Vivere da "assente ingiustificato": ma ne vale la pena ?

Ale Ciava

Pedivella
27 Agosto 2014
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Roma
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Tarmac S-Works 2016
Quest'anno, per diversi motivi, ho pedalato pochissimo, anzi diciamo niente, passando da più di 10.000 km della scorsa stagione a meno di 1.000 dall'inizio di quest'anno ad oggi.
Rinunciare agli allenamenti in settimana, al lungo della domenica, etc. non è stato inizialmente semplice, ma col tempo mi ha consentito di comprendere appieno l'entità della mia "dipendenza" dalla bici e valutarla.
Prima di questo periodo non mi ero accorto di quanto eccessivamente mi fossi dedicato alla bici, sottraendo ore ed ore agli affetti, agli amici, al riposo, alle vacanze, etc.: in altre parole ero diventato un "assente ingiustificato" in nome della mia passione, evidentemente non più sana.

Questo mi ha portato a riflettere, in particolare se, per un ciclista "amatore", è ragionevole vivere la sua "passione" in questi termini. Mi sono risposto da uomo innamorato della mia famiglia e da ciclista incantato da questo sport, che no, non può essere vissuta così; perché così non è più passione ma egoismo e fanatismo.
"Staccare" mi ha consentito di dare il giusto peso alle cose, e riformulare la mia gerarchia dei valori. Così facendo la bici è ritornata ad occupare il posto corretto nella scala delle mie priorità, e di conseguenza, a farmi divertire, rilassare, in altre parole è tornata una passione genuina. Se una settimana non pedalo non muore nessuno, se domenica piove e non esco chissenefrega, se una settimana posso uscire tutti i giorni, ottimo! ...

Ma non è tutto.

Quello che ho potuto vedere in quest'ultimo periodo, inoltre, è quanto spesso sia grottescamente esasperato l'ambiente amatoriale (che avevo abbandonato già da un pò), quello delle granfondo per intenderci, dove addirittura molti - rincorrendo sogni di gloria da raccontare al bar dello sport - finiscono per assumere rischi totalmente fuori dagli schemi di queste "competizioni".
Competizioni che, almeno dalle mie parti, sono quanto di più scriteriato si possa vedere: strade ridotte come in scenari post bellici, pacchi gara miseri (a fronte di costi sproporzionati), incroci non presidiati, assistenza assente, rifornimenti in gara miseri, auto al seguito solo dei primi, auto di fine corsa che supera i partecipanti dopo pochi minuti dal via (con tanti saluti alla sicurezza di quasi tutto il gruppo), pasta party da campo profughi, etc., insomma cose trite e ritrite su questo forum.
Senza tacere dell'argomento doping e dei sospettati di doping, ormai quasi una costante a contorno di queste manifestazioni.

Lungi da me esprimere giudizi su chi vi prende parte - che sicuramente vi trova nutrimento e stimoli per la propria passione - ho, però, riflettuto anche su questo; ed ho maturato la decisione di non alimentare più, di mia tasca e con la mia presenza, tutte quelle manifestazioni (molte) tirate su esclusivamente per speculare sulla pelle di chi, come me, ama andare in bici.

In definitiva, scalare marcia, rallentare, ha consentito di assegnare alla bici il giusto collocamento nella mie giornate ed alimentare la mia passione come mai avrei immaginato.
 

bianco70

Scalatore
22 Agosto 2007
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Condivido in pieno quello che dici.
Ora che ho famiglia anch'io pedalo molto meno, purtroppo ho visto più di una persona prendere la bici o lo sport in maniera eccessiva e rovinare addirittura il matrimonio.
Come ho visto persone rovinarsi la salute a causa di sostanze o per cadute ed incidenti dovuti ad eccessiva foga in gara o spericolatezza in discesa.
 

