L'acciaio è (era) eroico, ma lo sarà ancora?

walterlugs

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Mah, in realtà penso che in quei posti ci sia gente molto competente ed appassionata che le cose è capace di cercarle. E di distinguere un trend-setter da un fanboy.
Un artigiano come Marnati che non ha nemmeno un sito internet ed un registratore di cassa ha clienti che lo vengono a visitare dagli Usa...

In Italia i marchi si vendono prevalentemente su base regionale. In provincia di Treviso se giri con una Colnago sembri un alieno, idem in Brianza con qualcosa che non sia De Rosa-Colnago. Casati le vedi a Monza e dintorni e basta, etc..

A me non sembra che sia così negli altri paesi. Uno compra quello che reputa bello o di qualità senza affidarsi solo all'artigiano sotto casa, e soprattutto se si ha un'eccellenza in casa la ambiscono...come potrebbe essere un Pegoretti...sulle cui fortune italiane (e su questo forum in particolare) credo sia meglio sorvolare alla grande.

Ma d'altronde in Italia qual'è la massima eccellenza e ambasciata del genio, eleganza e stile italico? La Ferrari. Se se la compra lo sceicco. Se la compra l'italiano è un coglionazzo burino...

Boh


Riguardo la Ferrari...io non ho questa percezione di acquirente Ferrari = burino....può darsi che il mio "osservatorio" sia diverso del tuo....vivo in una grande città e di auto giocoforza ne girano molte, ma quando gira una "rossa" non ho mai visto il guidatore essere additato come burino (e qui ne avrebbero ben ragione...stamo a Roma...:)
 

Ser pecora

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Riguardo la Ferrari...io non ho questa percezione di acquirente Ferrari = burino....può darsi che il mio "osservatorio" sia diverso del tuo....vivo in una grande città e di auto giocoforza ne girano molte, ma quando gira una "rossa" non ho mai visto il guidatore essere additato come burino (e qui ne avrebbero ben ragione...stamo a Roma...:)

Potresti discuterne con la tua compaesana gigliola. Ne verrebbe fuori al solita discussione interessante.
 

Mardot

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Proprio in ragioneria si studia che ci sono due bilanci in azienda, quello fiscale e quello secondo i corretti principi contabili.


Non è che sia propriamente così. Forse intendevi dire che il bilancio di esercizio, determinato con l'applicazione dei (perchè specifichi corretti? ne esistono di sbagliati....dovrò dirlo all'OIC...:mrgreen:) principi contabili, determina un risultato (detto risultato prima delle imposte) al quale, per determinare l'imponibile fiscale (leggasi calcolare le tasse), e quindi le imposte dell'esercizio nonchè la cosiddetta "fiscalità differita" (imposte differite e anticipate), vengono apportate delle variazioni fiscali (in aumento o in diminuzione) questa volta applicando il Diritto Tributario, quindi non più solo norme civilistiche ma anche fiscali.

o-o
Mi fai andare OT, benché non vorrei, ma essendo ragioniere (60/60) oltre che ingegnere (110/110) ti spiego cosa sono. :mrgreen:
Per il resto, conosco abbastanza (bene) come funziona l'interfaccia business/amministrazione (contabile e fiscale), ti ringrazio.o-o

I "corretti principi contabili" (anno 1975)
Fino a metà degli anni '70, in Italia non esistevano principi contabili nazionali a differenza di altri Paesi, in particolare quelli di tradizione anglosassone, che da tempo disponevano di un collaudato impianto di principi di emanazione professionale e di generale accettazione (General accepted accounting principles, Gaap).

A seguito dell'emanazione del Dpr 136/1975, sul controllo contabile e la certificazione dei bilanci delle società per azioni quotate in borsa, essi, prima di concretizzarsi in forma scritta nel panorama contabile italiano, acquisirono un'investitura di rango legislativo, in quanto l'articolo 4, comma 2, del decreto statuì che "la società di revisione … se i fatti di gestione sono esattamente rilevati nelle scritture predette, secondo corretti principi contabili, ne rilascia certificazione con apposita relazione".
Il loro espresso richiamo in una norma primaria, in difetto di una esistenza in forma scritta, unito alla previsione contenuta nel successivo articolo 10, comma 2, lettera c), secondo cui la Consob "può raccomandare l'adozione di principi e criteri per il controllo contabile delle società e per la certificazione dei bilanci, richiedendo preventivamente il parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti (Cndc) e del Consiglio nazionale dei ragionieri (Cnr)", comportò che, nel settembre dello stesso anno (1975), il Cndc emanò il primo principio contabile nazionale dedicato al "Bilancio d'esercizio - finalità e postulati".

