mi sono imbattuto in discorsi di doping, non sempre sono riuscito a esprimermi come volevo,
ho trovato un articolo su CICLOWEB di Marco Grassi,
L'ipocrisia del ciclismo
Il doping e i giornalisti a braccetto
Ah, il meraviglioso mondo del ciclismo!
Ah, il meraviglioso Ambiente del ciclismo!
Uno può anche fare di tutto per tenersene alla larga, ma alla fine ne viene almeno lambito, facendo questo lavoro.
Inutile girarci intorno: il tema è quello del doping.
C'è una scollatura clamorosa tra l'ufficialità e l'ufficiosità. Tra quello che dev'essere ammannito al pubblico e quello che invece può passare - previa strizzatina d'occhio complice, e colpetto di gomito - in una normale cena in cui ci siano personaggi dell'Ambiente.
Il vino è un'ottima medicina, tra le sue proprietà organolettiche ha quella di sciogliere la lingua che è una bellezza, e di bellezza in bellezza se ne sentono in effetti delle belle.
Cari Lettori, avete presente quando sentite i vari esponenti di categoria cianciare di lotta al doping? Chiacchiere. Fuffa. Non appena si spengono le telecamere, non appena si chiudono i taccuini, questi esponenti tornano alla realtà, nota a tutti nell'Ambiente, ma che chissà perché non può venire ufficializzata in alcun modo: il ciclismo, perlomeno quello professionistico, vive di doping.
Questa è la realtà, e state tranquilli, Cari Lettori, che se saprete strizzare bene l'occhio, sarete accolti in un attimo nella grande famiglia del ciclismo, nell'Ambiente.
Le regole: in realtà è una sola, aurea, immodificabile: queste cose, queste confidenze, devono restare nel sottobosco dell'ufficiosità. Guai a renderle di dominio pubblico. Intanto non ci sono le prove, e quale giornalista è tanto scemo da andare a impelagarsi in una battaglia legale, querele, controquerele, ay ay ay Paloma, che mal di testa solo a pensarci.
Il Pensiero Unico Ufficiale è che il ciclismo è pulito, fa di tutto per esserlo, ci sono solo poche mele marce che rovinano l'Ambiente, eccetera eccetera. In realtà le cose non stanno proprio proprio così. Occhio: qui parliamo di ciclismo perché il ciclismo è lo sport che amiamo, che ci diverte, che ci piace, che conosciamo meglio; è vero, potremmo parlare di sport in generale, la questione non cambierebbe di molto. Ma stavolta parliamo di ciclismo.
Dunque, torniamo al punto: perché nell'Ambiente tutti sanno tutto, ma tutti fanno finta di niente? Stiamo ancora aspettando di trovare qualche esponente dell'Ambiente che - davvero - creda che il ciclismo è pulito. Non ce n'è uno. E allora perché il pubblico dev'essere tenuto fuori da questa grande giostra di confidenze e strizzatine d'occhio? Caro Pubblico, entra anche tu nell'Ambiente, non occorre altro che una minima disponibilità alla complicità. Tutto qui. E mica parliamo di complicità cattive, ma no, qui è tutto fatto molto alla carlona, io so che tu sai, ma so che ti fai i fatti tuoi, del resto chettefrega di s*******re questo o quello? Niente, in effetti. Niente.
Ma qui, su queste righe, non vogliamo certo s*******re il direttore sportivo che - in confidenza! tanto lo so che poi non ricorderete niente di quello che vi sto dicendo! - ci ha raccontato questo o quel fatterello, riguardante questo o quel corridore più o meno importante. Ormai questa è una battaglia inutile, di retroguardia. La vera battaglia da portare avanti è quella per la fine dell'ipocrisia. Sono tutti dopati? O meglio: senza doping non si vince? Ce lo diciamo in tutte le nostre brave cene? Ok, d'accordo, allora facciamo uno sforzo e diciamolo anche lì fuori: ragazzi, appassionati, senza doping qui non si vince. Ha ragione Lemond: non si arriva nemmeno nei 50 al Tour. Perché questa verità è così scottante da non poter essere confermata? Quando poi basta un bicchiere di quello buono per avallarla immediatamente?
Qualcosa si smuove, comunque. Intanto, il pubblico non è così tonto, sa anche se finge di non sapere, si presta forse inconsapevolmente al gioco, ma sa. Resta da stabilire una cosa: lo prende in giro più il ciclista che vince dopandosi, o il giornalista che vuol fargli credere che il doping non ci sia?
In realtà c'è da sottolineare una cosa importante: il doping nel ciclismo è come la cannabis tra i giovani: non viene proprio vissuto come un reato. È una cosa normale, si fa, non ci si pone proprio il problema. O al massimo ce lo si pone nel momento in cui qualcuno esagera, ma non per fermare quel qualcuno, quanto per scoprire che cosa stia assumendo e assumerlo in prima persona alla prossima occasione.