Super Ciuk

Apprendista Cronoman
23 Ottobre 2012
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Tra il ring e la realtà
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a pedali
Gli eccessi fanno sempre male, ma 10.000 km annui non mi sembrano un eccesso, sono quelli che faccio + o - anche io, e gestendo un attività commerciale tanto tempo libero non ne ho, ma i lunghetti del sabato e domenica più una o due uscite brevi infrasettimanali mi sembrano la cosa ideale per divertirsi e mantenersi in forma, senza esagerare e togliere tempo alla famiglia.
 

maurocip

Scalatore
16 Luglio 2014
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Cervélo R3 Disk Di2 || Cannondale SuperX || Focus Raven Lite||
la tua esperienza è appunto la TUA.
Non conosco la tua età, né le tue capacità, né le tue modalità di allenamento, né la tua anima "agonistica".
E comunque parlare di 10.000 km annui quasi come se uno stesse sostanzialmente in pantofole mi pare eccessivo. E' un chilometraggio da amatore "classico", chi ne fa il doppio o il triplo viaggia a medie da professionista (senza averne le abilità).

Personalmente la mia storia è diversa, ho cominciato da over 50 quando già mia figlia era abbastanza grande da non sapere che farsene di un padre a casa con lei (mentre prima le ho dedicato tutto il mio tempo libero), quando il medico mi ha detto che fare attività fisica intensa avrebbe migliorato il mio sistema cardio-circolatorio, quando ho realizzato che pesare ormai quasi 84 kg per 178cm non era sano...

Attualmente viaggio sui 11.000-12.000 km annui ed obiettivamente mi sembra di dedicare alla bici molto, faccio qualche GF ma già sto valutando di "smettere", e comunque la mia testa è molto "orientata" alla bicicletta.
A volte penso di essere un po' esagerato, penso che fare i rulli d'inverno sia da esaltati, a volte penso che sono un cretino ad uscire con l'acqua.... Ma poi il ragionamento si inverte: la mia vita senza la bici sarebbe migliore o peggiore?

E quindi continuo a pedalare.
 

mabon12

Apprendista Cronoman
7 Aprile 2008
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Non sono mai abbastanza!
Io per motivi famigliari ho abbandonato le gare oltre 15 anni fa, ma mai penserei di mollare la bici e nemmeno ridimensionarla (sono sui 12.000 km annui). Lavoro tutto il giorno, ho mille pensieri e problemi (come tutti, del resto) e dovrei ridurre l'unica attività che mi regala solo ed esclusivamente gioie?
Ecchecazz, anche no!!!

Scusa Ale, eh, non ce l'ho con te ;-) mi sono un po' infervorato :mrgreen:
 

Ale Ciava

Pedivella
27 Agosto 2014
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Tarmac S-Works 2016
ho scritto più di 10.000 perché non ho un dato esatto... potrebbero essere 11.000, 11.500, 12.000, non so con esattezza, ma parliamo di questi numeri; in ogni caso, parliamo pur sempre di chilometraggi la cui realizzazione richiede molte ore, condensante soprattutto nei sabati e domeniche, oltre che, facendo i salti mortali, nel tempo dopo lavoro in settimana...
Ora, se ragionassimo su una media di percorrenza 25/26 km orari per il totale dei km, senza considerare il tempo per soste, trasferimenti in auto, messa punto della bici dal meccanico e tutto quello che più in generale ruota attorno alla bici, parliamo di circa 450/500 ore/anno ... se ci mettiamo tutto il resto andiamo anche a 550/600 ore...
A mio avviso non sono proprio poche, soprattutto se uno ha un lavoro e una famiglia... poi è chiaro che la percezione della questione dipende in larga parte dalla sensibilità di ciascuno di noi...
 

newbie

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24 Aprile 2014
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Compimenti a quelli che riescono a fare 10-12-15 mila km all'anno, sia per la voglia (di pedalare e di rinunciare ad altro) che per l'abilità a fare le altre cose che bisogna fare come il lavoro , tenere la casa , vivere con la compagna/o e figli se ci sono.
Per me uscire per tutta la mattina sabato e domenica è un lusso molto raro , trasferte per gf non è possibile, così come non mi è possibile dedicare un giorno intero alla bici.
Poi per qualcuno se per qualcuno fare 400-500 ore di bici all'anno è il minimo sindacale per stare in forma ...
 
