Entrambi abbiamo fatto delle scelte. Tu per principio, hai scelto di non correre per una squadra organizzata.
Io, della squadra, invece ne ho bisogno. Mi serve per poter correre in bicicletta, mi serve per poter vivere il ciclismo come piace a me. Mi serve perché la squadra mi da sempre degli stimoli, perché mi aiuta. Senza sarei a piedi, sarei allo sbando.
Difendo la tua scelta, ma sono orgoglioso della mia.
Nella mia squadra, come in altre squadre di vertice, come però a tutti i livelli di pratica del ciclismo cè del doping, lo sappiamo entrambi.
Però non sopporto le accuse rivolte direttamente alle squadre. E qui andiamo nel personale perché mia mamma è proprio un direttore sportivo di queste squadre.
Però non sopporto chi attacca indiscriminatamente, chi accusa senza prove, chi offende perché tutelato da un nickname.
Quando la mattina su SportPro, come tutti noi ciclisti, leggo i nomi degli indagati. Sono il primo a rimanerci male, ma uno degli ultimi a godere.
E questo che non mi va.