Endofibrosi una malattia del ciclista

GRANNY

Pignone
7 Gennaio 2009
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colline toscane
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ti auguro di rimetterti al più presto. Ci sono passata anch'io e non solo 1 volta perchè il mio problema è stato bilaterale prima dx poi sx e poi ancora a destra e la gamba dx non è più tornata quella di prima. Mi hanno inserito anche uno stent ma già a marzo dell'anno scorso il diametro dell'arteria iliaca dx si è ridotto ed è di 0.29 in corrispondenza dello stent mentre appena sotto è di 0.90. Ho gareggiato lo stesso lo scorso anno e anche quest'anno con pochi risultati e sudati ma da agosto sento troppo male e ho lasciato tutto. Trovo difficoltà anche ad uscire a "spasso" e dopo tre interventi dove ti hanno aperto l'addome con ciccatrici e aderenze che nessuno ti può togliere non me la sento di affrontarne un altro. Devo dire che ho vinto tanto nell'udace anche dopo i 3 interventi con il record di tutti i 5 titoli su strada in un solo anno e non solo 1 volta dal provinciale al mondiale ed uscire così in malo modo mi girano e non poco. Io ho fatto il possibile e non ho lasciato niente di intentato però contro questo accanimento nei miei confronti cosa posso fare ancora? Dopo tanto dolore e sacrifici per ritornare in bici competitiva e vincente come e più di prima non è giusto per me uscire di scena in questo modo.

purtroppo anch'io ho lo stesso problema a sx, dopo l'intervento a dx ho ripreso a pedalare ma in salita ho già i primi sintomi, l'arteria in un punto ha un ispessimento di 3 mm e non ho voglia farmi tagliare ancora, mi accontenterò di piccole passeggiate, ammiro la tua costanza
 

Franci

Novellino
3 Giugno 2009
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ammiro te che ti accontenti di piccole passeggiate. Pensavo visto che ti sei fatta operare dal migliore e cioè dal Dr. Chevalier avesse magari notato lo stesso problema a sx mentre operava la dx. Conosco il dolore provato dall'intervento però ti assicuro che sulla sx è molto più veloce perchè non essendoci l'arteria gastrica (mi sembra si chiami così) da quella parte riprendi subito a mangiare senza dover aspettare che svuoti l'intestino e non so perchè ma il tutto nel complesso è molto meno doloroso. Però capisco anche il fatto che non hai assolutamente voglia di rifare l'intervento; io li ho fatti nel medesimo anno nel 2006 a distanza di 7 mesi uno dall'altro. Però come ti ho scritto la mia gamba dx è ancora "malata", è probabile che ritenti di farla riaprire con una dilatazione ma sono molto negativa e penso che la soluzione stent sia stata la cosa più assurda che potevano propormi. Anzi sono convinta prima o poi che dovrò fare lo stesso intervento solo per togliere lo stent, bella delusione. In bocca al lupo per tutto
 
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tittypimpi

Novellino
8 Gennaio 2011
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Bici
pippi
ciao ragazzi..leggo solo ora questo post che mi interessa molto poiche da mesi sto cercando di capire quale sia il mio problema.
un mese e mezzo fa mi hanno diagnosticato un ischemia iliaca, quindi ho fatto accertamenti e facendo una angiotac sono risultata negativa e il medicochirurgo mi ha detto che esclude completamente che la mia sia ischemia!
Un medico italiano mi ha detto che in italia non sono in grado di individuare questa patologia e che solo il dott chevalier potrebbe aiutarmi perchè è l unico a fare una tac in movimento (anche facendo l ecodoppler a riposo ero perfetta mentre sollevando le gambe si verificava l ischemia).
Volevo chiedere a voi..in situazioni di riposo le vostre arterie risultavano normali?o c'erano placche o altre ostruzioni?
In che modo Chevalier identifica il problema?
 

