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archmarco

Apprendista Scalatore
29 Agosto 2006
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mi sono imbattuto in discorsi di doping, non sempre sono riuscito a esprimermi come volevo,
ho trovato un articolo su CICLOWEB di Marco Grassi,

L'ipocrisia del ciclismo
Il doping e i giornalisti a braccetto


Ah, il meraviglioso mondo del ciclismo!
Ah, il meraviglioso Ambiente del ciclismo!
Uno può anche fare di tutto per tenersene alla larga, ma alla fine ne viene almeno lambito, facendo questo lavoro.
Inutile girarci intorno: il tema è quello del doping.
C'è una scollatura clamorosa tra l'ufficialità e l'ufficiosità. Tra quello che dev'essere ammannito al pubblico e quello che invece può passare - previa strizzatina d'occhio complice, e colpetto di gomito - in una normale cena in cui ci siano personaggi dell'Ambiente.
Il vino è un'ottima medicina, tra le sue proprietà organolettiche ha quella di sciogliere la lingua che è una bellezza, e di bellezza in bellezza se ne sentono in effetti delle belle.
Cari Lettori, avete presente quando sentite i vari esponenti di categoria cianciare di lotta al doping? Chiacchiere. Fuffa. Non appena si spengono le telecamere, non appena si chiudono i taccuini, questi esponenti tornano alla realtà, nota a tutti nell'Ambiente, ma che chissà perché non può venire ufficializzata in alcun modo: il ciclismo, perlomeno quello professionistico, vive di doping.
Questa è la realtà, e state tranquilli, Cari Lettori, che se saprete strizzare bene l'occhio, sarete accolti in un attimo nella grande famiglia del ciclismo, nell'Ambiente.
Le regole: in realtà è una sola, aurea, immodificabile: queste cose, queste confidenze, devono restare nel sottobosco dell'ufficiosità. Guai a renderle di dominio pubblico. Intanto non ci sono le prove, e quale giornalista è tanto scemo da andare a impelagarsi in una battaglia legale, querele, controquerele, ay ay ay Paloma, che mal di testa solo a pensarci.
Il Pensiero Unico Ufficiale è che il ciclismo è pulito, fa di tutto per esserlo, ci sono solo poche mele marce che rovinano l'Ambiente, eccetera eccetera. In realtà le cose non stanno proprio proprio così. Occhio: qui parliamo di ciclismo perché il ciclismo è lo sport che amiamo, che ci diverte, che ci piace, che conosciamo meglio; è vero, potremmo parlare di sport in generale, la questione non cambierebbe di molto. Ma stavolta parliamo di ciclismo.
Dunque, torniamo al punto: perché nell'Ambiente tutti sanno tutto, ma tutti fanno finta di niente? Stiamo ancora aspettando di trovare qualche esponente dell'Ambiente che - davvero - creda che il ciclismo è pulito. Non ce n'è uno. E allora perché il pubblico dev'essere tenuto fuori da questa grande giostra di confidenze e strizzatine d'occhio? Caro Pubblico, entra anche tu nell'Ambiente, non occorre altro che una minima disponibilità alla complicità. Tutto qui. E mica parliamo di complicità cattive, ma no, qui è tutto fatto molto alla carlona, io so che tu sai, ma so che ti fai i fatti tuoi, del resto chettefrega di s*******re questo o quello? Niente, in effetti. Niente.
