Giusto per chiudere sull'argomento... Ad Hamilton si contesta di non essere credibile, dunque il giudizio su Armstrong dovrebbe prescindere da quanto egli afferma.
Eppure è una dinamica ben nota al mondo dello sport.
Vi sottopongo questi passi, tratti da treccani.it (sulla cui autorevolezza...):
"Il siepista finlandese Mikko Ala Leppilampi rivelò di essere stato sottoposto a emotrasfusione prima dei Giochi di Monaco 1972. In Finlandia l'emotrasfusione era pratica diffusa fra i fondisti. Le quattro medaglie d'oro olimpiche di Lasse Viren, unite all'assenza di risultati tra Monaco e Montreal, furono presto al centro di illazioni e sospetti. La replica di Viren fu fantasiosa: disse che traeva forza da un regime a base di 'latte di renna'. Ma un altro fondista finlandese, Kaarlo Maaninka, rivelò di essere ricorso alle trasfusioni per le due medaglie di Mosca 1980. I successi di un'intera generazione - Juha Vaatainen, Viren, Pekka Vasala e Maaninka - furono messi in discussione".
Ed ancora:
"La nazione più coinvolta nel doping di Stato fu la Germania Est, che a partire dal 1968 diede inizio a un programma statale di somministrazione di prodotti dopanti, poi proseguito fino alla riunificazione (1989). Il piano era finanziato e controllato dal governo (Erich Honecker), coordinato dalla Federazione tedesca di ginnastica (Manfred Ewald) e dall'Istituto di ricerca sulla cultura e lo sport di Lipsia, e si basava sugli ormoni anabolizzanti, chiamati unterstuetzende Mitteln, "mezzi di sostegno". Per evitare verdetti di positività, prima delle grandi manifestazioni internazionali, Olimpiadi e Mondiali, venivano effettuati controlli pre-gara, che si svolgevano nel laboratorio di Kreischa, accreditato dal CIO. Così, nel periodo 1968-89 arrivarono 192 vittorie olimpiche e 519 medaglie: 30 nel 1968, 80 nel 1972, 109 nel 1976, 149 nel 1980, 24 nel 1984, 127 nel 1988. In 22 anni di doping ai Giochi Olimpici la Germania Est non registrò nemmeno un caso di positività. Al di fuori delle Olimpiadi solo due atleti, la lanciatrice di peso Ilona Slupianek (1977) e l'inseguitore Norbert Duerpisch (1978), risultarono positivi.
Il 'modello Germania Est' destava ammirazione nel mondo: una piccola nazione, così formidabile, così avanti nella scienza sportiva! In realtà era all'avanguardia solo l'organizzazione del doping senza alcuno scrupolo. Il programma coinvolgeva centinaia di dirigenti, medici, allenatori e molte migliaia di atleti. Per anni l'omertà fu totale, eppure c'erano segnali allarmanti: a Monaco 1972 parteciparono nuotatrici con la barba e la voce da basso.
La legge del silenzio fu rotta il 26 febbraio 1977 da Brigitte Berendonk, ex-discobola, docente dell'università di Heidelberg, con un'intervista al quotidiano Süddeutsche Zeitung. La Berendonk, spalleggiata dal marito, il biologo molecolare Werner Franke, denunciò il doping di Stato. Parecchi anni dopo un allenatore, Michael Regner, e tre atleti fuggiti all'Ovest - le nuotatrici Renate Vogel, primatista mondiale di rana, e Kristiane Knacke, prima donna a scendere sotto il minuto sui 100 m delfino, e l'olimpionico del salto con gli sci Georg Aschenbach - confermarono la gravità del fenomeno. Aschenbach, che era medico, dopo la sua fuga all'Ovest nel 1988, descrisse puntualmente prodotti e posologie: si autoaccusò dichiarando di aver assunto nandrolone, e fece i nomi di molti campioni.
Dopo la caduta del Muro (1989) le menzogne furono del tutto smascherate. La campionessa Heike Drechsler, in un ultimo tentativo di coprire lo scandalo, accusò di mendacia Brigitte Berendonk, che aveva descritto il suo doping indicando le dosi giornaliere, ma fu condannata per spergiuro dal tribunale di Heidelberg".
Come dire: seppur con inevitabili distinguo, la storia si ripete? Il doping - di Stato o di gruppo - è sempre esistito. Poi la storia, appunto, ha rimesso quasi sempre le cose al loro posto. Spesso attraverso confessioni che non per il sol fatto di esser "postume" devono essere considerate inattendibili. Anzi.