Franci

Novellino
3 Giugno 2009
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Ciao, ti parlo delle mie arterie e come mi è stata diagnosticata la malattia. Mi hanno fatto un'angiografia entrando dall'arteria femorale però dalla parte opposta della parte interessata in modo da fare delle foto quando piegavo la gamba e forzavo con il piede sulla mano o spalla del medico. Lì si è evidenziato subito la stenosi. L'angiorisonanza fatta per un sospetto problema anche dalla parte sx non ha evidenziato nulla però è bastato un semplice ecocolordoppler per vedere l'ispessimento della parete dell'arteria iliaca. Se conosci un bravo angiologo spiegagli o fagli leggere l'articolo che allego qui sotto e digli esattamente dove andare a vedere il problema. Lo troverà sicuramente. Ciao

te lo posto in più pezzi è troppo grosso l'articolo

Una patologia dello sportivo di alto livellodi Jean Michel Chevalier Philippe L’Hoste Jean Paul Saint-André
Armand Mégret Georges Leftheriotis

Abbiamo diagnosticato il nostro primo caso di endofibrosi arteriosa nel 1985. La lesione era localizzata nell’arteria iliaca esterna di un ciclista di alto livello.
Altri sei casi di lesioni istologiche identiche e di medesima localizzazione ci hanno portato a descrivere l’affezione come “patologia arteriosa, individuata in modo specifico nel ciclista di alto livello e localizzata nell’arteria iliaca esterna”, la cui dicitura clinica funzionale si compone di due tipi di sintomi: dolore paralizzante e/o sensazione di gonfiore all’arto inferiore. Altri due casi sono stati ritrovati in articoli di stampa.
Dal dicembre 1985 al giugno 1991 siamo intervenuti su 93 casi di endofibrosi arteriosa in 80 sportivi di alto livello. La definizione della patologia è istologica: è una endofibrosi arteriosa localizzata all’intima dell’arteria iliaca, mentre le altre due tuniche, media e avventizia, rimangono sane. La nostra esperienza si è via via arricchita di casi che ci hanno permesso di completare il quadro clinico e riconoscere altri siti di localizzazione. La lesione può comparire anche in sport diversi dal ciclismo. I fattori eziopatogenetici devono essere ridiscussi alla luce di questi nuovi casi.
Metodiche e materiali
Dal dicembre 1985 al giugno 1991 siamo intervenuti consecutivamente su 93 localizzazioni (44 sinistre, 55%; 23 destre, 28,8%; 13 bilaterali, 16,2%) di endofibrosi riscontrate in 80 atleti di alto livello (tav. 1). L’età media dei soggetti era di 30 anni (il più giovane 19, il più anziano 58): la divisione dei soggetti per età è rappresentata nella tavola 2. Settantotto soggetti erano maschi, due donne. Non sono mai stati rilevati precedenti personali o familiari.
Eccetto i cicloturisti, tutti gli altri soggetti hanno iniziato la competizione sportiva tra i 12 e i 16 anni. Il chilometraggio totale percorso in bici dall’inizio degli allenamenti fino all’insorgere dei sintomi è stato in media di 110.000 chilometri (estremi da 35mila a 650mila chilometri). Otto soggetti hanno percorso meno di 60.000 chilometri, compresi i due triatleti. Al momento dell’intervento, i chilometri percorsi in bici sono stati in media 140.000. Il tempo trascorso tra la diagnosi e l’inizio della sintomatologia è stato in media di tre anni e mezzo, con estremi che vanno da tre mesi a 26 anni.
Sintomatologia
La sintomatologia accusata dai soggetti è stata di diverso tipo (tav. 3). 83 volte i soggetti hanno evidenziato una sintomatologia di sforzo nel pedalare durante la pratica ciclistica. Il sintomo più frequente era un dolore paralizzante che il soggetto descriveva come una sensazione di arti inferiori “morti” o che “non rispondono più”.
Il secondo sintomo consisteva nella sensazione di un gonfiore alla coscia, come di un calzoncino troppo “stretto”. Tale sintomo risultava due volte meno frequente del primo. I due sintomi insorgevano contemporaneamente o alternati nel 19% dei casi.
Tra i 13 soggetti che presentavano una lesione bilaterale, dodici avevano una sintomatologia che compariva allo stesso tempo o passava da un arto all’altro, dopo un periodo di espressione unilaterale. In un paziente, il secondo arto era asintomatico.
La localizzazione alla coscia era costante, 37 volte in modo isolato (39,8%). La sintomatologia risaliva al gluteo 11 volte, scendeva invece nella gamba 39 volte e fino al piede 5 volte.
In tutti i casi, la sintomatologia compariva al momento dell’impegno in bicicletta, sotto sforzo massimo o estremo, vale a dire sulle salite, negli attacchi, nelle gare a cronometro, negli inseguimenti su pista o negli sprint lunghi. In progressione (circa 30-35 km all’ora) i soggetti potevano compiere lo sforzo di pedalare normalmente senza dolore.
Otto soggetti sono arrivati allo stadio di “claudicatio” intermittens nel cammino, in media per duecento metri (estremi 50 e 500 metri).