E allora, dicevamo: qualcosa si muove. Ci sono degli animi che si scaldano. L'avete sentita Alessandra De Stefano il giorno della prima tappa del Tour, vero? Grande Alessandra, a Plan de Corones ci hai fatto incazzare come iene, ma quel giorno a Strasburgo sei stata grande. Quasi grande. Si percepiva a orecchio nudo che le parole ti sfuggivano dalla bocca, quasi. Che volevi parlare ma ti trattenevi. Parla, Alessandra, parla, non temere. Apriamo una campagna moralizzatrice, sì, ma nel senso di non nascondere più la cioccolata ai bambini, tanto sanno che c'è e vogliono cariarcisi i denti!
A microfoni aperti nessuno prende posizioni troppo scomode sul doping. Eppure fior di opinionisti sanno bene di che si tratta, visto che l'hanno usato anche loro, vero? Non parliamo della vecchia guardia, quelli che furono ciclisti nei '50 e nei '60, loro lo ammettono candidamente che qualcosa prendevano, le anfetamine - si sa - non hanno mai fatto male a nessuno... No, parliamo di Davide Cassani, per esempio, il più bravo, amato e simpatico degli opinionisti (lo pensiamo sinceramente), Davide, dicci che non hai mai preso una pasticca, e sii credibile, e allora ti crederemo.
Francesco Frattini, Evgeni Berzin, ogni tanto raccontateci su Eurosport di quella Gewiss dei miracoli, coraggio! Quella del Professor Ferrari, sì, quella! Caro Fabio Panchetti, amico nostro e del nostro forum, che ti dicono a microfoni spenti?
Siamo giovani, ragazzi, ma davvero vogliamo continuare a fare i gattopardi della macchina da scrivere, davvero vogliamo continuare a fare i Candido Cannavò, i Sergio Neri, quelli che sembrano vivere sulle nuvole, che la lotta al doping è seria, che bisogna cacciare gli stregoni, ma quali stregoni, Sergio Neri, ma quali stregoni, apriamo gli occhi ai nostri lettori invece di addolcire la realtà. I nostri lettori sono maturi abbastanza per sapere, per capire, per decidere da soli.
Per avere uno che metta in dubbio - pur velatamente, insinuando ma mai parlando apertamente - una prestazione di un collega, bisogna che Gilberto Simoni si incazzi come non mai, e spari a zero, per essere subito rimbrottato dal suo ds Mauro Gianetti, che dice che "sappiamo com'è fatto Gibo", ma non dice "sappiamo com'è che nessuno crede che io, corridore non più che discreto, un bel giorno mi svegliai e vinsi come un'iradiddìo Amstel e Liegi in una settimana". E così tiene il gioco, hai capito il Mauro!
ho trovato un articolo su CICLOWEB di Marco Grassi,
L'ipocrisia del ciclismo
Il doping e i giornalisti a braccetto
Ah, il meraviglioso mondo del ciclismo!
Ah, il meraviglioso Ambiente del ciclismo!
Uno può anche fare di tutto per tenersene alla larga, ma alla fine ne viene almeno lambito, facendo questo lavoro.
Inutile girarci intorno: il tema è quello del doping.
C'è una scollatura clamorosa tra l'ufficialità e l'ufficiosità. Tra quello che dev'essere ammannito al pubblico e quello che invece può passare - previa strizzatina d'occhio complice, e colpetto di gomito - in una normale cena in cui ci siano personaggi dell'Ambiente.
Il vino è un'ottima medicina, tra le sue proprietà organolettiche ha quella di sciogliere la lingua che è una bellezza, e di bellezza in bellezza se ne sentono in effetti delle belle.
Cari Lettori, avete presente quando sentite i vari esponenti di categoria cianciare di lotta al doping? Chiacchiere. Fuffa. Non appena si spengono le telecamere, non appena si chiudono i taccuini, questi esponenti tornano alla realtà, nota a tutti nell'Ambiente, ma che chissà perché non può venire ufficializzata in alcun modo: il ciclismo, perlomeno quello professionistico, vive di doping.
Questa è la realtà, e state tranquilli, Cari Lettori, che se saprete strizzare bene l'occhio, sarete accolti in un attimo nella grande famiglia del ciclismo, nell'Ambiente.
Le regole: in realtà è una sola, aurea, immodificabile: queste cose, queste confidenze, devono restare nel sottobosco dell'ufficiosità. Guai a renderle di dominio pubblico. Intanto non ci sono le prove, e quale giornalista è tanto scemo da andare a impelagarsi in una battaglia legale, querele, controquerele, ay ay ay Paloma, che mal di testa solo a pensarci.
Il Pensiero Unico Ufficiale è che il ciclismo è pulito, fa di tutto per esserlo, ci sono solo poche mele marce che rovinano l'Ambiente, eccetera eccetera. In realtà le cose non stanno proprio proprio così. Occhio: qui parliamo di ciclismo perché il ciclismo è lo sport che amiamo, che ci diverte, che ci piace, che conosciamo meglio; è vero, potremmo parlare di sport in generale, la questione non cambierebbe di molto. Ma stavolta parliamo di ciclismo.
