Ciao a tutti!
Potrei spendere fiumi di bytes a parlare della mia strategia di gara, di come ho “risolto problemi” grandi e piccoli, ovviamente non preventivati, di come ho affrontato il Rombo (che salita fantastica, secondo solo al “mio” Galibier). Vi risparmio tutto ciò, buttando giù qualche emozione, ancora “calda”.
Chiariamoci subito: è stata la mia prima Ötztaler e NON sarà l’ultima, se mi sarà concesso dai casi della vita.
Tuttavia, è improbabile che mi ripresenti già l’anno prossimo. È andato tutto così bene, che ad oggi, semplicemente, è difficile pensare qualcosa di “meglio”. Per inciso, “andata bene” non vuol dire che sia stata facile, tutt’altro, ma non riesco a ricordare nelle mie precedenti (poche) granfondo una combinazione migliore tra organizzazione, percorso, logistica, condizioni di gara, atmosfera prima-durante-dopo e prestazione personale (per quello che conta).
Già... parlando di obiettivi... SE mi fermavo una volta in meno per pause biologiche... SE mangiavo un panino in meno al Brennero... SE andavo in griglia almeno alle 6:15 anziché entrare in scivolata alle 6:35... SE non trovavo traffico all’inizio di Kühtai... SE non mi fossi fermato a Obergurgl perché stavo perdendo cellulare e Gore ONE... sarei qua con la foto di Hannibal Smith con sigaro in bocca sull’avatar, orgoglioso del mio “Unter 10 Stunden” (e sti gran caxxi, direbbero in molti), proclamando:”Adoro i piani ben riusciti”.
Però... c’è un però... senza quel minuto e quarantasette in più, molto probabilmente non avrei incrociato per ben tre volte
@pedalone della bassa... l’ultima delle quali, a sua insaputa, mi ha aiutato a svegliarmi da una cotta post-prandiale all’attacco del Giovo... non avrei riconosciuto
@marco gianoli... e non mi sarebbe capitata la cosa più straordinaria della mia Ötztaler. Sul terz’ultimo rettilineo del Rombo, in dirittura del penultimo tornante, un concorrente davanti a me si è fermato piegato in due dai crampi. Mentre gli sfilavo accanto, mi è venuto spontaneo dirgli la prima cosa che mi è venuta in mente, ovvero di non mollare proprio ora a due curve dal tunnel, di stringere i denti e farsi forza.
Ho ritrovato questo sconosciuto un’ora dopo a Sölden, quando nella ressa mi ha riconosciuto al traguardo e mi è venuto incontro, con mio sommo stupore, per stringermi la mano e ringraziarmi delle mie parole, che l’hanno aiutato a rimettersi in sella e svalicare il Timmelsjoch.
Più ci ripenso e più mi convinco che mi porterò questo fatto nel cuore finché campo, perché riassume il concetto di Condivisione dell’Ötztaler.
Attimi simili e l’incitamento della gente sugli scollinamenti di Kühtai e Brennero, alla rotonda di San Leonardo, sulla Mautstelle, o per le strade di Sölden, danno un senso a fatica, sacrifici a cui sottoponiamo noi stessi e le nostre famiglie, per riuscire, alla fine, non a stampare un tempo due minuti “unter oder über”, ma a conoscere e spostare un po’ più in là i nostri limiti.
Bravi tutti e per quelli che non ce l’hanno fatta a esserci, o a finirla, coraggio... tra meno di un anno ci sarà una nuova chance!
W la Ötzy!
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