Sette soggetti hanno mostrato un episodio di ischemia arteriosa acuta spontanea: due sono stati operati d’urgenza, gli altri hanno avuto un’evoluzione spontanea verso uno stadio di “claudicatio” intermittens. Quattro soggetti hanno presentato una sintomatologia di sforzo massimo in bici prima dell’insorgere dell’ischemia subacuta. Per gli altri tre, l’espisodio di ischemia subacuta è stato improvviso.
Dieci pazienti avevano fatto terapia in un altro centro prima di consultarci per la persistenza della sintomatologia. Cinque soggetti avevano subito un innesto iliaco-femorale in PTFE. Un soggetto aveva subito una endofibrosectomia associata ad un accorciamento dell’arteria. Un soggetto aveva subìto due trombectomie consecutive a disostruzione con catetere di Fogarty. Un soggetto aveva avuto una angioplastica con patch di PTFE.
Due pazienti avevano subìto un tentativo di angioplastica transluminale (una bilaterale, una unilaterale).
Esame clinico
In tutti i casi, l’esame clinico risultava normale. Non risultavano variazioni significative del trofismo degli arti inferiori. Il controllo del soffio della fossa iliaca era normale e senza variazioni significative, anche quando si modificava con la flessione dell’anca. I diametri della coscia e della gamba variavano aumentando o diminuendo in rapporto all’arto inferiore opposto, ma più spesso erano uguali all’esame comparativo.
Se il quadro clinico sembrava facile da definire, era comunque, a volte, difficile individuare algie muscolari di altre eziologie più frequenti per lo sportivo di alto livello. Risultava indispensabile quindi supportare la diagnosi con esami complementari.
Esame Döppler
Nella condizione basale, salvo i casi di trombosi dell’arteria iliaca esterna, l’esame Döppler risultava normale. La prova dello sforzo con misurazione delle pressioni comparative agli arti inferiori e all’arto superiore è stata sistematicamente fatta su tutti i soggetti col dubbio diagnostico di endofibrosi iliaca esterna.
All’inizio, abbiamo realizzato l’esperimento su bicicletta ergometrica, poi, a partire dal nono soggetto, su home-trainer, col soggetto che lavora su bici da pista, che riproduca così le condizioni di allenamento o di gara. Il soggetto lavorava su un percorso di dieci chilometri che produceva un carico di lavoro progressivo equivalente al passaggio da un piano di 0% fino al 7% di pendenza sull’ultimo chilometro, con la bici a pignone fisso e uno sviluppo di 52x13.
Si chiedeva al soggetto di portare al massimo il dolore, dopodiché la messa rapida in decubito permetteva la misurazione comparativa delle pressioni delle caviglie e di un arto superiore. La misurazione delle pressioni è stata eseguita con tensiometro automatizzato, utilizzando il metodo pletismografico (registrazione delle variazioni di volume di un organo o di una parte del corpo, ndt).
La prova è stata considerata negativa quando il rapporto caviglie-braccio è stato superiore a 0,5, positivo se inferiore a 0,5 e dubbio se uguale a 0,5.
Dieci pazienti non hanno effettuato la prova sforzo in quanto il dossier arteriografico realizzato prima del consulto risultava chiaro.
Ecografia
L’ecografia in “B” mode è stata fatta su 59 soggetti. Un ispessimento di qualche millimetro è stato rilevato sulle sezioni longitudinali dell’arteria iliaca esterna in 30 casi (50,8%). In 14 casi (23,7%) l’ispessimento è risultato discreto. In 15 casi (25,4%) le immagini ecografiche erano normali. Gli ultimi 29 casi hanno fatto un’ecografia a colori che non è risultata più utile dell’ecografia standard in “B” mode.
Arteriografia
L’immagine arteriografica tipica vista su lastre frontali e in obliquo del bacino, con gli arti inferiori in estensione (Tav. 4), risultava essere una stenosi lunga circa da 5 a 6 cm, che iniziava a 1 o 2 cm dall’origine dell’arteria iliaca esterna nel lato patologico.
Abbiamo realizzato su 60 soggetti delle lastre di 3/4 dell’arto inferiore in flessione massimale della coscia sul bacino. Tale incidenza ha permesso di visualizzare una vera plicatura o un’aspetto di “tortuosità” dell’arteria in 38 casi (63,3%). Questa immagine è stata notata come discreta o sospetta in 13 casi (21,6%). Non è apparsa evidente in 9 casi (15%). In 7 soggetti, l’arteria iliaca esterna era trombizzata.
Sei soggetti hanno mostrato una localizzazione inusuale della lesione:
- tre soggetti hanno presentato una localizzazione sull’arteria iliaca comune: uno aveva un’immagine equivalente a quella descritta sull’arteria iliaca esterna; uno aveva una forma localizzata nella parte mediana dell’arteria iliaca comune che si traduceva come una lacuna dovuta ad una lezione ulcerativa; l’ultimo aveva una trombosi dell’arteria iliaca comune.
- tre soggetti hanno presentato una stenosi ostiale del primo centimetro del tronco dell’arteria quadricipitale; uno di loro aveva una lesione singola, gli altri due la associavano a una lesione tipica dell’arteria iliaca esterna e uno dei due aveva una lesione quadricipitale controlaterale asintomatica.
 