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Cyboraf

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11 Giugno 2012
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Wilier SLR 0 su Ultegra Elettrico - Vetta Acciao su Campy
Quest'anno, per diversi motivi, ho pedalato pochissimo, anzi diciamo niente, passando da più di 10.000 km della scorsa stagione a meno di 1.000 dall'inizio di quest'anno ad oggi.
Rinunciare agli allenamenti in settimana, al lungo della domenica, etc. non è stato inizialmente semplice, ma col tempo mi ha consentito di comprendere appieno l'entità della mia "dipendenza" dalla bici e valutarla.
Prima di questo periodo non mi ero accorto di quanto eccessivamente mi fossi dedicato alla bici, sottraendo ore ed ore agli affetti, agli amici, al riposo, alle vacanze, etc.: in altre parole ero diventato un "assente ingiustificato" in nome della mia passione, evidentemente non più sana.

Questo mi ha portato a riflettere, in particolare se, per un ciclista "amatore", è ragionevole vivere la sua "passione" in questi termini. Mi sono risposto da uomo innamorato della mia famiglia e da ciclista incantato da questo sport, che no, non può essere vissuta così; perché così non è più passione ma egoismo e fanatismo.
"Staccare" mi ha consentito di dare il giusto peso alle cose, e riformulare la mia gerarchia dei valori. Così facendo la bici è ritornata ad occupare il posto corretto nella scala delle mie priorità, e di conseguenza, a farmi divertire, rilassare, in altre parole è tornata una passione genuina. Se una settimana non pedalo non muore nessuno, se domenica piove e non esco chissenefrega, se una settimana posso uscire tutti i giorni, ottimo! ...

Ma non è tutto.

Quello che ho potuto vedere in quest'ultimo periodo, inoltre, è quanto spesso sia grottescamente esasperato l'ambiente amatoriale (che avevo abbandonato già da un pò), quello delle granfondo per intenderci, dove addirittura molti - rincorrendo sogni di gloria da raccontare al bar dello sport - finiscono per assumere rischi totalmente fuori dagli schemi di queste "competizioni".
Competizioni che, almeno dalle mie parti, sono quanto di più scriteriato si possa vedere: strade ridotte come in scenari post bellici, pacchi gara miseri (a fronte di costi sproporzionati), incroci non presidiati, assistenza assente, rifornimenti in gara miseri, auto al seguito solo dei primi, auto di fine corsa che supera i partecipanti dopo pochi minuti dal via (con tanti saluti alla sicurezza di quasi tutto il gruppo), pasta party da campo profughi, etc., insomma cose trite e ritrite su questo forum.
Senza tacere dell'argomento doping e dei sospettati di doping, ormai quasi una costante a contorno di queste manifestazioni.

Lungi da me esprimere giudizi su chi vi prende parte - che sicuramente vi trova nutrimento e stimoli per la propria passione - ho, però, riflettuto anche su questo; ed ho maturato la decisione di non alimentare più, di mia tasca e con la mia presenza, tutte quelle manifestazioni (molte) tirate su esclusivamente per speculare sulla pelle di chi, come me, ama andare in bici.

In definitiva, scalare marcia, rallentare, ha consentito di assegnare alla bici il giusto collocamento nella mie giornate ed alimentare la mia passione come mai avrei immaginato.
:ola:o-o

Forse sei stato un po' eccessivo ma il concetto è chiaro e sostanzialmente corretto
Ti dirò io faccio dai 4 ai 5000 km annui: ho due bimbi piccoli, un lavoro, una famiglia..
capisco cosa intendi..
Se non esco alle volte mi sento male ma quando esco mi sento in colpa perché forse quei momenti potrei dedicarli a loro ( non che non gliene dedichi ma questi anni passeranno e loro diventeranno grandi) .. E comunque è pur vero che si ha bisogno di staccare..
Se poi si pensa che uscire in bici comporta un rischio medio alto...
E' una situazione difficile, certo non ci fosse famiglia sarebbe diverso .. bisogna comunque trovare un equilibrio.
 
