Ma si, facciamola sta zingarata!
La prima volta che lamico Giovanni (Bartali) me lo aveva proposto, gli avevo risposto, senza mezzi termini, che era una follia.
Sciropparsi oltre 1800 km per effettuare una visita biomeccanica mi era parsa pura eresia.
Me lo ha chiesto altre volte, a cadenza quasi trimestrale.
Ma non mi aveva mai convinto.
Chissà perché, lultima volta invece, ci ho pensato un po su. Sarà stato per quei doloretti alla schiena che pativo superate le due ore in bici. Sarà stato per la curiosità che, prima o poi, inevitabilmente assale lappassionato ciclista.
Insomma, dopo lultima richiesta di Giovanni mi ero riscoperto pericolosamente possibilista
Alla fine ho acconsentito.
Quando ho informato della cosa mia moglie, le ho visto disegnarsi in viso un sorriso comprensivo e pietoso. Non cè stato nessun bisogno che parlasse; aveva già detto tutto.
Ho informato anche mia figlia la quale, appresa la notizia, mi ha candidamente chiesto: Ma papà, perché così lontano?.
Domanda disarmante alla quale non ero poi così certo di poter rispondere congruamente. Meglio glissare
Questa domanda me la son sentita rivolgere da lei altre volte; finanche la sera stessa della partenza, prima che la salutassi dopo averle rimboccato le coperte. Domanda alla quale ho farfugliato una improbabile accozzaglia di parole che, messe insieme, difficilmente avrebbero potuto essere assimilate ad una frase di senso compiuto.
Si è partiti a mezzanotte di venerdì.
Alle 9,00 di sabato eravamo a Pontedera, giusto mezzora prima dellappuntamento.
Lingegnere, preciso come un treno giapponese, alle ore 9,30 apre bottega.
Un breve e cordiale saluto, e subito passiamo allo scarico delle quattro bici ammonticchiate in macchina. Una specialissima ed un muletto a testa.
Nel laboratorio saltano subito allocchio i quattro monitor terminali di altrettante telecamere puntate nei distretti più strategici di un ciclista in azione.
La visita è stata molto scrupolosa. Dopo aver verificato che non sussistessero palesi problemi muscolo-scheletrici, le misure antropometriche sono state rilevate con precisione assoluta attraverso una estrapolazione delle stesse da una foto scattata e successivamente riportata a video.
Poi ha valutato la posizione in sella facendomi pedalare sulla mia bici, così come lavevo portata.
E mi ha subito fatto notare la assoluta inadeguatezza della mia postura indicandomi sul monitor, che nel frattempo immortalava live il mio gesto pedalatorio, leccessivo ondeggiamento della schiena. Ondeggiamento cui imputare lorigine dei miei disturbi.
Toscanaccio di un ingegnere, quando mi ha chiesto che disturbi avessi, mi ha sagacemente risposto che, se avvertivo dolori alla schiena superate le due ore in bici, la soluzione era semplice: bastava terminare di pedalare dopo unora e mezza
Semplice, efficace ed economico!
Successivamente, ha approntato con estrema precisione la bici-Ergometro posta di fianco; adattandola alle mie misure.
Confesso che la primissima impressione nel pedalare su di essa è stata quella di pedalare rannicchiato, basso.
Ma, se si è pedalato per tanto tempo male e con la sella troppo alta, credo che questo sia il minimo che potessi provare.
Man mano che continuavo a pedalare, invece, la sensazione era quella di gran compattezza e compostezza, oltre che rotondità della pedalata.
Daltronde, la esattezza della posizione era al più testimoniata da quella luminosa spada-laser rossa verticale che trafiggeva chirurgicamente la testa dellomero, il ginocchio e lavampiede.
Dal monitor era ben visibile come la mia schiena ora risultasse finalmente rettilinea e priva di ondeggiamenti durante il gesto pedalatorio.
Ci siamo.
Per ottenere questo risultato ha dovuto intervenire su più fronti: ha abbassato ed avanzato la sella, oltre che metterla correttamente in bolla (SMP); ha riposizionato, ruotandola, la curva manubrio; ricollocato i comandi in una più corretta angolazione. Mi ha prescritto curva FSA compact e pipa più lunga (da 110 a 120 mm). Il passo delle pedivelle da 175 a 172,5. Ha tolto tutti gli spessori allo sterzo abbassandolo di molto.
