Io appartengo a quella minoranza che ritiene il Corona solo una brutta influenza, ancora senza vaccino, e con altissima capacità di contagio (solo per questo pericolosissima). Per cui non mi preoccupo più di tanto; rispetterò le indicazioni di profilassi di rito, ovvio. Ma siccome non penso di rientrare tra le categorie di immunodepressi cronici o temporanei, malati gravi o soggetti patologicamente predisposti, che corrono rischio di morte in caso di contagio, vivo serenamente anche queste ore.
Ciò detto, per rispondere a chi mi ha tirato in questo circo di discussione, maledetto @samuelgol, prima ancora che valutare la volontarietà o meno della diffusione degli agenti patogeni da parte del paziente zero, andrebbe verificata l'esistenza degli altri elementi costitutivi oggettivi del reato di epidemia (438 c.p.) ossia: la rapidità della diffusione, la diffusibilità ad un numero indeterminato e notevole di persone, l'ampia estensione territoriale della diffusione del male. Su questi requisiti si potrebbe discutere lungamente perché, contrariamente a quel che si potrebbe pensare leggendoli velocemente, non è detto che ricorrano nella storia e nella condotta del paziente zero, ammesso che sia scientificamente dimostrabile (e anche qui ho un po' di riserve) che il contagio sia partito proprio da lui..;
Dopodiché si dovrebbe valutare l'atteggiamento psicologico dell' "untore". Lo ha fatto di proposito? O per semplice trascuratezza, ossia per "cazzonaggine" (in termini tecnici) ?
Nel primo caso, se il tizio si fosse rappresentato correttamente la diffusione pandemica del virus a causa della sua condotta attiva (ma a quanto pare questo manco sapeva di essere infetto fino all'ultimo ricovero...), beh, allora potrebbe parlarsi coscienza e volontà del fatto, e quindi di dolo, e dunque potrebbe essere scomodato l'art. 438 (e sempre a patto che, come premesso, possano sussistere tutti gli altri elementi materiali del reato.... ed ho qualche dubbio..)
Nel secondo caso, si dovrebbe parlare di "colpa" (non lo ha fatto apposta, ma è ugualmente rimproverabile per essere stato negligente, trascurato, "leggero" insomma) ma anche in questo caso potrebbero esserci dei problemi ad affermarne la punibilità, perché il reato di "epidemia colposa" (438/452 c.p.) non può essere commesso in modo omissivo (ossia rimproverando a taluno un'omissione, ossia di non aver fatto ciò che viceversa doveva fare): il concetto di "diffusione", implicando un comportamento attivo a forma vincolata, è infatti incompatibile con la natura dell'omissione.
In realtà l'unica fattispecie configurabile potrebbe essere quella di lesioni personali colpose, ma solo ove si riuscisse a dimostrare la sua consapevolezza d'esser infetto in un momento precedente rispetto ai successivi comportamenti "disinvolti" .
Ciò detto, per rispondere a chi mi ha tirato in questo circo di discussione, maledetto @samuelgol, prima ancora che valutare la volontarietà o meno della diffusione degli agenti patogeni da parte del paziente zero, andrebbe verificata l'esistenza degli altri elementi costitutivi oggettivi del reato di epidemia (438 c.p.) ossia: la rapidità della diffusione, la diffusibilità ad un numero indeterminato e notevole di persone, l'ampia estensione territoriale della diffusione del male. Su questi requisiti si potrebbe discutere lungamente perché, contrariamente a quel che si potrebbe pensare leggendoli velocemente, non è detto che ricorrano nella storia e nella condotta del paziente zero, ammesso che sia scientificamente dimostrabile (e anche qui ho un po' di riserve) che il contagio sia partito proprio da lui..;
Dopodiché si dovrebbe valutare l'atteggiamento psicologico dell' "untore". Lo ha fatto di proposito? O per semplice trascuratezza, ossia per "cazzonaggine" (in termini tecnici) ?
Nel primo caso, se il tizio si fosse rappresentato correttamente la diffusione pandemica del virus a causa della sua condotta attiva (ma a quanto pare questo manco sapeva di essere infetto fino all'ultimo ricovero...), beh, allora potrebbe parlarsi coscienza e volontà del fatto, e quindi di dolo, e dunque potrebbe essere scomodato l'art. 438 (e sempre a patto che, come premesso, possano sussistere tutti gli altri elementi materiali del reato.... ed ho qualche dubbio..)
Nel secondo caso, si dovrebbe parlare di "colpa" (non lo ha fatto apposta, ma è ugualmente rimproverabile per essere stato negligente, trascurato, "leggero" insomma) ma anche in questo caso potrebbero esserci dei problemi ad affermarne la punibilità, perché il reato di "epidemia colposa" (438/452 c.p.) non può essere commesso in modo omissivo (ossia rimproverando a taluno un'omissione, ossia di non aver fatto ciò che viceversa doveva fare): il concetto di "diffusione", implicando un comportamento attivo a forma vincolata, è infatti incompatibile con la natura dell'omissione.
In realtà l'unica fattispecie configurabile potrebbe essere quella di lesioni personali colpose, ma solo ove si riuscisse a dimostrare la sua consapevolezza d'esser infetto in un momento precedente rispetto ai successivi comportamenti "disinvolti" .