Dunque, torniamo al punto: perché nell'Ambiente tutti sanno tutto, ma tutti fanno finta di niente? Stiamo ancora aspettando di trovare qualche esponente dell'Ambiente che - davvero - creda che il ciclismo è pulito. Non ce n'è uno. E allora perché il pubblico dev'essere tenuto fuori da questa grande giostra di confidenze e strizzatine d'occhio? Caro Pubblico, entra anche tu nell'Ambiente, non occorre altro che una minima disponibilità alla complicità. Tutto qui. E mica parliamo di complicità cattive, ma no, qui è tutto fatto molto alla carlona, io so che tu sai, ma so che ti fai i fatti tuoi, del resto chettefrega di s*******re questo o quello? Niente, in effetti. Niente.
Ma qui, su queste righe, non vogliamo certo s*******re il direttore sportivo che - in confidenza! tanto lo so che poi non ricorderete niente di quello che vi sto dicendo! - ci ha raccontato questo o quel fatterello, riguardante questo o quel corridore più o meno importante. Ormai questa è una battaglia inutile, di retroguardia. La vera battaglia da portare avanti è quella per la fine dell'ipocrisia. Sono tutti dopati? O meglio: senza doping non si vince? Ce lo diciamo in tutte le nostre brave cene? Ok, d'accordo, allora facciamo uno sforzo e diciamolo anche lì fuori: ragazzi, appassionati, senza doping qui non si vince. Ha ragione Lemond: non si arriva nemmeno nei 50 al Tour. Perché questa verità è così scottante da non poter essere confermata? Quando poi basta un bicchiere di quello buono per avallarla immediatamente?
Qualcosa si smuove, comunque. Intanto, il pubblico non è così tonto, sa anche se finge di non sapere, si presta forse inconsapevolmente al gioco, ma sa. Resta da stabilire una cosa: lo prende in giro più il ciclista che vince dopandosi, o il giornalista che vuol fargli credere che il doping non ci sia?
In realtà c'è da sottolineare una cosa importante: il doping nel ciclismo è come la cannabis tra i giovani: non viene proprio vissuto come un reato. È una cosa normale, si fa, non ci si pone proprio il problema. O al massimo ce lo si pone nel momento in cui qualcuno esagera, ma non per fermare quel qualcuno, quanto per scoprire che cosa stia assumendo e assumerlo in prima persona alla prossima occasione.
E allora, dicevamo: qualcosa si muove. Ci sono degli animi che si scaldano. L'avete sentita Alessandra De Stefano il giorno della prima tappa del Tour, vero? Grande Alessandra, a Plan de Corones ci hai fatto incazzare come iene, ma quel giorno a Strasburgo sei stata grande. Quasi grande. Si percepiva a orecchio nudo che le parole ti sfuggivano dalla bocca, quasi. Che volevi parlare ma ti trattenevi. Parla, Alessandra, parla, non temere. Apriamo una campagna moralizzatrice, sì, ma nel senso di non nascondere più la cioccolata ai bambini, tanto sanno che c'è e vogliono cariarcisi i denti!
A microfoni aperti nessuno prende posizioni troppo scomode sul doping. Eppure fior di opinionisti sanno bene di che si tratta, visto che l'hanno usato anche loro, vero? Non parliamo della vecchia guardia, quelli che furono ciclisti nei '50 e nei '60, loro lo ammettono candidamente che qualcosa prendevano, le anfetamine - si sa - non hanno mai fatto male a nessuno... No, parliamo di Davide Cassani, per esempio, il più bravo, amato e simpatico degli opinionisti (lo pensiamo sinceramente), Davide, dicci che non hai mai preso una pasticca, e sii credibile, e allora ti crederemo.
Francesco Frattini, Evgeni Berzin, ogni tanto raccontateci su Eurosport di quella Gewiss dei miracoli, coraggio! Quella del Professor Ferrari, sì, quella! Caro Fabio Panchetti, amico nostro e del nostro forum, che ti dicono a microfoni spenti?
Siamo giovani, ragazzi, ma davvero vogliamo continuare a fare i gattopardi della macchina da scrivere, davvero vogliamo continuare a fare i Candido Cannavò, i Sergio Neri, quelli che sembrano vivere sulle nuvole, che la lotta al doping è seria, che bisogna cacciare gli stregoni, ma quali stregoni, Sergio Neri, ma quali stregoni, apriamo gli occhi ai nostri lettori invece di addolcire la realtà. I nostri lettori sono maturi abbastanza per sapere, per capire, per decidere da soli.
Per avere uno che metta in dubbio - pur velatamente, insinuando ma mai parlando apertamente - una prestazione di un collega, bisogna che Gilberto Simoni si incazzi come non mai, e spari a zero, per essere subito rimbrottato dal suo ds Mauro Gianetti, che dice che "sappiamo com'è fatto Gibo", ma non dice "sappiamo com'è che nessuno crede che io, corridore non più che discreto, un bel giorno mi svegliai e vinsi come un'iradiddìo Amstel e Liegi in una settimana". E così tiene il gioco, hai capito il Mauro!