Infine, condivido con voi questi ulteriori - agghiaccianti - fatti:
"Durante gli stessi Giochi di Los Angeles Francesco Conconi, medico e personaggio di spicco nel mondo dello sport, usò un metodo più 'sicuro', l'autoemotrasfusione, inventata dallo svedese Bjorn Ekblom nel 1971. Reiniettava a fondisti, pentathleti, ciclisti e nuotatori il sangue che aveva loro prelevato quattro settimane prima. Mentre Alberto Cova, Daniele Masala e il quartetto della cronosquadre vinsero l'oro olimpico, il flop dei nuotatori costò il posto al commissario tecnico Bubi Dennerlein.
Conconi aveva cominciato a sperimentare l'emotrasfusione sugli atleti nel 1979 all'Università di Ferrara. Ma non trascurò steroidi anabolizzanti, testosterone e, poi, eritropoietina, avendo subito successo. I suoi pupilli - Cova, Maurilio De Zolt, Francesco Moser, Maurizio Damilano, Masala, Andrei - furono protagonisti di grandi vittorie. La pratica dell'emotrasfusione divenne, alla vigilia delle Olimpiadi di Los Angeles, una condizione imprescindibile per poter essere competitivi. Conconi diventò il riferimento dello sport di élite, preso come referente anche dalle strutture istituzionali, CONI e Federazioni di atletica, sci, ciclismo, pentathlon moderno, nuoto, canoa. Ricevette oltre tre miliardi di lire di finanziamenti e gli furono affidati molteplici incarichi, talvolta in contrasto l'uno con l'altro: fu dirigente, medico e controllore, presidente del CONI di Ferrara dal 1979, membro delle Commissioni medica del CIO, del CONI e dell'UCI (Unione ciclistica internazionale), rettore dell'Università di Ferrara.
Prometteva 1,2″ di vantaggio ogni 100 m ai nuotatori, in atletica valutò in 3-5″ sui 1500 m, 15-20″ sui 5000 m, 30-40″ sui 10.000 m il miglioramento legato all'emotrasfusione. Alterò, in seno alle squadre nazionali, i valori. Il caso di Stefano Mei, eliminato dai 5000 m per i Giochi di Los Angeles da tre fondisti siciliani emotrasfusi, è in tal senso illuminante. Il 29 ottobre 1998, però, i NAS sequestrarono alcuni file nel suo Centro di studi biomedici applicati allo sport dell'Università di Ferrara, che mostravano variazioni di ematocrito preoccupanti. Tre ciclisti - Guido Bontempi, Claudio Chiappucci e Piotr Ugrumov - avevano un valore superiore al 60%. I fondisti che avevano vinto 8 delle 9 medaglie di Lillehammer risultarono anomali: 55,5% Manuela Di Centa, 56,5% Silvio Fauner, 54,2% De Zolt, 53,7% Giorgio Vanzetta, 57%,5 Marco Albarello. Tra i ciclisti presentavano valori a rischio Marco Pantani 58,0%, Ivan Gotti 57,0%, Bjarne Riis 56,3%, Maurizio Fondriest 54,6 %, Stephen Roche 54,2%, Eugeni Berzin 53,9%, Gianni Bugno 52%. Paradossalmente, mentre nel suo centro si somministrava l'eritropoietina, Conconi aveva ricevuto dal CIO l'incarico di mettere a punto il test per l'individuazione di tale sostanza. La sentenza del processo che ne seguì, depositata il 16 febbraio 2004, assolse per prescrizione del reato Conconi e i suoi collaboratori Giovanni Grazzi e Ilario Casoni, ma denunciò che avevano "per alcuni anni e con assoluta continuità fiancheggiato gli atleti elencati nella loro assunzione di eritropoietina, sostenendoli e di fatto incoraggiandoli nell'assunzione stessa con la loro tranquillizzante e garante rete di controlli dello stato di salute, di esami, di analisi, di test tesi a valutare e ottimizzare gli esiti dell'assunzione in vista dei risultati sportivi": un doping scientifico. Il magistrato provò che Casoni alterava i valori dell'ematocrito nelle cartelle dei fondisti, che passava al medico federale Claudio Locatelli, "per nascondere i valori più alti, sintomatici di un trattamento con EPO" e che Grazzi nel 1993 somministrava direttamente EPO a Chiappucci, Roche, Guido Bontempi, Rolf Sorensen e Mario Chiesa. Ferrara era dunque una centrale del doping".
Credo che ci sia da riscrivere la storia dello sport italiano degli ultimi 40 anni