Dal settembre 1975 fino al 1991, anno di adozione della IV e della VII direttiva Cee, vennero emanati complessivamente 10 principi contabili nazionali, alla cui redazione partecipò non solo il Cndc ma, a partire dal documento n. 8 (settembre 1983), anche il Cnr.

La Consob, a cui era stato assegnato il potere di raccomandare l'adozione di principi e criteri per il controllo contabile, previa richiesta di un preventivo parere al Cndc e al Cnr, si pronunciò in merito con la delibera n. 1079 dell'8 aprile 1982. In tale atto furono chiariti i ruoli dei principi contabili, nel frattempo emanati dal Cndc, nel senso che la normativa era punto di riferimento non superabile, ma se del caso solo da integrare e interpretare a opera degli standard nazionali e, per le problematiche da essi non affrontate, da quelli internazionali emanati dallo Iasc (International accounting standard committee). Per questo motivo, dal 1982 (documento n. 2-bis di revisione del n. 2), tutti i principi contabili nazionali furono oggetto anche di un esplicito raffronto con i principi enunciati dallo Iasc. Ogni principio contabile nazionale, insomma, fu integrato da una sezione, tipicamente posta alla fine del documento, in cui si dava atto dell'aderenza con gli standard internazionali e si indicavano gli eventuali "scollamenti" con specifico richiamo dello Ias coinvolto.
 

mika

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I "corretti principi contabili" (anno 1975)
Fino a metà degli anni '70, in Italia non esistevano principi contabili nazionali a differenza di altri Paesi, in particolare quelli di tradizione anglosassone, che da tempo disponevano di un collaudato impianto di principi di emanazione professionale e di generale accettazione (General accepted accounting principles, Gaap).

A seguito dell'emanazione del Dpr 136/1975, sul controllo contabile e la certificazione dei bilanci delle società per azioni quotate in borsa, essi, prima di concretizzarsi in forma scritta nel panorama contabile italiano, acquisirono un'investitura di rango legislativo, in quanto l'articolo 4, comma 2, del decreto statuì che "la società di revisione … se i fatti di gestione sono esattamente rilevati nelle scritture predette, secondo corretti principi contabili, ne rilascia certificazione con apposita relazione".
Il loro espresso richiamo in una norma primaria, in difetto di una esistenza in forma scritta, unito alla previsione contenuta nel successivo articolo 10, comma 2, lettera c), secondo cui la Consob "può raccomandare l'adozione di principi e criteri per il controllo contabile delle società e per la certificazione dei bilanci, richiedendo preventivamente il parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti (Cndc) e del Consiglio nazionale dei ragionieri (Cnr)", comportò che, nel settembre dello stesso anno (1975), il Cndc emanò il primo principio contabile nazionale dedicato al "Bilancio d'esercizio - finalità e postulati".

Dal settembre 1975 fino al 1991, anno di adozione della IV e della VII direttiva Cee, vennero emanati complessivamente 10 principi contabili nazionali, alla cui redazione partecipò non solo il Cndc ma, a partire dal documento n. 8 (settembre 1983), anche il Cnr.