Ma qui, su queste righe, non vogliamo certo s*******re il direttore sportivo che - in confidenza! tanto lo so che poi non ricorderete niente di quello che vi sto dicendo! - ci ha raccontato questo o quel fatterello, riguardante questo o quel corridore più o meno importante. Ormai questa è una battaglia inutile, di retroguardia. La vera battaglia da portare avanti è quella per la fine dell'ipocrisia. Sono tutti dopati? O meglio: senza doping non si vince? Ce lo diciamo in tutte le nostre brave cene? Ok, d'accordo, allora facciamo uno sforzo e diciamolo anche lì fuori: ragazzi, appassionati, senza doping qui non si vince. Ha ragione Lemond: non si arriva nemmeno nei 50 al Tour. Perché questa verità è così scottante da non poter essere confermata? Quando poi basta un bicchiere di quello buono per avallarla immediatamente?
Qualcosa si smuove, comunque. Intanto, il pubblico non è così tonto, sa anche se finge di non sapere, si presta forse inconsapevolmente al gioco, ma sa. Resta da stabilire una cosa: lo prende in giro più il ciclista che vince dopandosi, o il giornalista che vuol fargli credere che il doping non ci sia?
In realtà c'è da sottolineare una cosa importante: il doping nel ciclismo è come la cannabis tra i giovani: non viene proprio vissuto come un reato. È una cosa normale, si fa, non ci si pone proprio il problema. O al massimo ce lo si pone nel momento in cui qualcuno esagera, ma non per fermare quel qualcuno, quanto per scoprire che cosa stia assumendo e assumerlo in prima persona alla prossima occasione.
E allora, dicevamo: qualcosa si muove. Ci sono degli animi che si scaldano. L'avete sentita Alessandra De Stefano il giorno della prima tappa del Tour, vero? Grande Alessandra, a Plan de Corones ci hai fatto incazzare come iene, ma quel giorno a Strasburgo sei stata grande. Quasi grande. Si percepiva a orecchio nudo che le parole ti sfuggivano dalla bocca, quasi. Che volevi parlare ma ti trattenevi. Parla, Alessandra, parla, non temere. Apriamo una campagna moralizzatrice, sì, ma nel senso di non nascondere più la cioccolata ai bambini, tanto sanno che c'è e vogliono cariarcisi i denti!
A microfoni aperti nessuno prende posizioni troppo scomode sul doping. Eppure fior di opinionisti sanno bene di che si tratta, visto che l'hanno usato anche loro, vero? Non parliamo della vecchia guardia, quelli che furono ciclisti nei '50 e nei '60, loro lo ammettono candidamente che qualcosa prendevano, le anfetamine - si sa - non hanno mai fatto male a nessuno... No, parliamo di Davide Cassani, per esempio, il più bravo, amato e simpatico degli opinionisti (lo pensiamo sinceramente), Davide, dicci che non hai mai preso una pasticca, e sii credibile, e allora ti crederemo.
Francesco Frattini, Evgeni Berzin, ogni tanto raccontateci su Eurosport di quella Gewiss dei miracoli, coraggio! Quella del Professor Ferrari, sì, quella! Caro Fabio Panchetti, amico nostro e del nostro forum, che ti dicono a microfoni spenti?
Siamo giovani, ragazzi, ma davvero vogliamo continuare a fare i gattopardi della macchina da scrivere, davvero vogliamo continuare a fare i Candido Cannavò, i Sergio Neri, quelli che sembrano vivere sulle nuvole, che la lotta al doping è seria, che bisogna cacciare gli stregoni, ma quali stregoni, Sergio Neri, ma quali stregoni, apriamo gli occhi ai nostri lettori invece di addolcire la realtà. I nostri lettori sono maturi abbastanza per sapere, per capire, per decidere da soli.
Per avere uno che metta in dubbio - pur velatamente, insinuando ma mai parlando apertamente - una prestazione di un collega, bisogna che Gilberto Simoni si incazzi come non mai, e spari a zero, per essere subito rimbrottato dal suo ds Mauro Gianetti, che dice che "sappiamo com'è fatto Gibo", ma non dice "sappiamo com'è che nessuno crede che io, corridore non più che discreto, un bel giorno mi svegliai e vinsi come un'iradiddìo Amstel e Liegi in una settimana". E così tiene il gioco, hai capito il Mauro!
 

