Intervista a Michele Acquarone

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Michele Acquarone, ex direttore del Giro d’Italia e di Rcs Sport and media company, come ormai noto da tempo è stato sospeso assieme all’ad Giacomo Catano e al direttore diritti e relazioni esterne Matteo Pastore, ‘in via cautelativa’ il 1° ottobre 2013 per via di alcune transazioni bancarie svolte con associazioni collegate a Rcs Sport, che avrebbero determinato un ammanco di circa 10 milioni nel bilancio della società. A Novembre 2013 trapelano indiscrezioni secondo le quali sarebbe stato aperta un’indagine dalla Procura di Milano su questo presunto ammanco milionario nei conti di Rcs Sport, indagando sull’ipotesi di appropriazione indebita a seguito di due esposti presentati in Procura. A Dicembre il licenziamento formale.

Acquarone ha concesso un’intervista a Bdc-forum in cui cerchiamo di fare il punto su questo caso che, seppur molto mediatizzato, presenta molti lati oscuri, a cominciare dalle responsabilità di Acquarone.

Bdc-forum: In varie interviste lei ha ormai ben definito la sua posizione, ma vista anche la scarsa comunicazione di RCS-Sport, può spiegare meglio in cosa consiste il fatto? I 10 o 13 milioni di euro di ammanco che vengono contestati da chi sarebbero stati sottratti? Come?

Michele Acquarone: Io posso parlare solo di ciò che so. Lei mi fa una domanda a cui proprio non sono in grado di rispondere. Ammanchi? Chi? Come? Io sono all’oscuro di tutto. È compito del magistrato fare luce sull’accaduto. So che c’è un’indagine in corso. Io spero solo che i tempi dell’indagine non siano lunghi e che la verità emerga al più presto. Per colpa di questa vicenda ho perso il lavoro che amavo (e che avevo conquistato con 14 anni di duro e serio lavoro) e soprattutto per colpa del comportamento doloso di RCS ho subito un devastante e probabilmente irreparabile danno di immagine. Solo con la completa emersione della verità, quando risulterà la mia totale estraneità ai fatti io pian piano potrò cercare di ricostruirmi una reputazione che ora ahimè è assai compromessa. Ancora ieri su un sito olandese, a margine di alcune considerazioni sul Giro d’Italia, ho letto: “Acquarone è stato licenziato da RCS Sport, organizzatore del Giro, alla fine dell’anno scorso. L’italiano è sospettato di appropriazione indebita di tredici milioni.” Io non sono sospettato di nulla, nessuno mi hai accusato, ma il processo di diffamazione nei miei confronti è inarrestabile. Come una macchia che lentamente, ma inesorabilmente si allarga. Fino allo scorso settembre ero considerato un manager capace ed illuminato ed ero benvoluto da tutti. Oggi la diffamazione ha coperto e cancellato tutto e tutto questo per me è inaccettabile. Ho promesso alla mia famiglia e a tutti i tifosi che hanno creduto in me che lotterò con tutte le mie forze per cancellare questa macchia. E lo farò.

Bdc-forum: Lei conosce le posizioni di Catano, Pastore e Bertinotti a riguardo? Lucia Bertinotti (responsabile amministrativa) cosa fa attualmente? Erano persone con cui lei collaborava quotidianamente o saltuariamente?

Michele Acquarone: Sono tutti ex-colleghi con i quali lavoravo quotidianamente. Dopo la mia sospensione sono rimasto in contatto con Catano. Degli altri non ho più avuto notizie.

Bdc-forum:  A lei viene contestato un mancato controllo? I suoi rapporti all’interno dell’azienda e con la dirigenza erano buoni o, soprattutto col senno del poi, aveva ravvisato qualche “anomalia”? Anche in vista di fatti recenti concernenti il gruppo, come la vendita degli immobili di via Solferino, gli accordi con i siti di scommesse e l’agitazione dei giornalisti della Gazzetta dello Sport. Che idea si è fatto a riguardo?

