...epopea focus...!!!

gattonero

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.... a fine 2005 è entrato in vigore il c.d. codice del consumo (d.lgs. 206/2005).
....
Il rivenditore può infatti avvalersi della tutela di cui all'art. 131 che gli riconosce il diritto di regresso nei confronti del distributore / produttore: "il venditore finale, quando (chi stabilisce "quando"?) e' responsabile nei confronti del consumatore a causa di un difetto di conformita' imputabile ad un'azione o ad un'omissione del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di qualsiasi altro intermediario, ha diritto di regresso, salvo patto contrario o rinuncia (per "patto di rinuncia" cosa si intende, e sopratutto é messo per iscritto nel contratto, o nella fattura, o nelle condizioni di vendita del grossista?), nei confronti del soggetto o dei soggetti responsabili facenti parte della suddetta catena distributiva".

Se il rivenditore vuole tenersi buono sia il produttore che il cliente, e rimetterci, è una sua scelta. Del resto la legge gli riconosce il diritto di rinuncia. Di certo il consumatore non deve pagare nulla. La soluzione ideale è che il venditore si accordi col produttore PRIMA di effettuare qualsiasi spesa, per evitare discussioni future (andare a mezzo avvocati è una disgrazia, ve lo dico da abilitato all'esercizio della professione forense).

Ciò non toglie che in prima battuta il venditore paga tutto (materiali, spedizione, trasporto, spese per la perizia se necessaria, manodopera ecc) e, se vuole, può rivalersi in un secondo momento sul produttore. si, ottima idea per incentivare le piccole imprese: oltre alla crisi, facciamogli pure metter i soldi in anticipo...

In rosso e corsivo il mio commento.

Che beninteso, non vuole essere di parte né contro il cliente. D'altronde chi legge i miei interventi, sa bene quale sia la mia posizione su questo punto.
Peró non facciamone una presa per i fondelli, che l'ultimo anello della catena prima del consumatore, debba diventare il capro espiatorio.
E questo a me sa tanto di disorganizzazione a monte di tutto.
Nella fattispecie, a mandare una foto, controllare e rispondere ci vogliono meno di 12 ore, un tempo decisamente ragionevole in cui ogni cliente di beni ciclistici puó aspettare. A meno, ovviamente, di gare o manifestazioni importanti, in cui un buon rivenditore puó prestare un bene sostitutivo a titolo di cortesia.
Se poi il bene debba viaggiare per ssere periziato, il trasporto non é un costo esagerato né lo diviene la manodopera, ma sia chiaro che la legge deve tutelare il rivenditore che al momento sta parando il quletto al produttore... e se il primo (il rivenditore) si puó ritrovare ad aver subito delle spese e/o perdite di profitto, allora diventa una situazione tipo "oltre al danno ci aggiungiamo la beffa"?

In questo caso specifico, dovrebbe essre molto chiaro, un telaio arriva +- in qualsiasi parte del mondo in meno di 4gg, se lo si vuole fare arrivare.
Da lí, una azienda che sia ben organizzata, impiega per periziare, dare un verdetto, comunicare al venditore/cliente, preparare il telaio sostitutivo, imballare e spedire; non piú di una giornata lavorativa nella maggior parte dei casi. Si arriva ad un massimo di 12gg includendo i festivi.
Se i patti sono chiari, ed un telaio sostitutivo lo si ha in negozio, la cosa si fa nel giro di 48 ore; altrimenti si aspetta che arrivi il nuovo telaio.

Ma ripeto, l'importante é che vi sia comunicazione costante di ció che accade
 

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Gattonero, provo per prima cosa a rispondere ai commenti in rosso / corsivo

Premesso che non ho letto sentenze o commenti giurisprudenziali in merito (mi riesce difficile da quaggiu'! E mi ci vorrebbero ore ed ore), la mia interpretazione e' che:

QUANDO: qui la cosa secondo me e' abbastanza chiara. Difetto di garanzia - venditore responsabile - venditore si puo' rifare sul produttore.

PATTO DI RINUNCIA: non mi pare che la legge preveda forme particolari, dunque le parti sceglieranno loro che forma dare agli accordi tra loro intercorsi. La forma scritta e' richiesta solo per pochissimi tipi di contratti o clausole. Venditore e produttore / distributore possono accordarsi per iscritto con un contratto di fornitura, ed inserire una clausola che dica che il venditore rinuncia a priori al diritto di rifarsi sul produttore per le spese di cui all'art. 131 del codice di consumo. La forma scritta e' obbligatoria, in questo caso, e il venditore dovrebbe firmare espressamente la clausola di rinuncia (oltre al contratto in generale) perche' una clausola del genere gli impedisce di accedere, in futuro, ad una tutela che la legge gli riconosce. L'esistenza di questa clausola chiude qualsiasi discussione a priori (ed io se fossi un venditore non la accetterei MAI - piuttosto non vendo quel marchio). Se non ci sono accordi specifici, il diritto del venditore di rivalersi sul produttore e' sempre in essere, ma il venditore puo' decidere di non chiedere nulla al distributore (son fatti suoi - come puo' scegliere di regalare le bici), cosi' come il distributore puo' offrirsi subito di pagare le spese al venditore, senza aspettare che questo ne chieda il rimborso.