Franci

Novellino
3 Giugno 2009
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Altri esami
complementari
Lo scanner e l’IRM sono stati realizzati su alcuni soggetti. La loro assenza di performance in rapporto all’arteriografia e all’ecografia ce li hanno fatti abbandonare.
A partire da gennaio 1987 abbiamo sistematicamente realizzato un’angioscopia. Sessantatre soggetti in sospetto di diagnosi in endofibrosi (escludendo le trombosi) hanno fatto un’angioscopia che ha sempre mostrato la lesione sotto forma di una stenosi localizzata o circonferenziale sui primi 5-6 cm dell’arteria iliaca esterna.
Trattamento
E’ stato intrapreso un trattamento chirurgico su 80 soggetti per trattare 92 lesioni. Un soggetto di 53 anni che presentava una lesione discreta controlaterale dal lato sintomatico ha subito un’angioplastica transluminale con palloncino.
L’intervento chirurgico è stato effettuato tramite incisione nella fossa iliaca dal lato dell’arteria iliaca esterna patologica, leggermente spostata verso l’undicesima costola nelle localizzazioni all’iliaca comune.
La preparazione dell’arto inferiore è stata fatta sistematicamente. Dalla esposizione dell’arteria iliaca esterna, la messa in flessione della coscia sul bacino ha permesso di constatare 84 volte una plicatura o una “tortuosità” accentuata dell’arteria, a testimoniare l’allungamento dell’arteria.
La dissezione circonferenziale della totalità dell’arteria iliaca esterna ha permesso di notare la presenza di un’arteria che nutre lo psoas unica, in 34 casi (36,5%). In 12 casi (12,9%) esistevano due arterie che nascevano a un livello variabile dell’arteria iliaca esterna tra la sua origine e la metà della sua lunghezza. In 45 casi (48,5%) non c’era nessuna arteria dello psoas. In due soggetti (2,1%) gli esiti di interventi operatori precedenti non hanno permesso una valutazione.
La palpazione dell’arteria ha solo eccezionalmente mostrato un ispessimento della parete.
La tecnica operatoria è precisata nella tavola 5. Settantanove interventi hanno comportato un accorciamento dell’arteria iliaca esterna. La lunghezza media della resezione è stata di 2,13 cm (tavola 6).
Anatomopatologia
Macroscopia
La lesione era di estensione e disposizione variabile sulla circonferenza dell’arteria. Dopo il clampaggio e la sezione dell’arteria, la parete appariva soffice e il materiale patologico era molle. L’effetto di retrazione naturale delle tuniche, al momento in cui la pressione intraluminale veniva soppressa dal clampaggio, rendeva difficile la valutazione esatta del grado di stenosi, che variava dal 30 all’80%.
Le tre lesioni delle arterie quadricipitali erano macroscopicamente comparabili a quelle incontrate sull’arteria iliaca esterna.
Istologia
La lesione istologica consisteva in un ispessimento intimale asimmetrico, d’importanza variabile, che raramente interessava più dei due terzi della circonferenza dell’arteria, ben separata dal resto dell’intima che era normale. L’iperplasia intimale era composta di un tessuto connettivo molle che racchiudeva fibre elastiche e un po’ di collagene, così come delle cellule fusiformi o stellate. In microscopia elettronica queste cellule avevano le caratteristiche di cellule muscolari lisce. L’endotelio a fianco della lesione era moderatamente iperplasico. La limitante elastica interna era più spesso normale, ma sdoppiata o frammentata. La media e l’avventizia erano per la maggior parte delle volte normali. Alla fine la media era discretamente fibrosa vicino alla lesione; quando la lesione era vecchia, in soggetti di più di trent’anni, si sono potuti osservare dei piccoli focolai di fibrosi intimale molto densa, ricca di collagene, contenenti alcune cellule chiare o spumose che hanno fatto sospettare un sovraccarico ateromasico iniziale. Questa lesione con sovraccarico ateromasico è stata riscontrata in 26 casi (28%).
Risultati
La durata di ospedalizzazione è stata da 6 a 8 giorni. Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad un controllo angiografico prima di uscire dall’ospedale. Un paziente presentava uno sperone sul limite superiore di una endofibrosectomia di accorciamento. E’ stato rioperato al secondo mese e l’arteria ricostruita con un’angioplastica venosa.
