Il giorno dopo averlo ricevuto, come era già mia intenzione, ho portato il telaio a Monteroni di Lecce, nella bottega di Carlo Carlà. Il maestro, come al solito, era impegnato in una conversazione con una coppia di giovani ciclisti ragionando intorno ai disegni di un nuovo progetto: una forcella in acciaio con testa a doppia piastra in inox, tagliata con il laser.
Il prototipo era al centro, Lui si addentrava nella descrizione di particolari tecnici e Loro ascoltavano affascinati.
E’ sempre così: Carlo ha la capacità di prenderti per mano e tradurre in un linguaggio semplice dettagli complessi. Una cultura vasta che mette costantemente alla prova nel suo laboratorio. Tu lo ascolti e Lui ti sorprende.
Ma questa volta sono stato io a sorprenderlo.
Appena entrato, l’ho salutato in modo caloroso e gli ho messo tra le braccia il telaio di Daniel:
“dimmi cosa ne pensi maestro Carlo…è acciaio inox Columbus…anche le congiunzioni in inox…”
Si è azzittito…ha iniziato a far ruotare il telaio, ha tolto gli occhiali e ha aguzzato la vista…
ha scrutato le congiunzioni, i forcellini, il profilo…poi ha fatto scorrere le dita sulla superficie dei tubi, gli angoli, i punti di saldatura.
Le sue mani lo hanno esaminato lentamente e, mentre guardava me, si concentrava sulle sensazioni che il contatto col telaio gli restituiva. Sensazioni che confrontava con tutte quelle maturate in lunghi decenni di esperienza. Quindi gli occhi sono ritornati su quell’oggetto che ormai aveva monopolizzato la sua attenzione e spento la sua loquacità.
Alla fine: “chiunque abbia realizzato questo telaio lavora in modo eccellente…si intuisce una precisione di lavoro, un’attenzione ai particolari, una cura nella progettazione, una tecnica di saldatura raffinatissima. Nessuna sbavatura. Credo che sia impossibile, oggi, raggiungere tali livelli e impensabile superare risultati come questo.”
Era emozionato, come solo un esperto telaista, umile e consapevole delle difficoltà del suo lavoro, riesce ad emozionarsi di fronte ad un telaio di cui apprezza la realizzazione e il risultato finale.
Ed è rimasto in attesa che gli raccontassi la storia di quel telaio…e così ho fatto.
Poi ho preso il telefono, ho chiamato Daniel e gli ho presentato Carlo Carlà.
La conversazione è stata cordiale, semplice, ma carica di emozione.
Per Daniel certamente ma soprattutto per Carlo, perché il suo cruccio maggiore in questi anni era l’idea che tanta tradizione ed esperienza telaistica costruita sull’acciaio si perdesse nel tempo, soverchiata dall’uso di nuovi materiali. Il suo pensiero è sempre stato rivolto ai più giovani, il suo desiderio.. “..vorrei insegnare e lasciare a qualcuno quello che so fare..”.
I contenuti della telefonata ve li racconterà Daniel se vorrà.
Io posso solo testimoniare la soddisfazione e l’entusiasmo di un “ragazzino” di 84 anni che riesce ancora ad appassionarsi al suo lavoro e a rimanere stupito di fronte al lavoro degli altri.
Alla fine, tenendo il telaio tra le mani, mi ha detto “..di fronte a lavori come questo, non chiamatemi maestro, sono solo vecchio..”
Un momento di nostalgia e forse tristezza…ma è stato solo un attimo, perché subito dopo mi ha portato a vedere un manubrio progettato e interamente realizzato da lui montato su una bici classica modelo R con freni a bacchetta…e poi le congiunzioni…e la soluzione della forcella e poi ancora…
Io lo ascoltavo ammirato, provando un affetto indescrivibile per un uomo che è riuscito a dare forma ai suoi sogni attraverso il suo lavoro.