La Consob, a cui era stato assegnato il potere di raccomandare l'adozione di principi e criteri per il controllo contabile, previa richiesta di un preventivo parere al Cndc e al Cnr, si pronunciò in merito con la delibera n. 1079 dell'8 aprile 1982. In tale atto furono chiariti i ruoli dei principi contabili, nel frattempo emanati dal Cndc, nel senso che la normativa era punto di riferimento non superabile, ma se del caso solo da integrare e interpretare a opera degli standard nazionali e, per le problematiche da essi non affrontate, da quelli internazionali emanati dallo Iasc (International accounting standard committee). Per questo motivo, dal 1982 (documento n. 2-bis di revisione del n. 2), tutti i principi contabili nazionali furono oggetto anche di un esplicito raffronto con i principi enunciati dallo Iasc. Ogni principio contabile nazionale, insomma, fu integrato da una sezione, tipicamente posta alla fine del documento, in cui si dava atto dell'aderenza con gli standard internazionali e si indicavano gli eventuali "scollamenti" con specifico richiamo dello Ias coinvolto.

Tratto da fiscooggi.it
 

walterlugs

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I "corretti principi contabili" (anno 1975)
Fino a metà degli anni '70, in Italia non esistevano principi contabili nazionali a differenza di altri Paesi, in particolare quelli di tradizione anglosassone, che da tempo disponevano di un collaudato impianto di principi di emanazione professionale e di generale accettazione (General accepted accounting principles, Gaap).

A seguito dell'emanazione del Dpr 136/1975, sul controllo contabile e la certificazione dei bilanci delle società per azioni quotate in borsa, essi, prima di concretizzarsi in forma scritta nel panorama contabile italiano, acquisirono un'investitura di rango legislativo, in quanto l'articolo 4, comma 2, del decreto statuì che "la società di revisione … se i fatti di gestione sono esattamente rilevati nelle scritture predette, secondo corretti principi contabili, ne rilascia certificazione con apposita relazione".
Il loro espresso richiamo in una norma primaria, in difetto di una esistenza in forma scritta, unito alla previsione contenuta nel successivo articolo 10, comma 2, lettera c), secondo cui la Consob "può raccomandare l'adozione di principi e criteri per il controllo contabile delle società e per la certificazione dei bilanci, richiedendo preventivamente il parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti (Cndc) e del Consiglio nazionale dei ragionieri (Cnr)", comportò che, nel settembre dello stesso anno (1975), il Cndc emanò il primo principio contabile nazionale dedicato al "Bilancio d'esercizio - finalità e postulati".

Dal settembre 1975 fino al 1991, anno di adozione della IV e della VII direttiva Cee, vennero emanati complessivamente 10 principi contabili nazionali, alla cui redazione partecipò non solo il Cndc ma, a partire dal documento n. 8 (settembre 1983), anche il Cnr.

La Consob, a cui era stato assegnato il potere di raccomandare l'adozione di principi e criteri per il controllo contabile, previa richiesta di un preventivo parere al Cndc e al Cnr, si pronunciò in merito con la delibera n. 1079 dell'8 aprile 1982. In tale atto furono chiariti i ruoli dei principi contabili, nel frattempo emanati dal Cndc, nel senso che la normativa era punto di riferimento non superabile, ma se del caso solo da integrare e interpretare a opera degli standard nazionali e, per le problematiche da essi non affrontate, da quelli internazionali emanati dallo Iasc (International accounting standard committee). Per questo motivo, dal 1982 (documento n. 2-bis di revisione del n. 2), tutti i principi contabili nazionali furono oggetto anche di un esplicito raffronto con i principi enunciati dallo Iasc. Ogni principio contabile nazionale, insomma, fu integrato da una sezione, tipicamente posta alla fine del documento, in cui si dava atto dell'aderenza con gli standard internazionali e si indicavano gli eventuali "scollamenti" con specifico richiamo dello Ias coinvolto.


Hai fatto bene a scegliere ingegneria.
 
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Mardot

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Comunque, per continuare il discorso sull'acciaio......

Ad oggi ciò che funziona bene sembra essere l'approccio artigianale, con diverse sfumature.

Diciamo che un po' con il carisma, un po' con la bravura tecnica, un po' con lo "charme", un po' ognuno con il suo ingrediente prediletto, alcuni bravi telaisti italiani e stranieri hanno prodotti validissimi.

Il cliente? Beh, il cliente è l'appassionato che sa cosa cercare, e lo cerca. Di sicuro il cliente normale non incappa nel pericolo di comprare una bici d'acciaio.