Due soggetti hanno sviluppato un’iperplasia fibro-muscolo-elastica sull’intera zona di endofibrosectomia e hanno presentato una trombosi acuta a sei e a dodici mesi. Avevano 44 e 51 anni. Una fibrinolisi d’urgenza seguita da un’angioplastica transluminale, percutanea, ha permesso la ricanalizzazione dell’asse iliaco esterno. Questi due soggetti sono ritornati asintomatici e hanno fatto un controllo dopo sei mesi e dopo un anno, tramite ecografia, che ha evidenziato l’assenza di evoluzione. Tutti gli altri soggetti hanno ripreso l’attività sportiva e la pratica ciclistica. E’ stato loro chiesto di non riprendere l’allenamento prima di un mese di riposo assoluto, hanno poi fatto 15 giorni di rimuscolazione degli arti inferiori attraverso la pratica di corsa a piedi e/o del nuoto. L’attività ciclistica è stata ripresa solo 45 giorni dopo l’uscita dall’ospedale: la prima settimana con sedute di 20 km, la seconda 40, la terza 60 eccetera, fino ad arrivare al livello precedente di allenamento.
Tutti gli atleti sono ritornati abili e hanno ripreso le gare, e molti hanno migliorato il loro palmarés.
Discussione
L’endofibrosi dell’arteria è stata più frequentemente riscontrata nel ciclista, ma non sembra specifica di questo sport. L’abbiamo riscontrata anche in un soggetto che pratica la marcia (20 km) e in due triatleti. Una prova in bici fa parte di questa disciplina, ma il chilometrggio percorso in bici da questi due soggetti (35 e 40.000 km) è di molto inferiore a quello abitualmente sostenuto dai ciclisti. Sembra che l’associazione di corsa a piedi e nuoto, abbia accelerato lo sviluppo della lesione.
La frequenza di sviluppo della malattia è ancora sottostimata. Noi l’abbiamo trovata soltanto in altri due casi descritti in articoli di Walder e Mosimann. La conoscenza di tale patologia da parte di medici dello sport aumenta regolarmente il numero di casi diagnosticati.
L’apparire della malattia è almeno altrettanto antico della pratica del ciclismo. Nei nostri casi, un anziano professionista che si era ritirato 26 anni prima, è stato operato di una lesione tipica, rimasta allo stadio evolutivo nel quale si trovava al momento in cui la competizione e la pratica ciclistica si erano concluse.
La lesione istologica è specifica e definisce la malattia. Non assomiglia a nessun’altra lesione conosciuta: aterosclerosi, displasia fibrosa, arterite giovanile o infiammatoria. Essa sembra subire una degenerazione ateromasica in quanto, praticamente, tutti i soggetti operati dopo i trent’anni avevano un sovraccarico ateromasico. Tale ateroma sembra secondario. Si tratta di una lesione pre-ateromasica in soggetti che effettuano sforzi massimi o estremi in prove di resistenza. Se questo è il caso, la lesione dovrebbe essere ugualmente riconosciuta in soggetti non sportivi al momento di prelievi d’organo o di autopsia. Da due anni abbiamo sistematicamente prelevato le arterie iliache esterne di una ventina di donatori d’organi: non è stata trovata nessuna lesione identica, se non in un soggetto di 24 anni, ciclista di alto livello, investito da un’automobile durante un allenamento serale, che aveva una lesione iniziale.
La malattia non è limitata all’arteria iliaca esterna, in quanto tre soggetti presentavano una localizzazione all’arteria iliaca comune e altri tre una localizzazion e all’arteria iliaca quadricipitale, di cui due associate a una localizzazione all’arteria iliaca esterna omolaterale, ed una ad una localizzazione quadricipitale isolata controlaterale non operata.
La malattia rivela dei fattori meccanici ed emodinamici (1-6-7). Abbiamo descritto la teoria dello stiramento dell’asse iliaco. Nel momento della pedalata l’arteria iliaca esterna è la sola porzione mobile e quasi rettilinea in estensione dell’anca. In iperflessione, col piede allo zenit nel movimento della pedalata, l’arteria iliaca esterna, in questi soggetti allungata, descrive una curva molto ampia, che può arrivare fino ad una vera piega con interruzione del flusso sanguigno. La presenza di una o di due arterie che nutrono lo psoas (muscolo della parete posteriore dell’addome che, contraendosi, determina la flessione della gamba sul bacino, ndt), collaterali esterne dell’arteria iliaca esterna, è stata riscontrata nella metà dei casi. Essa aggrava questo meccanismo, riducendo la lunghezza della porzione mobile dell’arteria iliaca esterna, che si situa quindi tra l’origine dell’arteria che nutre lo psoas e l’arcata crurale (della gamba, ndt).