Michele Acquarone: Se dico che il gruppo RCS ha attraversato e sta attraversando un periodo complicato, non dico nulla di nuovo. Per il resto posso dirle che RCS Sport negli ultimi anni era diventata una case-history alla quale tutti guardavano con ammirazione. In pochi anni abbiamo ampliato il nostro portafoglio prodotti e sviluppato i servizi offerti al mercato diventando un’eccellenza nello sport business.

Abbiamo sempre lavorato con professionalità, entusiasmo e con la massima trasparenza. I rapporti col top management del gruppo erano ottimi e tutto (obiettivi, strategie, azioni) veniva deciso nella totale condivisione. Ho lavorato tanto e bene, su questo non ho dubbi.

Alla luce di ciò non riesco ancora a capacitarmi di quanto successo nell’ultimo quadrimestre del 2013 e visto che RCS non fornisce alcuna spiegazione in proposito, spero che sia la magistratura a farlo.

Bdc-forum: La motivazione ufficiale della sua sospensione prima, e del suo licenziamento quindi, non è il mancato controllo? Nel caso fosse provato che c’è un ammanco come valuterebbe la sua posizione? Rientrava tra le sue responsabilità il controllo in merito?

Michele Acquarone: Come ho già detto in conferenza stampa, nella lettera di contestazione (quella che ha preceduto il licenziamento) mi viene contestato il mancato controllo, ma quando nella mia replica ho richiesto che mi venisse spiegato come, all’interno dello svolgimento delle mie funzioni, io avrei potuto impedire che certe presunte irregolarità si manifestassero, mi è stato risposto che la mia richiesta era pretestuosa.

Si ricordi che stiamo parlando di RCS Sport che è una società controllata al 100% da RCS MediaGroup che è una società quotata in borsa che ha molteplici livelli di controllo. Io ho lavorato nel gruppo per 14 anni, negli ultimi 10 ho gestito aree di business multimilionarie e  ho sempre controllato tutto ciò che dovevo controllare con la diligenza del buon padre di famiglia.

Tutto è stato così repentino. La sospensione e le dichiarazioni allusive,  la conseguente diffamazione, la fantomatica indagine interna a cui non ho potuto partecipare e di cui non si è più saputo mai nulla, la totale mancanza di un confronto e di spiegazioni, il licenziamento ingiurioso… A me suona tutto molto strano…

Bdc-forum: Lei non ha almeno un’idea di come possano essere andate le cose?

Michele Acquarone: Idee ne ho molte ma sono autorizzato a parlarne solo con chi sta conducendo le indagini.

Bdc-forum: Lei ha mantenuto e mantiene i contatti con il mondo del ciclismo attraverso i social network. Quali sono i feedbacks che ha ricevuto dalle persone dell’ambiente (DS squadre, dirigenti delle altre organizzazioni, etc.) in merito alla sua vicenda?

Michele Acquarone: I social media sono stati la mia ancora di salvezza. Tenga presente che io da un giorno all’altro sono rimasto completamente isolato. Io ho sempre avuto un solo cellulare (quello aziendale) e un solo indirizzo email ([email protected]) e nel momento in cui sono stato sospeso mi sono stati tolti entrambi. Non era facile comunicare. Ho dovuto comprarmi un cellulare con un nuovo numero che nessuno conosceva e poi ho creato su gmail un account, che immaginavo temporaneo e che nessuno conosceva. Nel frattempo ho dovuto andare sulle pagine gialle per trovarmi un avvocato… Di colpo mi ritrovavo ad avere la mia azienda (per la quale avevo sempre lavorato col massimo impegno) contro di me. Ed ero totalmente isolato. E intanto vedevo che venivo cancellato. Alla presentazione del Giro di ottobre nessuno mi ha mai nominato, a novembre Gazzetta cominciava a presentare Mauro Vegni come direttore del Giro, poi è stato cancellato il mio nome dalla pagina di Wikipedia dedicata al Giro (solo quella in lingua italiana, casualmente).