La domanda è: dal punto di vista del futuro, che apporto possono continuare a dare questi telaisti artigiani al mondo del ciclismo, inteso in generale, non solo dell'acciaio?

Non sto parlando dei loro prodotti, che ripeto sono validi oltre ogni dubbio.

Ma dal punto di vista ciclistico, di movimento, continuando in questo modo non avremo sempre meno acciaio nel gruppo? Nel gruppo dei ciclisti della domenica, così come nel gruppo inteso come praticanti più o meno seri di ciclismo da corsa.

Non finiremo per vedere le poche bici in acciaio rimaste, o vintage (riammodernate o meno), oppure strafighe da 10mila euro?

A me l'idea di Ciclitorino piace.

A me l'idea di avere dei telai in acciaio a catalogo piace.

A me l'idea di potermi affidare a un telaista e farmi fare il pezzo unico piace.

A me non piace l'idea che quest'ultima finisca per essere l'unica opzione.
 

Mardot

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Ragioniere anche io. Ma fortunatamente da 15 anni mi occupo di commercio acciaio.

Allora potremmo davvero associarci.

Ragioneria e ingegneria sono argomenti noti.

Io per 15 anni l'acciaio l'ho fatto, proprio nel senso di steelmaking process.

Come soldi usiamo i tuoi che ne hai tanti e quelli di [MENTION=10578]999marti[/MENTION]

Io mi occupo della qualità e faccio i colloqui alle segretarie.:-x
 

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Allora potremmo davvero associarci.

Ragioneria e ingegneria sono argomenti noti.

Io per 15 anni l'acciaio l'ho fatto, proprio nel senso di steelmaking process.

Come soldi usiamo i tuoi che ne hai tanti e quelli di @999marti

Io mi occupo della qualità e faccio i colloqui alle segretarie.:-x

Ma anche io lo faccio, e lo vendo. Ma anche lo compro già fatto, e poi lo vendo...
...adesso che ci penso, anche i produttori di telai fanno così.
 

Ser pecora

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La domanda è: dal punto di vista del futuro, che apporto possono continuare a dare questi telaisti artigiani al mondo del ciclismo, inteso in generale, non solo dell'acciaio?

Continueranno a fare quello che fanno, ed in alcuni, illuminati, casi a cercare di dare supporto alle nuove leve, che, piaccia o meno, al momento sono attratte dall'acciaio in quanto "artigianale" e non come opportunità d'impresa.

Poi basta ricordarsi che il mondo va avanti anche fuori dal belpaese e avere fiducia: http://www.genesisbikes.co.uk/bikes/road/performance/volare-team

Fermo restando che a me basta si vada in bici. Su cosa è relativo.
 

Mardot

Velocista
25 Febbraio 2008
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Poi basta ricordarsi che il mondo va avanti anche fuori dal belpaese e avere fiducia: [url]http://www.genesisbikes.co.uk/bikes/road/performance/volare-team[/URL]
Li conosco, mi piacciono da morire (a parte i prezzi).

BTW, va già bene che stamane son stato preso a pietrate perché ho criticato le grafiche (e il sito) di Casati. :cry:

Fermo restando che a me basta si vada in bici. Su cosa è relativo.
Su cosa è relativo sono d'accordo, ma il "cosa" deve piacermi. :mrgreen:
 

walterlugs

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corretto (del resto è un concetto che per poca istruzione specifica in materia si abbia, è facile documentarsi al riguardo)

E' vero in generale c'è poca istruzione specifica in giro e soprattutto la tuttologia dovrebbe essere bandita per legge :angrymod:. Avevo citato non a caso l'OIC...ovvero l'unico organismo attualmente competente all'emanazione dei Principi Contabili (subentrato nel 2001 al Cndc). La fonte citata un pò frettolosamente da fiscooggi.it fa riferimento al cosiddetto periodo di vacatio legis nel quale, in mancanza di una indicazione precisa in merito, giustamente il legislatore ha adottato l'espressione corretti principi contabili; non a caso i principi contabili citati nell'articolo sono 10 (corrispondente alla prima serie di numerazione), mentre attualmente le serie sono ben due. Come si vede è di fondamentale importanza l'aggiornamento in materia, un semplice copia/incolla su google rischia di essere fuorviante..o-o

Tuttavia, per essere coerente :mrgreen:, copio e incollo anche io quanto risulta dal sito dell'OIC.