INCENTIVI ALLE PICCOLE IMPRESE: questa non e' una questione di diritto, ma di politica del diritto. Questa e' la legge, giusta o sbagliata che sia ... dura lex sed lex dicevano i latini. Il punto e' che il codice del consumo (in applicazione delle norme europee) tutela il consumatore come soggetto piu' debole dell'ecosistema. L'alternativa e' dire alla previsione degli articuli di cui si discute e' imporre al consumatore di andare a discutere direttamente col produttore. Ma sarebbe equo, un sistema del genere? Secondo me no. Il venditore e' in una posizione sempre migliore del consumatore, quando si tratta di discutere con il produttore: competenze tecniche, contatti, familiarita' con le procedure ecc.. Il venditore ha comunque una bella tutela a propria disposizione (sempre che non scelga di rinunciarvi): il problema, e su questo son d'accordo con te, e' che il venditore deve cacciare i soldi in prima battuta e chissa' quando e se li rivede - e con quante difficolta'. Putroppo credo che si sia scelto il male minore, vedendo le cose dal punto di vista dello "scopo" del codice del consumo, che e' quello della tutela del consumatore.

In rosso e corsivo il mio commento.

Che beninteso, non vuole essere di parte né contro il cliente. D'altronde chi legge i miei interventi, sa bene quale sia la mia posizione su questo punto.
Peró non facciamone una presa per i fondelli, che l'ultimo anello della catena prima del consumatore, debba diventare il capro espiatorio.
E questo a me sa tanto di disorganizzazione a monte di tutto.
Nella fattispecie, a mandare una foto, controllare e rispondere ci vogliono meno di 12 ore, un tempo decisamente ragionevole in cui ogni cliente di beni ciclistici puó aspettare. A meno, ovviamente, di gare o manifestazioni importanti, in cui un buon rivenditore puó prestare un bene sostitutivo a titolo di cortesia.
Se poi il bene debba viaggiare per ssere periziato, il trasporto non é un costo esagerato né lo diviene la manodopera, ma sia chiaro che la legge deve tutelare il rivenditore che al momento sta parando il quletto al produttore... e se il primo (il rivenditore) si puó ritrovare ad aver subito delle spese e/o perdite di profitto, allora diventa una situazione tipo "oltre al danno ci aggiungiamo la beffa"?

In questo caso specifico, dovrebbe essre molto chiaro, un telaio arriva +- in qualsiasi parte del mondo in meno di 4gg, se lo si vuole fare arrivare.
Da lí, una azienda che sia ben organizzata, impiega per periziare, dare un verdetto, comunicare al venditore/cliente, preparare il telaio sostitutivo, imballare e spedire; non piú di una giornata lavorativa nella maggior parte dei casi. Si arriva ad un massimo di 12gg includendo i festivi.
Se i patti sono chiari, ed un telaio sostitutivo lo si ha in negozio, la cosa si fa nel giro di 48 ore; altrimenti si aspetta che arrivi il nuovo telaio.

Ma ripeto, l'importante é che vi sia comunicazione costante di ció che accade

Sul fatto che una comunicazione costante sia necessaria, anzi imperativa, e che con essa si evitino la maggior parte delle discussioni, siamo assolutamente d'accordo. E' lo scenario ideale, dove ognuno fa il suo e si evitano spese ulteriori, avvocati, mal di pancia, ecc ...
 

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...

QUANDO: qui la cosa secondo me e' abbastanza chiara. Difetto di garanzia - venditore responsabile - venditore si puo' rifare sul produttore.
Non siamo bambini, siamo professionisti e ci assumiamo le nostre reponsabilità umane e legali.
Ma "quanto" é giusto che un rivenditore sia automaticamente responsabile di un vizio di fabbrica del produttore?
Il produttore/distributore é davvero obbligato a capire (in maniera automatica?) la grande importanza dell'obbligo che -a quanto pare- ha il venditore di metter la propria faccia per coprire le magagne generate a monte?
Non potrebbe questo "obbligo" essere una fonte di risarcimento, oltre al mancato profitto e/o anticipo di parti e/o manodopera?