Insomma, una rivoluzione epocale dell'assetto.
Ovviamente, mi ha riposizionato le tacchette nella posiziona più consona. E mi ha soprattutto rinfrancato sulla adeguatezza della misura del telaio.
La visita è durata, tra una regolazione e laltra, un paio di ore; ed è stata spesso inframmezzata da visite estemporanee di altri ciclisti, cui lingegnere ha dedicato adeguato tempo ed attenzione.
Fanno visita al laboratorio con la stessa devozione con cui un musulmano andrebbe a visitare La Mecca
Tutti gli sciorinano i propri dubbi, le proprie incertezze, i propri problemi.
E lui li ascolta, rassicura e consiglia. E risolve.
Anche quando le richieste insistenti ed inopportune di alcuni, pur vedendolo concentrato nel dedicarsi a noi, avrebbero fatto perdere la pazienza anche ad un santo.
Lui no, armeggiava su di noi regolando, misurando, scrutando il monitor, soffermandosi sul gesto della nostra pedalata e nel frattempo, regalando consulenze estemporanee agli occasionali clienti di passaggio.
Alle ore 13,00 eravamo già sulla strada del ritorno.
Il viaggio a scendere è stato molto più faticoso.
Sfuggire a Morfeo è stata dura. Abbiam dovuto divorare tutto il divorabile commestibile che avevamo portato al seguito.
Molto più del nostro fabbisogno calorico giornaliero
E stata una vera sfacchinata.
Taranto-Pontedera e ritorno in meno di 24 ore.
Ma credo che ne sia valsa veramente la pena.
Al ritorno ho avuto gran piacere a rivedere mia moglie e mia figlia.
Finalmente di ritorno a casa.
Mia figlia, dopo essermi saltata addosso e abbracciato con quel calore schietto che solo i bambini sanno regalare, non dimentica mi ha ancora chiesto: Ma papà, ma perché sei andato così lontano?.
Che strano, questa volta non sono imbarazzato.
Ora so cosa dirle, ora conosco il perché.
Piccina mia, accoccolati sulle mie gambe, ho tante cose da raccontarti.
il "bertocco"
La prima volta che lamico Giovanni (Bartali) me lo aveva proposto, gli avevo risposto, senza mezzi termini, che era una follia.
Sciropparsi oltre 1800 km per effettuare una visita biomeccanica mi era parsa pura eresia.
Me lo ha chiesto altre volte, a cadenza quasi trimestrale.
Ma non mi aveva mai convinto.
Chissà perché, lultima volta invece, ci ho pensato un po su. Sarà stato per quei doloretti alla schiena che pativo superate le due ore in bici. Sarà stato per la curiosità che, prima o poi, inevitabilmente assale lappassionato ciclista.
Insomma, dopo lultima richiesta di Giovanni mi ero riscoperto pericolosamente possibilista
Alla fine ho acconsentito.
Quando ho informato della cosa mia moglie, le ho visto disegnarsi in viso un sorriso comprensivo e pietoso. Non cè stato nessun bisogno che parlasse; aveva già detto tutto.
Ho informato anche mia figlia la quale, appresa la notizia, mi ha candidamente chiesto: Ma papà, perché così lontano?.
Domanda disarmante alla quale non ero poi così certo di poter rispondere congruamente. Meglio glissare
Questa domanda me la son sentita rivolgere da lei altre volte; finanche la sera stessa della partenza, prima che la salutassi dopo averle rimboccato le coperte. Domanda alla quale ho farfugliato una improbabile accozzaglia di parole che, messe insieme, difficilmente avrebbero potuto essere assimilate ad una frase di senso compiuto.
Si è partiti a mezzanotte di venerdì.
Alle 9,00 di sabato eravamo a Pontedera, giusto mezzora prima dellappuntamento.
Lingegnere, preciso come un treno giapponese, alle ore 9,30 apre bottega.
Un breve e cordiale saluto, e subito passiamo allo scarico delle quattro bici ammonticchiate in macchina. Una specialissima ed un muletto a testa.
Nel laboratorio saltano subito allocchio i quattro monitor terminali di altrettante telecamere puntate nei distretti più strategici di un ciclista in azione.
