Pedalavo su una bici di fine anni Novanta, un telaio Columbus con manubrio da mountain bike. Niente di che, una trentina di chilometri dentro Roma tra sabato e domenica, però sempre, estate e inverno. Il fatto è che mi piacciono le bici da corsa moderne. Le trovo opere d'arte in movimento, a metà tra un quadro futurista e mi ricordano i triplani d'epoca quando le vedi scendere dalle montagne, forse perché la sensazione di aria intorno e la sensibilità nel manovrarla in equilibrio precario non deve essere molto diversa da quella che provavano quelli che volavano all'inizio del secolo scorso. E così ad aprile ho deciso che dovevo averne una. Non mi sono messo lì a pensare a cosa poteva servirmi, a cosa poteva essere troppo costoso o troppo elaborato per un principiante, se fosse troppo pesante o adatta per le salite, solo quello che mi piaceva: e così un sabato me ne sono tornato a casa con una Colnago Clx 3.0 nuova, nera e giallo fluo, gruppo 105, compact 12/25, ruote Shimano Wh-r501, un casco Rudy, un paio di scarpe Dmt e l'idea di capire cosa farci, con quest'opera d'arte. Una trentina di chilometri a settimana hanno iniziato a essere subito troppo pochi. E così è cominciata questa lenta progressione che è inesorabile e che a un certo punto deve essere descritta, perché non si può trattenere. All'inizio era spingersi un po' oltre e vedere questo tachimetro a cui ogni tanto davi un colpo perché sembrava rotto: quando mai prima avevi fatto 32, 35, 38 orari in pianura? Poi sono iniziati i km: 40, 55, 60 a uscita. Poi sono iniziate le salite: niente di che, Castelli Romani e zone limitrofe, ma fino a un po' di giorni prima quelle erano solo colline che nessuno aveva pensato di traforare per farci un tunnel e passarci attraverso. E poi di conseguenza: mi piace guardare i miei progressi su Endomondo ma non mi interessano le medie e i cardiofrequenzimetri, esco pedalo e quando scendo mi sembra di avere fatto la cosa migliore della mia vita. Penso di essere abbastanza fortunato perché non ho avuto dolori o problemi di posizionamento, e penso di essere abbastanza matto da sentirmi più al sicuro per strada, in mezzo alle macchine sul Lungotevere o sulla Colombo per Ostia, che sulle piste ciclabili. Mi fa impazzire il senso di libertà che mi mette addosso quando pedalo da solo in salita tra i castagni, e mi piace il senso di responsabilità di quando guido nel traffico e devo pensare per me e anche per chi guida una macchina e mi considera invisibile. Adoro uscire con gli amici e adoro altrettanto uscire da solo. Sto sulla bici e sono a casa mia. Adoro guardare le bici degli altri e adoro guardare la mia in salone, in mezzo alle chitarre, come adoro pulirla dopo ogni uscita. E' un rapporto fisico come solo una storia d'amore con un trabiccolo di 7 kg e due ruote sottili può essere, in un paese dove raramente le ruote sono meno di quattro. Ho iniziato a leggervi pochi giorni prima di scegliere la bici, ho scoperto che c'era una risposta a ogni domanda, sono entrato in un mondo che non conoscevo e io, che ero sempre stato una pippa scatenata nelle operazioni meccaniche e con le chiavi in mano, adesso posso regolare la distanza dei pattini con una brugola da 3 mm o registrare il cambio o stabilire la corsa delle leve freni. Ho fatto una visita biomeccanica da Juri che mi ha fatto capire l'importanza di avere le tacchette regolate in maniera impeccabile, di avere un manubrio adatto alle proprie spalle e mi ha aperto un secondo mondo. Ho comprato una Romin Pro e l'ho montata e messa in bolla e arretrata secondo le sue indicazioni. Ho fatto un'uscita di 70 km un mesetto fa e quando sono tornato ho sorriso per l'intero pomeriggio, ho deciso che avrei partecipato alla Granfondo di Roma di ottobre per sfidare me stesso ad arrivare fino in fondo sul percorso breve e sono due sabati che mi faccio i suoi 91 km e poi ho ancora energia per pedalarne un'altra decina. 70 km in bici non sembrano un mese fa, come un mese fa un'uscita di 100 km sembrava una follia. Ho scoperto anche che non ce la faccio, nella parte più dura di Rocca Priora, e domani in attesa di gambe migliori mi faccio montare un pacco pignoni più adatto, 12/28. Ho fatto molti sport e conosciuto vari tipi di fatiche, ma la bici è diversa da tutto. Un mio allenatore di basket, che in bici ci andava per davvero, mi disse 'a volte sei più efficace quando vai più lento'. Aveva ragione lui. Mi dà questa sensazione di ridimensionare le difficoltà più grandi, se sono capace di scendere e camminare dopo un centinaio di km fatti pedalando e sentire sempre meno dolore ai muscoli. E soprattutto c'è questa sensazione enorme, che non mi abbandona mai, specialmente quando sono in salita e guardo il panorama intorno: la sorpresa di scoprire dove ti hanno appena portato le tue gambe, e la consapevolezza di dove sta per portarti tra poco la tua forza di volontà.