Fare realmente giustizia in questi casi è quanto di più difficile possa esserci. Una o più vite falciate da una colpevole distrazione o imperizia nella guida, infatti, non si possono compensare nemmeno con un ergastolo o una pena di morte. E, del resto, si può pensare che anche la signora che si è costituita abbia famiglia (non so), per cui sarebbero sofferenze di famiglie innocenti che si sommerebbero a sofferenze di altre famiglie innocenti, allargando ancora di più il cerchio del dolore.
Se, invece, alla giustizia si unisse la carità, allora sarebbe possibile circoscrivere il dolore riconoscendo umilmente le proprie colpe e responsabilità conseguenti, creare una rete di relazioni solidali tra le famiglie coinvolte per far fronte ai problemi comuni a breve e lungo termine, sensibilizzare la società verso un uso più moderato e limitato dei veicoli a motore e verso la creazione di infrastrutture adeguate (o ladeguamento delle esistenti) alle reali necessità del luogo
In una città come Roma, dove ci sono 2,5 milioni di abitanti e circolano 2,8 milioni di automobili, forse cè qualcosa che non va nella coscienza delle persone, che molte volte sono stressate e sboccate alla guida nelle ore di punta. Io, dopo circa tre anni che giro in bicicletta in questa città, sono ancora vivo, ma la vita è dura, soprattutto perché, a mio avviso, la gran massa della gente non vuole impegnarsi per una mobilità sostenibile e non guarda con simpatia i ciclisti. Certamente, vi sarebbero anche aspetti positivi da segnalare, come unaccentuata attenzione e abilità dei guidatori romani nel traffico random (fanno cose meravigliose con quegli scooter e quelle Smart
), ma in generale si avverte la necessità di un riordino ecologico che non può che iniziare da un cambiamento del cuore.
Per questa intenzione e per compassione delle vittime e dei loro familiari pregherò perché possiamo ricevere uno spirito di pace e di rinnovamento interiore per migliorare il nostro modo di vivere e di muoverci sulle strade delle nostre città.