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maurocip

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16 Luglio 2014
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Cervélo R3 Disk Di2 || Cannondale SuperX || Focus Raven Lite||
Se non esco alle volte mi sento male ma quando esco mi sento in colpa perché forse quei momenti potrei dedicarli a loro ( non che non gliene dedichi ma questi anni passeranno e loro diventeranno grandi)
io sono stato più fortunato, dato che quando mia figlia era piccola non "conoscevo" la bicicletta e non mi sono perso un attimo della sua infanzia. Ora invece che lei impiega il suo tempo autonomamente, nei pomeriggi quando esco dal lavoro posso andare in bici senza alcun rimorso (dato che mia moglie lavora fino all'ora di cena....)
 
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green dolphin

Scalatore
3 Gennaio 2008
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Quello che percepisco è che alla fine il cambiamento è stato prima mentale e poi la cosa ha avuto un effetto sul numero dei km, le ore dedicate alla bici, etc.

Credo che sia un processo che prima o poi tutti i ciclisti un po' fissati debbano fare: è come se un certo evento che arriva ci porti a staccare, e a quel punto quando stacchi relativizzi tutto, è come vedersi dal di fuori e ti chiedi se quello di prima, sempre a testa bassa ad incastrare e sacrificare tutto, fossi tu.
A quel punto riesci a vedere anche quanto ci siano dentro gli altri, per molti credo che si possa parlare di dipendenza.

Per qualcuno è un incidente, per altri un altro evento. Negli anni mi è capitato il primo caso ma non è stato sufficiente per capire. Poi negli ultimi anni due lutti ravvicinati mi hanno portato lontano da tutto, anche dalla bici. Quando ho ricominciato a vedere un po' di vita la bici era diversa. Appunto, ero io che all'idea della pioggia o di una domenica in casa dicevo chissenefrega. Non mi pesava più. Non era più il mio primo pensiero. E mi sentivo bene comunque. E più leggero.

Ora la bici c'era ancora per me. Forse in un anno farò 8000 km, forse meno, forse più, ma non ha più valore. L'unica cosa che conta ora è la libertà, e la bici, fatta come piace a me, è libertà vera. Ma ora ogni volta che decido di non andare mi sento altrettanto libero. È così che ho capito che prima ero schiavo, ma non della bici, quello era e rimane un oggetto. Ero schiavo di me stesso, e credevo di essere libero. Un'illusione insomma, ma la felicità non può passare da una illusione, prima o poi viene smascherata. Un grande sociologo dei nostri tempi è convinto infatti che il male comune di questa ricerca della felicità verso cui siamo proiettati come uomini moderni e che pare la cosa più importante di tutte, sia appunto nel cercarla per se stessi, come affermazione personale. Questo non solo genera egoismi, ma ci porta momenti di euforia, successi, etc. che scambiamo per la felicità, mentre sono solo episodi. Che puntualmente verranno bilanciati da momenti no e da insuccessi.
La vera felicità, dice, non siamo noi, sono gli altri. Gli altri, i nostri affetti, le persone con cui dividiamo la nostra esistenza, sono quelle per cui facciamo le nostre scelte, e che danno un senso a tutto. Anche all'andare in bici.
 
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Ale Ciava

Pedivella
27 Agosto 2014
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Quello che percepisco è che alla fine il cambiamento è stato prima mentale e poi la cosa ha avuto un effetto sul numero dei km, le ore dedicate alla bici, etc.

Credo che sia un processo che prima o poi tutti i ciclisti un po' fissati debbano fare: è come se un certo evento che arriva ci porti a staccare, e a quel punto quando stacchi relativizzi tutto, è come vedersi dal di fuori e ti chiedi se quello di prima, sempre a testa bassa ad incastrare e sacrificare tutto, fossi tu.
A quel punto riesci a vedere anche quanto ci siano dentro gli altri, per molti credo che si possa parlare di dipendenza.

Per qualcuno è un incidente, per altri un altro evento. Negli anni mi è capitato il primo caso ma non è stato sufficiente per capire. Poi negli ultimi anni due lutti ravvicinati mi hanno portato lontano da tutto, anche dalla bici. Quando ho ricominciato a vedere un po' di vita la bici era diversa. Appunto, ero io che all'idea della pioggia o di una domenica in casa dicevo chissenefrega. Non mi pesava più. Non era più il mio primo pensiero. E mi sentivo bene comunque. E più leggero.