La visita è stata molto scrupolosa. Dopo aver verificato che non sussistessero palesi problemi muscolo-scheletrici, le misure antropometriche sono state rilevate con precisione assoluta attraverso una estrapolazione delle stesse da una foto scattata e successivamente riportata a video.
Poi ha valutato la posizione in sella facendomi pedalare sulla mia bici, così come lavevo portata.
E mi ha subito fatto notare la assoluta inadeguatezza della mia postura indicandomi sul monitor, che nel frattempo immortalava live il mio gesto pedalatorio, leccessivo ondeggiamento della schiena. Ondeggiamento cui imputare lorigine dei miei disturbi.
Toscanaccio di un ingegnere, quando mi ha chiesto che disturbi avessi, mi ha sagacemente risposto che, se avvertivo dolori alla schiena superate le due ore in bici, la soluzione era semplice: bastava terminare di pedalare dopo unora e mezza
Semplice, efficace ed economico!
Successivamente, ha approntato con estrema precisione la bici-Ergometro posta di fianco; adattandola alle mie misure.
Confesso che la primissima impressione nel pedalare su di essa è stata quella di pedalare rannicchiato, basso.
Ma, se si è pedalato per tanto tempo male e con la sella troppo alta, credo che questo sia il minimo che potessi provare.
Man mano che continuavo a pedalare, invece, la sensazione era quella di gran compattezza e compostezza, oltre che rotondità della pedalata.
Daltronde, la esattezza della posizione era al più testimoniata da quella luminosa spada-laser rossa verticale che trafiggeva chirurgicamente la testa dellomero, il ginocchio e lavampiede.
Dal monitor era ben visibile come la mia schiena ora risultasse finalmente rettilinea e priva di ondeggiamenti durante il gesto pedalatorio.
Ci siamo.
Per ottenere questo risultato ha dovuto intervenire su più fronti: ha abbassato ed avanzato la sella, oltre che metterla correttamente in bolla (SMP); ha riposizionato, ruotandola, la curva manubrio; ricollocato i comandi in una più corretta angolazione. Mi ha prescritto curva FSA compact e pipa più lunga (da 110 a 120 mm). Il passo delle pedivelle da 175 a 172,5. Ha tolto tutti gli spessori allo sterzo abbassandolo di molto.
Insomma, una rivoluzione epocale dell'assetto.
Ovviamente, mi ha riposizionato le tacchette nella posiziona più consona. E mi ha soprattutto rinfrancato sulla adeguatezza della misura del telaio.
La visita è durata, tra una regolazione e laltra, un paio di ore; ed è stata spesso inframmezzata da visite estemporanee di altri ciclisti, cui lingegnere ha dedicato adeguato tempo ed attenzione.
Fanno visita al laboratorio con la stessa devozione con cui un musulmano andrebbe a visitare La Mecca
Tutti gli sciorinano i propri dubbi, le proprie incertezze, i propri problemi.
E lui li ascolta, rassicura e consiglia. E risolve.
Anche quando le richieste insistenti ed inopportune di alcuni, pur vedendolo concentrato nel dedicarsi a noi, avrebbero fatto perdere la pazienza anche ad un santo.
Lui no, armeggiava su di noi regolando, misurando, scrutando il monitor, soffermandosi sul gesto della nostra pedalata e nel frattempo, regalando consulenze estemporanee agli occasionali clienti di passaggio.
Alle ore 13,00 eravamo già sulla strada del ritorno.
Il viaggio a scendere è stato molto più faticoso.
Sfuggire a Morfeo è stata dura. Abbiam dovuto divorare tutto il divorabile commestibile che avevamo portato al seguito.
Molto più del nostro fabbisogno calorico giornaliero
E stata una vera sfacchinata.
Taranto-Pontedera e ritorno in meno di 24 ore.
Ma credo che ne sia valsa veramente la pena.
Al ritorno ho avuto gran piacere a rivedere mia moglie e mia figlia.
Finalmente di ritorno a casa.
Mia figlia, dopo essermi saltata addosso e abbracciato con quel calore schietto che solo i bambini sanno regalare, non dimentica mi ha ancora chiesto: Ma papà, ma perché sei andato così lontano?.
Che strano, questa volta non sono imbarazzato.
Ora so cosa dirle, ora conosco il perché.
Piccina mia, accoccolati sulle mie gambe, ho tante cose da raccontarti.
il "bertocco"