PATTO DI RINUNCIA: non mi pare che la legge preveda forme particolari, dunque le parti sceglieranno loro che forma dare agli accordi tra loro intercorsi. La forma scritta e' richiesta solo per pochissimi tipi di contratti o clausole. Venditore e produttore / distributore possono accordarsi per iscritto con un contratto di fornitura, ed inserire una clausola che dica che il venditore rinuncia a priori al diritto di rifarsi sul produttore per le spese di cui all'art. 131 del codice di consumo. La forma scritta e' obbligatoria, in questo caso, e il venditore dovrebbe firmare espressamente la clausola di rinuncia (oltre al contratto in generale) perche' una clausola del genere gli impedisce di accedere, in futuro, ad una tutela che la legge gli riconosce. L'esistenza di questa clausola chiude qualsiasi discussione a priori (ed io se fossi un venditore non la accetterei MAI - piuttosto non vendo quel marchio). Se non ci sono accordi specifici, il diritto del venditore di rivalersi sul produttore e' sempre in essere, ma il venditore puo' decidere di non chiedere nulla al distributore (son fatti suoi - come puo' scegliere di regalare le bici), cosi' come il distributore puo' offrirsi subito di pagare le spese al venditore, senza aspettare che questo ne chieda il rimborso.
In pratica, il venditore ha solo da perdere: gli é possibile una rinuncia per legge, ma a quanto pare non esiste una legge che obblighi il produttore a metter in chiaro tempi e costi e rimborsi congrui per il venditore.
Qualora questi sia "obbligato" o si presti (piú o meno "spontaneamente", quí la cosa diventa difficile) a risolvere il problema, si torna al punto di prima, che il produttore é tutelato ma il rivenditore no.


INCENTIVI ALLE PICCOLE IMPRESE: questa non e' una questione di diritto, ma di politica del diritto. Questa e' la legge, giusta o sbagliata che sia ... dura lex sed lex dicevano i latini. Il punto e' che il codice del consumo (in applicazione delle norme europee) tutela il consumatore come soggetto piu' debole dell'ecosistema. L'alternativa e' dire alla previsione degli articuli di cui si discute e' imporre al consumatore di andare a discutere direttamente col produttore. Ma sarebbe equo, un sistema del genere? Secondo me no.
Si, siamo assolutamente daccordo circa l'utente finale.
D'altronde, l'impazzare delle vendite on-line che eliminano il soggetto intermedio (distributore finale e rivenditore) ha fatto leva proprio sulla carenza di professionalità di questi ultimi.
Ma la legge non dovrebbe essre uguale per tutti? Perché a monte ed a valle ci sono cose certe, e per "chi sta nel mezzo" della filiera ci sono solo doveri e non diritti?


Il venditore e' in una posizione sempre migliore del consumatore, quando si tratta di discutere con il produttore: competenze tecniche, contatti, familiarita' con le procedure ecc..
Verissimo, vedi sopra. su questo siamo daccordo o-o


Il venditore ha comunque una bella tutela a propria disposizione (sempre che non scelga di rinunciarvi): il problema, e su questo son d'accordo con te, e' che il venditore deve cacciare i soldi in prima battuta e chissa' quando e se li rivede - e con quante difficolta'.
Quale sarebbe questa tutela? A me sfugge.
A meno che non vi siano cause implicite. Ripeto, da quel che vedo in UK, non sono pochi (anzi, la gran parte) i produttori/distributori che mettono nero su bianco le condizioni di vendita, ed alle quali bisogna attenersi.
Ad esempio, un noto marchio di costosi telai in carbonio, non riconosce il pagamento di manodopera quando (che succede spesso) uno dei loro telai si cricca e ne mandano uno indietro a gratis. Ok, grazie per il telaio in meno di una settimana, ma il costo del lavoro chi lo ripaga? Il cliente ha speso 2.000 sterline per quel telaio, moralmente non posso chiedergli nulla (anche se magari gli ho pulito e revisionato le parti, a titolo di favore). Quelle 100-120 sterline che avrei fatto nel tempo di riassemblare la bici, chi me le paga?
Anche se ho firmato le condizioni di vendita, sembra corretto un comportamento del genere da parte del distributore?


Putroppo credo che si sia scelto il male minore, vedendo le cose dal punto di vista dello "scopo" del codice del consumo, che e' quello della tutela del consumatore.
...
"Globalizzazione"?
Poi lamentiamoci che il negozio sotto casa ha chiuso, e non ci sono negozi e meccanici competenti in zona.
Come si fa a lavorare da piccoli imprenditori, quando la legge permette di fare i porci (e tanti soldi) comodi in Cina, mentre il negoziante sotto casa ha solo doveri e pochissimi diritti?
 

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Di tutta questa vicenda mi piacerebbe capire l'inizio,la base...Come puo' venire in mente a una persona di comprare una bicicletta Focus...?:mrgreen:

Noi si disquisiva di politica degli importatori e diritti dei consumatori.

Se vuoi la mia opinione, da quel che vedo dalla foto, a me sembra solo una scheggiatura della vernice! Che il telaio sia davvero criccato é ancora da provare, ci penserei due volte prima di dare colpe a Focus o pensare che "non sono buone biciclette".
(n.b., io non vendo prodotti Focus)