Ora la bici c'era ancora per me. Forse in un anno farò 8000 km, forse meno, forse più, ma non ha più valore. L'unica cosa che conta ora è la libertà, e la bici, fatta come piace a me, è libertà vera. Ma ora ogni volta che decido di non andare mi sento altrettanto libero. È così che ho capito che prima ero schiavo, ma non della bici, quello era e rimane un oggetto. Ero schiavo di me stesso, e credevo di essere libero. Un'illusione insomma.

Bellissime parole, hai centrato esattamente il punto, esprimendolo anche meglio.
La conclusione del tuo pensiero l'ho riletta più volte, e la condivido appieno: infatti, si sente spessissimo dire che la bici dona libertà da gente che non realizza minimamente quanto la propria vita sia ingessata dalla modo in cui vive questa passione.
 

bianco70

Scalatore
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[QUOTE=" si sente spessissimo dire che la bici dona libertà da gente che non realizza minimamente quanto la propria vita sia ingessata dalla modo in cui vive questa passione.[/QUOTE]

Purtroppo penso che questa gente non faccia nemmeno un pensiero del genere, anzi spesso li senti criticare altri perchè non si allenano abbastanza, perchè non vanno da un preparatore, perchè non stanno attenti con l'alimentazione....
Il fanatismo, in tutte le sue forme, porta a non avere rispetto degli altri e considerare giusto solo il proprio sentire.
 

green dolphin

Scalatore
3 Gennaio 2008
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Bellissime parole, hai centrato esattamente il punto, esprimendolo anche meglio.
La conclusione del tuo pensiero l'ho riletta più volte, e la condivido appieno: infatti, si sente spessissimo dire che la bici dona libertà da gente che non realizza minimamente quanto la propria vita sia ingessata dalla modo in cui vive questa passione.

Sono riuscito a centrare il punto perché mi sono riconosciuto nel tuo racconto. Come immaginavo non ero il solo ad aver provato queste sensazioni e fatto le tue stesse riflessioni. Mi ritengo fortunato ad esserci arrivato, e penso, con molta modestia, che se non ci fossero stati gli eventi che hanno scatenato tutto, forse sarei ancora lì a pedalare a testa bassa. Anzi, senza senso.

È questo che deve spaventarci. E farci stare in guardia. Sai quanti ne ho visti fare il botto, famiglie sfasciate, divorzi, e altro per arrivare, per dire, a prendere la griglia rossa alla 9 colli. Persone tra l'altro poco interessanti, perché parlano solo di quello, anche quando non sono in bici.

Bisogna avere il coraggio di chiedersi: ma voglio essere così? Bisogna prima di tutto essere onesti con se stessi. E per onesti intendo anche duri, critici. Io non credo più a quelli che mi dicono che loro hanno tutto sotto controllo, che per loro è passione, agonismo, e quando li incontri fuori non fanno altro che parlare di aminoacidi e altre amenità, quelli che fanno tutti i giorni lo stesso percorso, tutti i giorni in gruppo a far la gara a chi arriva primo anche al semaforo: qualcuno è arrivato anche alle mani, per primeggiare. Tra amici, che assurdità! Questo non è agonismo, è un'altra cosa. E porta molto lontano dalla libertà, che già ne abbiamo poca, per mille motivi, ma con la bici almeno la assapori. E non è la semplice libertà di stare all'aria aperta e pedalare, quella parte è il trampolino per arrivarci. Poi se ti va bene mentre sei lì che fatichi, arriva quel momento, quella rivelazione, che dura un attimo ma è come se ti slegassi da ogni cosa. Ecco, mi ricordo quando in febbraio, con la neve mi sono avventurato in bici da corsa fin dove la neve era ovunque, anche per strada, quasi a quota 1000 mt. Con un po' di equilibrismo salgo e cerco di tenere le ruote incollate a terra, ma già penso alla discesa e sono un po' preoccupato. Sennonché ad un certo punto ruota a terra: ho bucato. A volte basta veramente poco a spezzare uno stato mentale e farne arrivare un altro. E mentre sono lì, chino sulla ruota a terra, che cerco di sostituire la camera e non assiderarmi le mani, mi fermo un attimo e decido di alzare lo sguardo e vedo tutte le colline bianche intorno a me, e con tutto quel bianco non si vede nemmeno dove prosegue la strada. E sono felice, mi sento libero, perché in quel posto sperduto ci sono solo io. Ed in quel momento è l'unico posto dove vorrei essere.
 