archmarco

Apprendista Scalatore
29 Agosto 2006
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Tiene il gioco a Bjarne Riis, che prima si atteggia a padre putativo di Basso, e poi lo scarica senza nemmeno un minimo di presunzione d'innocenza: Bjarne, un bel codone di paglia, vero? Monsieur 60%, ma chi vuoi prendere in giro?
E certo, perché le vittime, in tutti i sensi, sono i corridori. Li trattano da mostri, da reietti, ma basta! Hanno già i loro problemi: loro sono quelli che poi a 40 anni moriranno per arresto cardiaco e lasceranno mogli ancora giovani e figli ancora piccoli; quelli che già ora faticano ad avere un'erezione, pensa te la vita; quelli che stanno per entrare in dialisi, e non ne usciranno più. Hanno già questa serie di guai fisici, ma è il prezzo che hanno scelto di pagare, semmai il problema è l'ignoranza: se sulle fialette che prendono ci fosse scritto "questa sostanza - tempo 5 anni - ti fa cadere i capelli e il pisello", magari inizierebbero a pensarci due volte; invece il doping prospera nell'ignoranza, ma prospera, questo è il punto.
Prospera, e bisogna capire che dobbiamo prenderne atto. Smettere di scandalizzarci quando un corridore risulta positivo; smettere di idealizzare questo o quell'atleta; sapere che fa tutto parte di uno stesso circo Barnum. Una volta chiariti questi punti, non assisteremmo più alla caduta degli dei vissuta prima dell'ultimo Tour, non avremmo più l'elezione di capri espiatori (ieri Pantani, oggi Basso e Ullrich) che devono salvare la comunità pedalatoria, ma al contrario avremmo una maggiore maturità da tutte le parti.
Sandro Donati, San Sandro Donati, dove sei, illuminaci per favore! L'unico che in tempi non sospetti, e lontani dalle attuali beghe politico-ciclistiche che si dipanano tra Francia e Usa, aveva il coraggio di ridere in faccia alle prestazioni di Lance Armstrong, Sandro Donati, una persona degna, un grande uomo, emarginato dal Coni perché voleva lottare contro il doping, ragazzi, voleva lottare contro il doping, ma sapete la novità? ERA L'UNICO! L'hanno esiliato in un ufficetto, senza poteri, altro che mobbing, l'hanno esautorato, gli hanno succhiato tutte le energie, l'hanno spinto al punto da dire "no, basta, non ci credo più, non voglio più essere coinvolto, interpellato, chiamato, è una battaglia persa", ora che facciamo, lo tiriamo in ballo per cosa? Per dire che se non ci crede Sandro Donati, non ci credo neanch'io, Marco Grassi (e lo spirito di Gianni Mura, che aleggia su tutti noi, perdonerà quest'impudente prima persona singolare, che infatti abbandoniamo subito).
Coraggio Alessandra, Fabio, (Auro no, perché non prenderebbe posizione neanche se il ras del gruppo, chiunque egli fosse, prendesse a badilate l'ultimo dei gregari), coraggio Alessandro Fabretti, coraggio Pierantozzi e Di Benedetto, coraggio Marco Pastonesi, coraggio Enzo Vicennati, coraggio Pier Augusto Stagi, diciamole le cose, non ce le teniamo tutte per noi. Non dobbiamo accusare questo o quello, dobbiamo solo dire le cose come stanno, il doping c'è, e non si può battere, al massimo possiamo fare uno sforzo per capirlo, ma batterlo proprio no. La vogliamo estirpare questa cultura del sospetto? Vogliamo buttare fuori il rospo? Vogliamo smetterla di dirci le cose tra di noi, di parlarci addosso? Cosa temiamo? Non ce lo diciamo solo tra di noi che l'ematocrito a 50 è una farsa, che gli stage invernali all'altro mondo sono una farsa, che i controlli in cui tutti risultano ok sono una farsa. Diciamolo al pubblico, ha diritto di sapere e di scegliere. E se qualcuno abbandonerà la nave, chi ci resterà sarà ancora più motivato a restarci, perché lo farà a ragion veduta.
