Ciao, ti parlo delle mie arterie e come mi è stata diagnosticata la malattia. Mi hanno fatto un'angiografia entrando dall'arteria femorale però dalla parte opposta della parte interessata in modo da fare delle foto quando piegavo la gamba e forzavo con il piede sulla mano o spalla del medico. Lì si è evidenziato subito la stenosi. L'angiorisonanza fatta per un sospetto problema anche dalla parte sx non ha evidenziato nulla però è bastato un semplice ecocolordoppler per vedere l'ispessimento della parete dell'arteria iliaca. Se conosci un bravo angiologo spiegagli o fagli leggere l'articolo che allego qui sotto e digli esattamente dove andare a vedere il problema. Lo troverà sicuramente. Ciao
te lo posto in più pezzi è troppo grosso l'articolo
Una patologia dello sportivo di alto livellodi Jean Michel Chevalier Philippe L’Hoste Jean Paul Saint-André
Armand Mégret Georges Leftheriotis
Abbiamo diagnosticato il nostro primo caso di endofibrosi arteriosa nel 1985. La lesione era localizzata nell’arteria iliaca esterna di un ciclista di alto livello.
Altri sei casi di lesioni istologiche identiche e di medesima localizzazione ci hanno portato a descrivere l’affezione come “patologia arteriosa, individuata in modo specifico nel ciclista di alto livello e localizzata nell’arteria iliaca esterna”, la cui dicitura clinica funzionale si compone di due tipi di sintomi: dolore paralizzante e/o sensazione di gonfiore all’arto inferiore. Altri due casi sono stati ritrovati in articoli di stampa.
Dal dicembre 1985 al giugno 1991 siamo intervenuti su 93 casi di endofibrosi arteriosa in 80 sportivi di alto livello. La definizione della patologia è istologica: è una endofibrosi arteriosa localizzata all’intima dell’arteria iliaca, mentre le altre due tuniche, media e avventizia, rimangono sane. La nostra esperienza si è via via arricchita di casi che ci hanno permesso di completare il quadro clinico e riconoscere altri siti di localizzazione. La lesione può comparire anche in sport diversi dal ciclismo. I fattori eziopatogenetici devono essere ridiscussi alla luce di questi nuovi casi.
Metodiche e materiali
Dal dicembre 1985 al giugno 1991 siamo intervenuti consecutivamente su 93 localizzazioni (44 sinistre, 55%; 23 destre, 28,8%; 13 bilaterali, 16,2%) di endofibrosi riscontrate in 80 atleti di alto livello (tav. 1). L’età media dei soggetti era di 30 anni (il più giovane 19, il più anziano 58): la divisione dei soggetti per età è rappresentata nella tavola 2. Settantotto soggetti erano maschi, due donne. Non sono mai stati rilevati precedenti personali o familiari.
Eccetto i cicloturisti, tutti gli altri soggetti hanno iniziato la competizione sportiva tra i 12 e i 16 anni. Il chilometraggio totale percorso in bici dall’inizio degli allenamenti fino all’insorgere dei sintomi è stato in media di 110.000 chilometri (estremi da 35mila a 650mila chilometri). Otto soggetti hanno percorso meno di 60.000 chilometri, compresi i due triatleti. Al momento dell’intervento, i chilometri percorsi in bici sono stati in media 140.000. Il tempo trascorso tra la diagnosi e l’inizio della sintomatologia è stato in media di tre anni e mezzo, con estremi che vanno da tre mesi a 26 anni.
Sintomatologia
La sintomatologia accusata dai soggetti è stata di diverso tipo (tav. 3). 83 volte i soggetti hanno evidenziato una sintomatologia di sforzo nel pedalare durante la pratica ciclistica. Il sintomo più frequente era un dolore paralizzante che il soggetto descriveva come una sensazione di arti inferiori “morti” o che “non rispondono più”.
Il secondo sintomo consisteva nella sensazione di un gonfiore alla coscia, come di un calzoncino troppo “stretto”. Tale sintomo risultava due volte meno frequente del primo. I due sintomi insorgevano contemporaneamente o alternati nel 19% dei casi.
Tra i 13 soggetti che presentavano una lesione bilaterale, dodici avevano una sintomatologia che compariva allo stesso tempo o passava da un arto all’altro, dopo un periodo di espressione unilaterale. In un paziente, il secondo arto era asintomatico.
La localizzazione alla coscia era costante, 37 volte in modo isolato (39,8%). La sintomatologia risaliva al gluteo 11 volte, scendeva invece nella gamba 39 volte e fino al piede 5 volte.
In tutti i casi, la sintomatologia compariva al momento dell’impegno in bicicletta, sotto sforzo massimo o estremo, vale a dire sulle salite, negli attacchi, nelle gare a cronometro, negli inseguimenti su pista o negli sprint lunghi. In progressione (circa 30-35 km all’ora) i soggetti potevano compiere lo sforzo di pedalare normalmente senza dolore.
Otto soggetti sono arrivati allo stadio di “claudicatio” intermittens nel cammino, in media per duecento metri (estremi 50 e 500 metri).