Ale Ciava

Pedivella
27 Agosto 2014
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È questo che deve spaventarci. E farci stare in guardia. Sai quanti ne ho visti fare il botto, famiglie sfasciate, divorzi, e altro per arrivare, per dire, a prendere la griglia rossa alla 9 colli. Persone tra l'altro poco interessanti, perché parlano solo di quello, anche quando non sono in bici.

Bisogna avere il coraggio di chiedersi: ma voglio essere così? Bisogna prima di tutto essere onesti con se stessi. E per onesti intendo anche duri, critici. Io non credo più a quelli che mi dicono che loro hanno tutto sotto controllo, che per loro è passione, agonismo, e quando li incontri fuori non fanno altro che parlare di aminoacidi e altre amenità, quelli che fanno tutti i giorni lo stesso percorso, tutti i giorni in gruppo a far la gara a chi arriva primo anche al semaforo: qualcuno è arrivato anche alle mani, per primeggiare. Tra amici, che assurdità! Questo non è agonismo, è un'altra cosa. E porta molto lontano dalla libertà, che già ne abbiamo poca, per mille motivi, ma con la bici almeno la assapori.

Quanta verità...
 

Marietto64

Apprendista Velocista
14 Dicembre 2010
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ROSE CDX 8810 etap HRD
Mi riconosco anche io nella tua storia, che è quella di tanti di noi. Pedalatore da diecimila km, padre di famiglia, una passione che a volte traboccava. Io ho avuto la fortuna di poter lavorare meno per occuparmi delle mie figlie. Io ho sempre tenuto accesa la fiammella della passione anche agonistica, mi piace impegnarmi in allenamenti strutturati, mi piace sentire il mio corpo che risponde, mi piace fare lunghi percorsi e gare senza soffrire troppo. Il mio compromesso, è dividere in due l'anno, per 6-7 mesi mi alleno e gareggio, per gli altri faccio come te, salvando in questo modo - come si dice - capra e cavoli...

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Shinkansen

Xeneize
20 Giugno 2006
14.393
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Colnago 50 Anniversary
Quest'anno, per diversi motivi, ho pedalato pochissimo, anzi diciamo niente, passando da più di 10.000 km della scorsa stagione a meno di 1.000 dall'inizio di quest'anno ad oggi.
Rinunciare agli allenamenti in settimana, al lungo della domenica, etc. non è stato inizialmente semplice, ma col tempo mi ha consentito di comprendere appieno l'entità della mia "dipendenza" dalla bici e valutarla.
Prima di questo periodo non mi ero accorto di quanto eccessivamente mi fossi dedicato alla bici, sottraendo ore ed ore agli affetti, agli amici, al riposo, alle vacanze, etc.: in altre parole ero diventato un "assente ingiustificato" in nome della mia passione, evidentemente non più sana.

Questo mi ha portato a riflettere, in particolare se, per un ciclista "amatore", è ragionevole vivere la sua "passione" in questi termini. Mi sono risposto da uomo innamorato della mia famiglia e da ciclista incantato da questo sport, che no, non può essere vissuta così; perché così non è più passione ma egoismo e fanatismo.
"Staccare" mi ha consentito di dare il giusto peso alle cose, e riformulare la mia gerarchia dei valori. Così facendo la bici è ritornata ad occupare il posto corretto nella scala delle mie priorità, e di conseguenza, a farmi divertire, rilassare, in altre parole è tornata una passione genuina. Se una settimana non pedalo non muore nessuno, se domenica piove e non esco chissenefrega, se una settimana posso uscire tutti i giorni, ottimo! ...

Ma non è tutto.

