Si deve guardare alla pittura intera, non solo al dettaglio nell'angolo di nicchia.
Il fatturato di decathlon (2017) è stato 12.8 miliardi di dollari. Dodici punto otto, quando Canyon non raggiungeva i 200 milioni (180M, 2017).
Possiamo star qui a criticare nomi, colori o posizioni: ma è evidente che la loro strategia sia vincente. Così come è chiaro che, per loro, far bici di alto livello sia un esercizio di stile, più che una direttrice di guadagno.
L'utilizzo del nome BTWIN, associato da sempre alla bassa gamma, anzi, è funzionale a fomentare il loro cliente target, che è quello che spende meno di 1.0k euro e non è particolarmente passionale o ciclisticamente istruito: compra una triban e pensa che sia la sorella minore della ultra, perché sono della stessa "marca".
Di fatto, a loro interessa vendere le bici di basso costo, quelle usa e getta per bambini, al limite le entry level: è lì che realizzano il grosso dei guadagni.
Se avessero avuto intenzione di creare un benchmark, avrebbero lanciato da tempo uno spin-off di brand per posizionarsi nella fascia alta (come fatto da nissan con infinity, o da toyota con lexus, per intenderci), con negozi fisici separati e appeal ad hoc, altro che grande magazzino da passeggio domenicale.
Che producano pure bici (sulla carta) di livello, con componenti di valore, è un dato di fatto: le bici scontano, appunto, l'appeal (basso) della marca e il fatto che, quando il Sig. Deca va da
Shimano e fa l'ordine, la pecunia in gioco sarà tale da ottenere sconti inimmaginabili per gli altri player di mercato.
Va da se', che nella pittura, l'importanza che decathlon dà al mercato ciclistico italiano di alto livello è pari a quella che
pinarello, bianchi & friends danno all'equivalente brasiliano...