Prima di licenziarmi, mi avevano già seppellito… Nell’indifferenza generale dei media… È stato piuttosto frustrante come potrà ben immaginare.

Per fortuna i social media mi hanno permesso di comunicare. L’affetto ricevuto dai tifosi del Giro e da tutti gli addetti ai lavori (oltre evidentemente all’addetto ricevuto dalla mia famiglia) è stata la cosa che mi ha tenuto a galla. Oggi ho ricevuto questo messaggio: “Michele: Thanks … yes, sounds like disaster there! Everyone is ‘missing you’ in the mix – un abrazo, A“.

So di aver lavorato bene, ho la coscienza pulita e posso tranquillamente guardarmi allo specchio senza vergogna… Altri non credo che possano fare altrettanto…

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Bdc-forum: Un’ultima domanda: Rcs ha lanciato un (una specie di) sondaggio online per chiedere agli appassionati quali squadre meritassero le wild-card per il Giro. Il meccanismo di scelta però sembra piuttosto opaco, aldilà della motivazione ufficiale di supporto al movimento italiano. Ci può dare la sua opinione a riguardo? Lei avrebbe invitato la Yellow-fluo?

Michele Acquarone: Innanzitutto devo fare una premessa. Io non ho mai selezionato le Wild Card delle nostre corse.

Le Wild Card sono sempre state scelte da una commissione di 5 persone (interne ad RCS) con paritario potere di voto. Per quello che mi riguarda lo continuo a ritenere il miglior sistema per evitare che una singola persona possa subire e cedere a particolari pressioni (anche di natura economica). Il processo di selezione che ho inventato era molto trasparente, nessun segreto e tutto veniva fatto alla luce del sole e la commissione ha sempre deliberato con grande serenità per il bene del Giro.

A novembre ogni squadra si candida presentando un dossier di candidatura dal titolo “perché il Giro deve scegliere me e non le altre?”, a dicembre la commissione ha tempo per studiare e valutare tutti i dossier, ai primi di gennaio si vota: gara per gara partendo dal Giro, ogni membro della commissione ha diritto a tre voti, le squadre che prendono più voti si aggiudicano l’invito. La votazione viene fatta ai primi di gennaio per dare la possibilità ad ogni squadra (anche e soprattutto quelle escluse) di organizzare al meglio la propria stagione.

Per quel che riguardava il 2014, fossi rimasto in RCS e fossi stato chiamato a dare le mie 3 preferenze per le Wild Card del Giro sarei stato come sempre in difficoltà. Anche quest’anno c’erano tante squadre molto competitive e soli tre posti. Molte di esse sono squadre forti con tanti tifosi al seguito: Colombia, Sud Africa, Stati Uniti, Spagna, Germania, Svizzera, senza dimenticare le italiane che al Giro si sentono a casa e sentono di doverlo correre di diritto.

Avrei letto con attenzione i dossier presentati da ogni squadra e avrei cercato di capire quali fossero le motivazioni dietro ogni candidatura.

Io ho sempre cercato di privilegiare il “commitment” e “l’audience potenziale”. L’audience per accontentare il più grande numero possibile di tifosi (indipendentemente dalla loro nazionalità) e il commitment perché al Giro è giusto che partecipino solo squadre che lo vogliono veramente.

Entrando nello specifico, io non credo proprio che avrei dato il mio voto alla YellowFluo. La ferita dell’anno scorso è ancora aperta e (almeno) un anno di purgatorio credo che avrebbe fatto bene a tutti.

Inoltre teniamo presente che così è rimasta fuori una squadra come l’MTN (che con tutta probabilità sarebbe stata la mia prima scelta). Per il progetto che hanno alle spalle, la mission, il valore sportivo (nel 2013 hanno vinto la Sanremo) e il supporto di un intero continente, lasciare la MTN fuori dal Giro a mio avviso è pura follia.