Le forze di distrazione e di stiramento che si sviluppano sulla grande arcata dei meandri, nel movimento di iperflessione della pedalata, genera una reazione parietale che crea la lesione. Le analisi macro e microscopiche mostrano lo sviluppo asimmetrico della lesione che è massimale sulla grande arcata del meandro. La natura istologica della lesione che contiene dei miofibroblasti crea una “pseudo-medializzazione” dell’intima che può essere interpretata come un rafforzamento parietale. I fattori meccanici sono accentuati dallo sviluppo del materiale. Le bici hanno le ruote anteriori ribassate e i ciclisti lavorano alla ricerca di una posizione aerodinamica che renda ottimale l’iperflessione dell’anca. In due dei tre soggetti che presentavano una localizzazione dell’arteria iliaca comune, l’origine alta della biforcazione dell’aorta spostava il segmento dell’asse iliaco sull’arteria iliaca comune, e ciò rafforzava l’ipotesi dei fattori meccanici.
I fattori emodinamici giocano ugualmente un ruolo importante nello sviluppo della lesione. La aumentata portata e l’ipertensione arteriosa sono state ritenute da Walder e Mosimann creatrici di turbolenze e stress parietali. La scoperta delle lesioni dell’arteria quadricipitale è a favore di questa teoria. In effetti il muscolo che lavora di più nel movimento della pedalata è il quadricipite e, più in particolare, il muscolo vasto esterno, irrorato dall’arteria quadricipitale.
La diagnosi dell’endofibrosi è, di regola, facile. E’ basata sulla descrizione di segni che rappresentano per noi l’elemento più importante. In un soggetto allenato, una prova di sforzo positiva permette la quasi conferma della diagnosi. Se l’esame è positivo, ma la prova di sforzo è dubbia o negativa, pratichiamo un’arteriografia dopo aver scartato una patologia particolare di origine rachidiana e, in particolare, una sindrome di Maigne.
L’arteriografia deve comprendere sistematicamente delle proiezioni multiple (diritto e obliquo, arto inferiore in estensione ed in iperflessione di anca). La discordanza anatomo-radiologica si spiega con la consistenza molle della lesione che viene compressa nella parete arteriosa in circolo e che dopo clampaggio e apertura permette la riespansione della lesione.
L’angioscopia conferma la diagnosi in tutti i casi. Essa deve essere realizzata per via percutanea quando i segnali clinici sono chiari e gli esami paraclinici non permettono di decidere; in peroperatorio l’angioscopia permette anche di confermare la diagnosi, di precisare l’estensione della lesione e di guidare la realizzazione del gesto terapeutico.
L’indicazione chirurgica deve essere riservata agli sportivi di alto livello che richiedano il recupero totale del loro potenziale fisico. per i ciclisti professionisti la decisione operatoria è semplice. Per gli amatori o i cicloturisti, è necessaria l’informazione dei rischi operatori e la valutazione delle motivazioni dei soggetti a proseguire la loro attività sportiva. La tecnica deve essere sempre chirurgica. L’angioplastica percutanea si realizza costantemente su pareti arteriose soffici che si lasciano dilatare. Tre soggetti della nostra serie avevano subìto questo trattamento in un altro centro senza ottenere risultati. Uno di loro aveva un distacco della placca di endofibrosi che si muoveva nella sezione arteriosa quando è stato operato una settimana dopo l’angioplastica. L’accorciamento dell’arteria è per noi sistematico per eliminare i fattori meccanici. Il nuovo intervento che si è reso necessario nel soggetto che aveva mantenuto uno sperone sul limite dell’endofibrosectomia,ci ha indotto ad abbandonare la tecnica del riallineamento a favore di un controllo del limite superiore dell’endofibrosectomia con ricostruzione in angioplastica venosa.
Conclusione
L’endofibrosi dell’arteria è una lesione che colpisce lo sportivo di alto livello, più frequentemente il ciclista, ma che, verosimilmente, tocca anche gli atleti di sport di resistenza che effettuano movimenti articolari di grande ampiezza. L’arteria iliaca esterna è la più colpita ma la lesione può ugualmente comparire nell’arteria iliaca comune e nell’arteria quadricipitale. Individuata tramite segnali clinici, la diagnosi viene fatta con prova di sforzo su home-trainer con rilevazione degli indici di pressione braccio-caviglia, associata ad ecografia ed arteriografia. L’angioscopia per-operatoria o percutanea è necessaria per confermare la diagnosi e guidare il trattamento. Quest’ultimo non può che essere chirurgico e comporta sistematicamente un accorciamento dell’arteria. La realizzazione dell’intervento non è concepibile se non in ambiente specializzato e deve essere proposto solo a soggetti informati e particolarmente motivati.
traduzione a cura di Silvia Grassi
 