Quello che ho potuto vedere in quest'ultimo periodo, inoltre, è quanto spesso sia grottescamente esasperato l'ambiente amatoriale (che avevo abbandonato già da un pò), quello delle granfondo per intenderci, dove addirittura molti - rincorrendo sogni di gloria da raccontare al bar dello sport - finiscono per assumere rischi totalmente fuori dagli schemi di queste "competizioni".
Competizioni che, almeno dalle mie parti, sono quanto di più scriteriato si possa vedere: strade ridotte come in scenari post bellici, pacchi gara miseri (a fronte di costi sproporzionati), incroci non presidiati, assistenza assente, rifornimenti in gara miseri, auto al seguito solo dei primi, auto di fine corsa che supera i partecipanti dopo pochi minuti dal via (con tanti saluti alla sicurezza di quasi tutto il gruppo), pasta party da campo profughi, etc., insomma cose trite e ritrite su questo forum.
Senza tacere dell'argomento doping e dei sospettati di doping, ormai quasi una costante a contorno di queste manifestazioni.

Lungi da me esprimere giudizi su chi vi prende parte - che sicuramente vi trova nutrimento e stimoli per la propria passione - ho, però, riflettuto anche su questo; ed ho maturato la decisione di non alimentare più, di mia tasca e con la mia presenza, tutte quelle manifestazioni (molte) tirate su esclusivamente per speculare sulla pelle di chi, come me, ama andare in bici.

In definitiva, scalare marcia, rallentare, ha consentito di assegnare alla bici il giusto collocamento nella mie giornate ed alimentare la mia passione come mai avrei immaginato.

Condivido la prima parte, un po' meno la seconda.
Non si è mai assenti ingiustificati. Lo ripeto fino allo sfinimento: si fa quel che si può e quel che si vuole. E lo dice uno che da due anni (e un pezzo) non è più un amatore. Mai stato un fenomeno, ma mi è sempre piaciuto uscire con criterio, facendo qualità. Mi divertivo. Ero uno da 10 mila chilometri l'anno (anche se non li ho mai raggiunti, il massimo è stato 9.980. Avrò sempre questo rimpianto :-)xxxx)
Mi divertivo soprattutto a inventare percorsi per il fine settimana e a proporli agli amici. L'interruzione è stata forzata, non mi è piaciuta e pensavo di riprendere da dove mi ero fermato. Non sarà più così. Amen.
Per il momento la bici non l'ho abbandonata, continuo a fare giri brevi, purtroppo sempre quelli, e finché ne ho voglia continuo. Ogni tanto esco in gruppo e faccio quello che posso. Devo essere sincero, tranne una volta, il mese scorso dove i miei amici hanno fatto un giro che a me piace molto e mi hanno mandato la foto, mi è dispiaciuto di questa nuova fase, per il resto l'ho accettata di buon grado. Tanto, non gareggiavo e l'ho sempre presa con leggerezza, se non era giornata o facevo un'uscita di scarico o cambiavo percorso. Per me il divertimento veniva prima di tutto. Tanto è vero che non ho mai avuto la nausea per la troppa attività.
L'unica cosa che mi dispiace è non sfogarmi. Talvolta capitava di avere le balle di traverso, uscivo, mi strinavo per bene e tornavo rilassato. Ora non posso più farlo e se ho le balle di traverso me le devo tenere e farmele passare in qualche modo. Un amico mi ha consigliato una bionda, ma l'articolo latita.
Buone pedalate a tutti, comunque le facciate. L'importante è che siate voi a dominare la bici e non il contrario.
 

ernia

Apprendista Cronoman
28 Settembre 2005
3.525
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Io ho risolto sposando una triatleta, più tollerante verso le assenze da allenamento.
Poi di solito per i lunghi in bici cerco di partire all'alba per avere le gambe sotto la tavola per pranzo e molti km li faccio facendo casa lavoro e risparmiando sul tempo perso in macchina.
Nella mia "carriera" di triatleta mi sono disgustato due volte per il troppo carico, mi ero posto obiettivi troppo ambiziosi probabilmente.
Ad ora non mi fanno il certificato agonistico e faccio quasi solo bici senza sensi di colpa se non posso o non voglio andare.

@Shinkansen
qualsiasi cosa ti sia successa mi dispiace e spero che tu possa tornare a gustare la bici come ti piaceva