Non so chi abbia fatto le scelte, ma chi le ha fatte a mio avviso non ha fatto il bene del Giro. Se coinvolgi i tifosi e poi non li ascolti ottieni un effetto boomerang. Invece di creare engagement perdi di credibilità e la rete non perdona.

Aggiungo, per quel che riguarda gli inviti alle italiane, che invitare tutte le squadre italiane svaluta il premio assegnato alla squadra vincitrice della coppa Italia.

Quando abbiamo chiuso l’accordo con la Federciclismo l’abbiamo fatto per aiutare la coppa Italia (organizzatori e squadre) ad accrescere il proprio prestigio e la propria rilevanza. Nel calcio la squadra che vince il campionato di Serie A, l’anno dopo si gioca la Champions League. Nel ciclismo la squadra che vince la Coppa Italia, l’anno dopo correrà il Giro. Meccanismo semplice e facile da capire che premia, solo per meriti sportivi, la squadra più forte senza alcuna arbitrarietà.

In questo modo ogni squadra italiana è motivata a correre tutte le corse della coppa Italia con i corridori più forti e guadagnarsi l’accesso al Giro. Meccanismo virtuoso per far crescere di interesse il ciclismo italiano di seconda fascia (corse, squadre e corridori).

Ma se poi il Giro garantisce gli inviti a tutte le italiane (e non solo alla vincitrice della coppa Italia) allora la coppa Italia perde interesse, le corse di seconda fascia perdono di interesse. Con questa visione miope alla lunga tutti perdono e nessuno guadagna (Giro compreso che pian piano rischia di tornare ad essere la corsa italiana per gli italiani).

Ciò detto, come lei probabilmente sa, io sono talmente critico sull’attuale regolamento del World Tour che il problema delle Wild Card è solo un piccolo problema all’interno di un sistema che gl’è tutto sbagliato, gl’è tutto da rifare!

Bdc-forum: In che senso il regolamento WT è sbagliato e dove “il sistema” sia tutto da rifare? E’ così difficile farlo dall’interno?

Michele Acquarone: Mi limiterò a dire che oggi il World Tour è un accozzaglia di eventi senza un capo e una coda. Il ciclismo ha potenzialità enormi di crescita ma non cresce perché il modello/calendario/regolamento attuale non è in grado di coinvolgere ed attrarre nuovi tifosi.

Oggi tutto ruota intorno al Tour de France. Ma tre settimane all’anno (di cui una solitamente è piuttosto noiosa) non sono sufficienti.

Se il ciclismo vuole attrarre nuovi tifosi (parlo di milioni di potenziali tifosi nel mondo), il ciclismo si deve reinventare e fare in modo che tutti i migliori atleti corrano le gare più importanti, in cui ci sia una storia da raccontare durante la stagione. Un ciclismo che permetta a tutti i top atleti di confrontarsi ripetutamente durante la stagione e in cui gli allenamenti si fanno lontano dalle telecamere e non in gara. Un ciclismo in cui le corse femminili hanno la stessa visibilità di quelle maschili. Un ciclismo in cui non ci sia arbitrarietà e il diritto di partecipare al World Tour si conquisti vincendo e non comprando punti a fine stagione o portando soldi e sponsor alla federazione. Un ciclismo in cui le squadre rispondano delle scelleratezze degli atleti che hanno sotto contratto.

È difficile farlo dall’interno perché oggi ognuno pensa al proprio piccolo orticello e non al bene comune. La situazione è bloccata perché fino ad oggi è mancato un potere forte, super-partes in grado di guidare il movimento.  Finche, chi tiene le redini del comando è ASO,che in questa situazione sta bene, continua a crescere e non è disposta a mettere in gioco la propria leadership, nulla cambierà… a meno che ASO non riesca a raggiungere il monopolio sull’organizzazione/gestione dei diritti del ciclismo ed allora…

 

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