplicemente accettato il rischio che dalla sua condotta potesse derivare la morte del bersaglio.
Nel caso di specie, pero', v'è da dire che in ragione della velocità modesta dei veicoli, dalla tipologia di urto (tangenziale e non frontale) e del comportamento successivo tenuto dall'autista (che desiste da azioni violente pur redarguendo il ciclista) appagare difficile affermare con certezza l'inequivocita' dei suoi atti precedenti (ossia unidirezionalita verso evento morte del ciclista): se veramente avesse voluto ammazzare non si sarebbe fermato solo ad un taglio di strada netto, ma avrebbe infierito subito dopo o, constatato che il ciclista stava bene lo avrebbe colpito per seguito ai suoi propositi omicidiari) cosicché, nel caso di specie, a mio parere non si dovrebbe parlare di tentato omicidio ma solo di violenza privata e lesioni personali.