carlito36

Novellino
3 Aprile 2018
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Palermo
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Pinarello GAN RS
Ciao a tutti, anche a me hanno diagnosticato una occlusione dell'arteria iliaca esterna. I medici italiani che ho consultato escludono tuttavia che si tratti dell'endofibrosi scoperta dal dr. Chevalier di Lyon. La mia sensazione è che qui la malattia sia sottostimata. In ogni caso mi hanno indicato la necessità dell'intervento chirurgico. Non è utile per via endovascolare perché il tratto occluso è molto lungo. Qualcuno sa quale sia la tecnica operatoria utilizzata da Chevalier e dai suo seguaci in Francia?
Grazie a chi potrà e vorrà rispondermi
 

trups

Pignone
28 Febbraio 2006
282
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possibilmente lontano dalla razza umana
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graziella chopper e marmitta proma
Ciao a tutti, oggi verrò dimesso dall'ospedale di Reggio Emilia dopo un intervento di disostruzione della iliaca femorale esterna tramite angioplastica. Mi hanno inserito uno stent di 10 cm e l'operazione in se è andata bene. Ora la gamba sinistra sembra nuova e queste sensazioni non le avevo da mesi. Mi piacerebbe sapere le vostre esperienze dopo alcuni tempi dalla ripresa del ciclismo. Il mio timore sarebbe quello di dover iniziare ad "elaborare il lutto ciclistico".. grazie a chi vorrà portare il proprio contributo/esperienza
 
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GRANNY

Pignone
7 Gennaio 2009
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Ciao a tutti, oggi verrò dimesso dall'ospedale di Reggio Emilia dopo un intervento di disostruzione della iliaca femorale esterna tramite angioplastica. Mi hanno inserito uno stent di 10 cm e l'operazione in se è andata bene. Ora la gamba sinistra sembra nuova e queste sensazioni non le avevo da mesi. Mi piacerebbe sapere le vostre esperienze dopo alcuni tempi dalla ripresa del ciclismo. Il mio timore sarebbe quello di dover iniziare ad "elaborare il lutto ciclistico".. grazie a chi vorrà portare il proprio contributo/esperienza

ciao,prima di tutto tanti auguri per una buona ripresa
come ti ho detto, io sono stata operata a Lione a settembre 2010 con ricostruzione del pezzo di arteria ostruita con l'uso della mia safena....intervento molto invasivo lungo e con lenta ripresa ma ad oggi tutto bene: faccio 15000 km l'anno e gf lunghe e dure (sportful,oetztaler....)
 