Sette soggetti hanno mostrato un episodio di ischemia arteriosa acuta spontanea: due sono stati operati d’urgenza, gli altri hanno avuto un’evoluzione spontanea verso uno stadio di “claudicatio” intermittens. Quattro soggetti hanno presentato una sintomatologia di sforzo massimo in bici prima dell’insorgere dell’ischemia subacuta. Per gli altri tre, l’espisodio di ischemia subacuta è stato improvviso.
Dieci pazienti avevano fatto terapia in un altro centro prima di consultarci per la persistenza della sintomatologia. Cinque soggetti avevano subito un innesto iliaco-femorale in PTFE. Un soggetto aveva subito una endofibrosectomia associata ad un accorciamento dell’arteria. Un soggetto aveva subìto due trombectomie consecutive a disostruzione con catetere di Fogarty. Un soggetto aveva avuto una angioplastica con patch di PTFE.
Due pazienti avevano subìto un tentativo di angioplastica transluminale (una bilaterale, una unilaterale).
Esame clinico
In tutti i casi, l’esame clinico risultava normale. Non risultavano variazioni significative del trofismo degli arti inferiori. Il controllo del soffio della fossa iliaca era normale e senza variazioni significative, anche quando si modificava con la flessione dell’anca. I diametri della coscia e della gamba variavano aumentando o diminuendo in rapporto all’arto inferiore opposto, ma più spesso erano uguali all’esame comparativo.
Se il quadro clinico sembrava facile da definire, era comunque, a volte, difficile individuare algie muscolari di altre eziologie più frequenti per lo sportivo di alto livello. Risultava indispensabile quindi supportare la diagnosi con esami complementari.
Esame Döppler
Nella condizione basale, salvo i casi di trombosi dell’arteria iliaca esterna, l’esame Döppler risultava normale. La prova dello sforzo con misurazione delle pressioni comparative agli arti inferiori e all’arto superiore è stata sistematicamente fatta su tutti i soggetti col dubbio diagnostico di endofibrosi iliaca esterna.
All’inizio, abbiamo realizzato l’esperimento su bicicletta ergometrica, poi, a partire dal nono soggetto, su home-trainer, col soggetto che lavora su bici da pista, che riproduca così le condizioni di allenamento o di gara. Il soggetto lavorava su un percorso di dieci chilometri che produceva un carico di lavoro progressivo equivalente al passaggio da un piano di 0% fino al 7% di pendenza sull’ultimo chilometro, con la bici a pignone fisso e uno sviluppo di 52x13.
Si chiedeva al soggetto di portare al massimo il dolore, dopodiché la messa rapida in decubito permetteva la misurazione comparativa delle pressioni delle caviglie e di un arto superiore. La misurazione delle pressioni è stata eseguita con tensiometro automatizzato, utilizzando il metodo pletismografico (registrazione delle variazioni di volume di un organo o di una parte del corpo, ndt).
La prova è stata considerata negativa quando il rapporto caviglie-braccio è stato superiore a 0,5, positivo se inferiore a 0,5 e dubbio se uguale a 0,5.
Dieci pazienti non hanno effettuato la prova sforzo in quanto il dossier arteriografico realizzato prima del consulto risultava chiaro.
Ecografia
L’ecografia in “B” mode è stata fatta su 59 soggetti. Un ispessimento di qualche millimetro è stato rilevato sulle sezioni longitudinali dell’arteria iliaca esterna in 30 casi (50,8%). In 14 casi (23,7%) l’ispessimento è risultato discreto. In 15 casi (25,4%) le immagini ecografiche erano normali. Gli ultimi 29 casi hanno fatto un’ecografia a colori che non è risultata più utile dell’ecografia standard in “B” mode.
Arteriografia
L’immagine arteriografica tipica vista su lastre frontali e in obliquo del bacino, con gli arti inferiori in estensione (Tav. 4), risultava essere una stenosi lunga circa da 5 a 6 cm, che iniziava a 1 o 2 cm dall’origine dell’arteria iliaca esterna nel lato patologico.
Abbiamo realizzato su 60 soggetti delle lastre di 3/4 dell’arto inferiore in flessione massimale della coscia sul bacino. Tale incidenza ha permesso di visualizzare una vera plicatura o un’aspetto di “tortuosità” dell’arteria in 38 casi (63,3%). Questa immagine è stata notata come discreta o sospetta in 13 casi (21,6%). Non è apparsa evidente in 9 casi (15%). In 7 soggetti, l’arteria iliaca esterna era trombizzata.
Sei soggetti hanno mostrato una localizzazione inusuale della lesione:
- tre soggetti hanno presentato una localizzazione sull’arteria iliaca comune: uno aveva un’immagine equivalente a quella descritta sull’arteria iliaca esterna; uno aveva una forma localizzata nella parte mediana dell’arteria iliaca comune che si traduceva come una lacuna dovuta ad una lezione ulcerativa; l’ultimo aveva una trombosi dell’arteria iliaca comune.
- tre soggetti hanno presentato una stenosi ostiale del primo centimetro del tronco dell’arteria quadricipitale; uno di loro aveva una lesione singola, gli altri due la associavano a una lesione tipica dell’arteria iliaca esterna e uno dei due aveva una lesione quadricipitale controlaterale asintomatica.