In primo luogo una preghiera per il defunto e condoglianze per parenti e amici.
Non commento l'episodio specifico, di cui non conosco nemmeno i dettagli, anche perchè non sarebbe questa la sede.
Dico semplicemente che le gare ciclistiche in circuito sono un'attività rischiosa, dato che per farle occorre andare sempre al limite e basta un nulla per cadere (io le evito per questo motivo, dedicandomi solo a gare in salita o a cronometro). Dato che nella maggior parte dei casi si svolgono su strade circondate da ostacoli di ogni tipo, il rischio di impatto accidentale con essi è elevato: un corpo umano che vi sbatte contro ad una velocità elevata, con angolazione casuale e scaricando tutta l'energia su una parte del corpo, facilmente subisce danni. Come in ogni incidente, l'entità del danno è legata al caso: cadute apparentemente banali possono avere conseguenze gravi, altre apparentemente spaventose lasciare illesi. Anch'io provai questa "regola" sulla mia pelle, o meglio sulle mie ossa. Mi capitò di compiere voli spaventosi e, una volta a terra, con i soccorritori pronti al peggio, rialzarmi senza conseguenze dopo essermi accertato di essere a posto, mentre quando banalmente scivolai in curva mentre andavo al lavoro, e feci per rialzarmi convinto di essermi solo graffiato, mi trovai con il femore rotto e la vita cambiata. Per non parlare di una mia zia, che aveva girato il mondo con tutti i mezzi possibili (esclusa la bicicletta, che mi esortava a non usare) ed il mese scorso morì per i postumi una banale caduta in casa mentre stava facendo pulizie.
Dunque: anche la migliore organizzazione può limitare i rischi di un'attività, ma mai annullarli. La dietrologia non serve; se si riscontrano palesi negligenze spetta alle Autorità intervenire.