Le leggende narrano che in antichità i ciclisti popolavano a migliaia le strade del bellunese. Poi, con la deriva dei continenti e l'orogenesi, si sono formate le colline e le montagne: troppa salita per questi ciclisti, che hanno cominciato ad estinguersi a causa anche degli inverni rigidi e delle primavere piovose... molti poi sono emigrati verso la pianura padana.
Con l'avvento di nuove tecnologie le montagne sono diventate più ospitali anche per i ciclisti meno allenati che hanno ricominciato a pedalare in queste zone.
Per evitare un'invasione di biciclettari le varie amministrazioni locali sono ricorse ai ripari: oltre a smettere di asfaltare le strade lasciandole devastate e piene di buche, hanno cominciato a finanziare fantomatiche ciclabili con continue e pericolose intersezioni, brusche interruzioni, svolte cieche, attraversamenti su statali ad alta velocità, fondo sporco di ghiaino o invaso dalle erbacce.
Oggi infatti è difficile incontrare ciclisti a Belluno: i pochi avvistamenti si hanno nei pressi dei bar e osterie, dove il ciclista compie la cosiddetta "sosta
caffè" o "sosta ombretta". Inoltre è facile confonderli con i ciclisti trevisani che a volte (a causa della nebbia o dell'eccessiva afa della pianura) si spingono per errore troppo a nord, oltrepassando i confini, mentre sui passi dolomitici le statistiche dicono che è più probabile incrociare un giapponese o un americano rispetto ad un ciclista autoctono.
Belluno non è di certo un paese di ciclisti...