E voi, corridori puliti, venite allo scoperto, dove siete, vi nascondete? Ma che, vi vergognate di essere puliti? Sapete che sareste subito fatti fuori dall'Ambiente, vero? Oppure sapete che prima o poi ci cascherete? Evviva, viva l'omertà!
Qui c'è un riciclaggio di dopati incredibile. Il doping non è vissuto come una cosa negativa, deviante, IL DOPING È NORMALE, mettetevelo in testa una volta per tutti, il doping nel ciclismo è pane quotidiano, è normale, non è una cosa considerata cattiva; noi lo sappiamo, ma diciamolo ai lettori!
Chi è il rappresentante dei corridori a livello europeo (a livello italiano è tal Amedeo Colombo, importatore di Shimano, che se lo cerchi per intervistarlo ti passano la sua azienda... lui sì che ha a cuore la causa dei corridori)? Bravi, avete indovinato, è Francesco Moser, uno che fu rimesso al mondo dal Professor Conconi, che dopava (lo dice una sentenza della magistratura) sapendo di dopare. Associazioni di categoria, ma che fate? Di che vi occupate? Corridori europei, ma lo sapete che siete rappresentati da colui che ha introdotto il doping moderno nel ciclismo, e ci ha vinto Giro e Sanremo, e ci ha fatto i record dell'Ora? Certo che lo sapete, ma diciamolo anche alla gente comune.
Non servono i Savonarola, non serve Eugenio Capodacqua, sempre lì in agguato per smascherare i colpevoli, ma Eugenio, non ti rendi conto che anche tu sei funzionale al sistema? Il sistema è quello che è: cresce i suoi polli (i ciclisti), li fa prosperare (anche se non sempre li paga, anzi spesso si fa pagare), li ingrossa e poi però li scarica alla prima occasione, brutti ciclisti cattivi, che vi dopate a nostra insaputa! (E se poi uno confessa, come Millar, come Simeoni, viene punito il doppio, forse proprio per incentivare le ammissioni di colpa?).
Mentre le associazioni dei corridori dormono, l'Uci fa il bello e il cattivo tempo, dà a Manolo Saiz l'incarico di scrivere un codice etico che lui stesso, in quello stesso momento, sta già disattendendo: ci rendiamo conto del livello di ipocrisia che abbiamo raggiunto? Ma il calcio ha mai firmato un codice etico contro il doping? Il tennis l'ha fatto? Qual è l'unico sport di Tafazzi che continua da anni a martellarsi gli zebedei con queste fesserie?
Poi dicono: "Ma così il ciclismo è più pulito, è più controllato". Può essere; più controllato, di sicuro; più pulito, chissà. Intanto i corridori continuano a doparsi; intanto nello stesso fine settimana Basso veniva cacciato a calci nel didietro dal Tour, Nadal si giocava Wimbledon e Zidane si giocava i campionati del mondo di calcio. Intanto noi siamo qui che lottiamo con la voglia di mandare tutto all'aria, nell'attesa del prossimo scandalo doping nel ciclismo.
E, mentre invitiamo tutte le persone citate in questa "avvelenata" (ma non solo loro) a intervenire, a scriverci (pubblicheremo tutto), ad aprire un dibattito, a dire la loro anche sui loro organi di stampa, mentre facciamo ciò, consapevoli che da questo momento in poi rischiamo di essere ghettizzati dall'Ambiente (ma a noi importa più dei nostri lettori che di far parte di una qualsiasi lobby), maturiamo la nostra linea editoriale, una volta per tutte, e svisceriamo quello che tutti i nostri colleghi e che tutti i rappresentanti di questo Ambiente pensano intimamente: "Nel ciclismo c'è il doping. Embè?".



Marco Grassi


anch'io la penso così