Il MoCiO (aka il motivatore ciclistico operativo): rappresenta l'incarnazione domenicale lucchettiana (volley, generazione di fenomeni, 1994) applicata alle arti pedalistiche. Scena, atto primo: col gruppo decidi di fare il Grappa, arrivi il prossimità della salita e sai che dovrai buttare il cuore oltre l'ostacolo. Le prossime ore saranno dedite alla fatica, sai che ci saranno compagni più arzilli, altri meno, ma siete consci di aver la fortuna di pedalare la storia e che il cronometro non vi farà perdere il Giro, quindi potrete pure godere del paesaggio. Tutti, tranne uno. Il MOCIO. Spesso spronato dal contrappasso (in casa lo ascolta solo il cane, quando ha fame) e orientato dalle 100 regole NASA per
PM, dedica quelle ore a parlare ai compagni di (dis)avventura, motivandoli a scattare, ad aumentare il ritmo, a cambiare marcia, ad alimentarsi, a bere. Il risultato, ovviamente, é tragico. Dai, su, forza, bevi, dai... Al primo tornante, inizia con le sue perizie dedite all'asciugatura degli incauti compagni: quelli più lesti si sono già dati alla fuga. Dai, su, forza, mangia, dai... Al terzo tornante, gli scaltri si sono fermati, dicendo che hanno dimenticato l'antivento e che sarebbero tornati a prenderlo (in realtà, scaleranno la montagna dall'altro versante). Dai, su, forza, manca poco, dai... Al nono tornante, sangue copioso dalle orecchie: hai provato varie tecniche zen, parlato mentalmente con il tuo animale guida e pregato la Madonna del Ghisallo, ma nulla. Il Mocio é sempre lí, imperterrito nei suoi consigli motivazionali, quasi avesse un motore elettrico per corde vocali. Ormai, abbracci la
quinta fase del lutto e decidi di prendere in mano la situazione. Scali un rapporto, sali sui pedali, spingi come se un molosso stesse per azzannarti le caviglie. Z5 a palla, ormai il "dai, su..." é dietro, davanti a te solo il caldo abbraccio dell'infarto. Dolce. Silenzioso...
silenzioso... silenzioso... SVEGLIA! Dai, dai, forza, su... porca paletta, neppure l'autoipnosi non basta!