LIUL

Gregario
2 Gennaio 2017
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bo
ciao,prima di tutto tanti auguri per una buona ripresa
come ti ho detto, io sono stata operata a Lione a settembre 2010 con ricostruzione del pezzo di arteria ostruita con l'uso della mia safena....intervento molto invasivo lungo e con lenta ripresa ma ad oggi tutto bene: faccio 15000 km l'anno e gf lunghe e dure (sportful,oetztaler....)
è lo stesso intervento fatto da Fabio Aru? quanto tempo hai impiegato per riprendere ad allenarti?
 

Triggerpoint

Apprendista Scalatore
8 Gennaio 2017
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2.463
cormons, Italia
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S-works sss
Buon giorno . Vi ho seguito anche perché ultimamente ho qualche problema alla gamba sinistra . I sintomi iniziali ( dolore zona lombare che scende lungo la parte post della gamba e arriva al piede ) mi suggerivano problemi di lombosciatalgia . Il fastidio ora s estende un po’ All inguine e al fianco .
Permane da un bel po di tempo una sensazione di intorpidimento della gamba piede e alluce .
In spinta il power m mi rileva sempre valori non simmetrici , sx dai 44 ai 46 destro 54 56 %.
Non ho dolore intenso , salvo ultimo giro dove avevo fitte a gluteo e inguine .
Percorro pochi km All anno ( ad ora 2019 2900 km ) . grazie mille a tutti coloro che volessero darmi una loro impressione
 

Masao1

Apprendista Velocista
10 Luglio 2018
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Castle of the river
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Specialized tarmac
Buon giorno . Vi ho seguito anche perché ultimamente ho qualche problema alla gamba sinistra . I sintomi iniziali ( dolore zona lombare che scende lungo la parte post della gamba e arriva al piede ) mi suggerivano problemi di lombosciatalgia . Il fastidio ora s estende un po’ All inguine e al fianco .
Permane da un bel po di tempo una sensazione di intorpidimento della gamba piede e alluce .
In spinta il power m mi rileva sempre valori non simmetrici , sx dai 44 ai 46 destro 54 56 %.
Non ho dolore intenso , salvo ultimo giro dove avevo fitte a gluteo e inguine .
Percorro pochi km All anno ( ad ora 2019 2900 km ) . grazie mille a tutti coloro che volessero darmi una loro impressione
io inizierei con una rm rachide lombosacrale, intanto ti togli il dubbio se effettivamente la causa è una discopatia
 

Triggerpoint

Apprendista Scalatore
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io inizierei con una rm rachide lombosacrale, intanto ti togli il dubbio se effettivamente la causa è una discopatia

Già fatta , ernia L 5 s1 .. come moltissimi .. persistendo questa situazione di intorpidimento e spinta un po’ troppo asimmetrica m preoccupano . Farò visita medica ma visto che la patologia in questione è molto operatore sensibile ( informato ).. . Grazie mille
Per la celere risposta


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Masao1

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Già fatta , ernia L 5 s1 .. come moltissimi .. persistendo questa situazione di intorpidimento e spinta un po’ troppo asimmetrica m preoccupano . Farò visita medica ma visto che la patologia in questione è molto operatore sensibile ( informato ).. . Grazie mille
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guarda anche io ho un ernia nello stesso posto, e stamattina sono a casa perché sono abbastanza bloccato. Sennò sicuramente sarei stato a farmi una bella pedalata ... In bocca al lupo!o-o
 

Triggerpoint

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Mal comune mezzo gaudio ... a me preoccup la sensazione di intorpidimento etc . Resto amen . Faccio stretching la sera e nn sarò mai un campione .. ma nn vorrei ne operarmi ne smettere di pedalare


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cecco33

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Mal comune mezzo gaudio ... a me preoccup la sensazione di intorpidimento etc . Resto amen . Faccio stretching la sera e nn sarò mai un campione .. ma nn vorrei ne operarmi ne smettere di pedalare


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Anch'io purtroppo ho il tuo stesso problema alla gamba sx causato da una protusione l4-l5 maggiore a sx. Volevo chiederti se nel frattempo avevi risolto e come