L’OIC (Organismo Italiano di Contabilità) è nato dall’esigenza, avvertita dalle principali Parti private e pubbliche italiane, di costituire uno standard setter nazionale dotato di ampia rappresentatività, capace di esprimere in modo coeso le istanze nazionali in materia contabile.
L’Organismo Italiano di Contabilità è stato costituito, nella veste giuridica di una fondazione, il 27 novembre 2001. Alla stipula dell’atto costitutivo hanno partecipato, in qualità di Fondatori, le organizzazioni rappresentative delle principali categorie di soggetti privati interessate alla materia.
In particolare, gli attuali Soci Fondatori sono: per la professione contabile, l’Assirevi, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e il Consiglio Nazionale dei Ragionieri; per i preparers, l’Abi, l’Andaf, l’Ania, l’Assilea, l’Assonime, la Confagricoltura, la Confapi, la Confcommercio, la Confcooperative, la Confindustria e la Lega delle Cooperative; per gli users, l’Aiaf, l’Assogestioni e la Centrale Bilanci; per i mercati mobiliari, la Borsa Italiana.
I Ministeri della Giustizia e dell’Economia e delle Finanze, nonché le Autorità Regolamentari di Settore (Banca d’Italia, Consob e Isvap) hanno espresso il loro favore all’iniziativa.

La legge 11 agosto 2014, n. 116, di conversione del decreto legge 91/2014, riconosce il ruolo e le funzioni dell’OIC. La legge integra il d.lgs. 38/2005 con gli articoli 9-bis e 9-ter, mantenendo invariate le modalità di finanziamento dell’OIC già previste dalla legge 244/2007.

Art. 9-bis – Ruolo e funzioni dell’Organismo Italiano di Contabilità
1. L’Organismo Italiano di Contabilità, istituto nazionale per i principi contabili:
a) emana i principi contabili nazionali, ispirati alla migliore prassi operativa, per la redazione dei bilanci secondo le disposizioni del codice civile;
b) fornisce supporto all’attività del Parlamento e degli Organi Governativi in materia di normativa contabile ed esprime pareri, quando ciò è previsto da specifiche disposizioni di legge o dietro richiesta di altre istituzioni pubbliche;
c) partecipa al processo di elaborazione dei principi contabili internazionali adottati in Europa, intrattenendo rapporti con l’International Accounting Standards Board (IASB), con l’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG) e con gli organismi contabili di altri paesi.
Con riferimento alle attività di cui alle a), b) e c), si coordina con le Autorità nazionali che hanno competenze in materia contabile.
2. Nell’esercizio delle proprie funzioni l’Organismo Italiano di Contabilità persegue finalità di interesse pubblico, agisce in modo indipendente e adegua il proprio statuto ai canoni di efficienza e di economicità. Esso riferisce annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze sull’attività svolta.

Art. 9-ter – Finanziamento dell’Organismo Italiano di Contabilità
1. Al finanziamento dell’Organismo Italiano di Contabilità, fondazione di diritto privato avente piena autonomia statutaria, concorrono le imprese attraverso contributi derivanti dall’applicazione di una maggiorazione dei diritti di segreteria dovuti alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura con il deposito dei bilanci presso il registro delle imprese ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera e), della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
2. Il Collegio dei fondatori dell’Organismo Italiano di Contabilità stabilisce annualmente il fabbisogno di finanziamento dell’Organismo Italiano Contabilità nonché le quote di finanziamento di cui al comma 1 da destinare all’International Accounting Standards Board (IASB) e all’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG).
3. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, provvede con decreto, ai sensi dell’articolo 18, comma 2, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, a definire la misura della maggiorazione di cui al comma 1 sulla base delle indicazioni di fabbisogno trasmesse dall’Organismo Italiano di Contabilità. Con lo stesso decreto sono individuate le modalità di corresponsione delle relative somme all’Organismo Italiano di Contabilità tramite il sistema camerale.