Discorso molto intrigante e interessante... non lo risolveremo noi, neanche questa volta...
Naturalistico, aderenza all'originale. Ogni foto, con l'esclusione (forse) di un soggetto statico in luce artificiale visto con un occhio solo, non appartiene in alcun modo all'esperienza diretta. Quale occhio ha mai visto un falco bloccato in volo? Quale occhio ha visto un edificio senza che il movimento del sole ne modificasse istante dopo istante le ombre e quindi la percezione tridimensionale?
La percezione visiva è dinamica e tridimensionale, come non è la fotografia, statica e bidimensionale.
Oppure. Prendiamo il reportage. Un istante bloccato può essere letto in modi antagonisti, solo a immaginare in modo antagonista il prima e il dopo. I morti nell'ambasciata USA a Saigon, per esempio, rappresentavano un successo americano o vietcong? L'analisi storica spiegò che sostanzialmente e militarmente fu il primo caso, ma la percezione 'aumentata' finì per trasformarla in una vittoria vietcong, per altro effettiva, proprio in virtù della percezione.
Ritorno al punto del post precedente. Io non mi ritengo un 'fotografo', per cui non sono interessato a una sorta di etica dell'immagine fotografica. Ho usato la fotocamera ai tempi del 135 perché mi dava più controllo dell'aerografo e dell'acquerello che allora usavo. Sono passato al digitale immediatamente quando è stato reso disponibile, perché ne ho intuito un grande aumento di controllabilità dell'immagine finale, che è cresciuta a dismisura con il progresso sia di hardware che di software. Per immagini che tengo per me, che non mi interessa condividere (quelle di ieri erano funzionali al discorso). Ho in corso,in questi giorni, un epistolario complesso con un caro amico architetto che sta scrivendo un saggio sulla fotografia (immagine, hardware e software) ma che affronta aspetti filosofici, neurologici e artistici. Un grande tema, estremamente stimolante