Se funziona così siamo messi male...
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Un viaggio allucinante, pieno di intoppi, soste inspiegabili, protocolli ignorati o bypassati, anonimato mandato a farsi benedire. Un percorso che la dice lunga sullattendibilità dellintera operazione e che, più in generale, mette in crisi la credibilità dei laboratori antidoping accreditati dalla Wada, del resto recentemente al centro di clamorose sospensioni (Pechino, Mosca, Madrid, Rio). A seguire la scia di quelle famigerate provette dellazzurro Alex Schwazer che hanno rivelato ad un primo controllo una positività lievissima a metaboliti del testosterone esogeni, cè da farsi cadere le braccia. Altro che catena di custodia che garantirebbe segretezza e controlli antidoping assolutamente anonimi. Altro che cura, attenzione e tempestività dazione che ci si aspetterebbe per la delicatezza di un meccanismo, da cui, non dimentichiamolo, dipende la vita non solo sportiva dellatleta. A leggere il dossier che accompagna lintera vicenda si trova una serie di anomalie da rabbrividire, che rischia di cancellare definitivamente quel poco di fiducia che un sistema autoreferente (siamo sempre nel campo dello sport che controlla se stesso
) cerca disperatamente di garantirsi attraverso protocolli spesso astrusi e complicatissimi. La consegna delle provette prelevate a Racines è celere: arrivano alla portineria del laboratorio di Colonia alle 10,20 del 2 gennaio 2015, il giorno dopo il prelievo. Le ritira il signor Kretchmer, presumibilmente il portiere. Ma vengono messe in frigo solo nel pomeriggio, alle 15,10. Il giorno 4 gennaio il campione viene registrato, fatto decantare e rimesso in frigo a -15°. Dal documento accompagnatore non risultano altri test fatti al di là del ph e della densità. Nessuna ricerca di nessuna sostanza. Nel Form accompagnatore è specificata la disciplina: maschio che gareggia su lunghe distanze, superiori ai 3 chilometri. Nel Chain of Custody Form del test del 1° gennaio è specificato: località di provenienza, Racines. E questo è lelemento che inficia ogni pretesa di anonimato. Quanti atleti di resistenza che fanno gare sopra i 3 chilometri possono mai esserci a Racines? Sullanonimato si basa la credibilità e laffidabilità dei laboratori, spesso costretti per problemi di denaro a parcellizzare il lavoro anche a service esterni la cui efficienza e accuratezza non è spesso allaltezza del laboratorio centrale. Non sappiamo se questo sia accaduto anche per Colonia, ma sarebbe interessante sapere quante persone sono venute a conoscere la provenienza del campione facilmente abbinabile a Schwazer.
Nel documento compaiono cifre e test di cui non si precisa il momento preciso dellesecuzione. Per conseguenza non si capisce bene il momento in cui sono stati rotti i sigilli della bottiglietta (Berlinger) che contiene lurina. Un fatto è certo: dal 5 gennaio non è registrata alcuna attività analitica sul campione. Ovvero nessun accertamento di nessun tipo. E ci si domanda allora quale anomalia almeno fino al 14 aprile quando sarà fatto il famigerato test sul carbonio 12-13 che ha portato alla positività- possa mai aver determinato la necessità del test approfondito eseguito ad aprile.
Chi ha parlato di anomalie riscontrate nelle urine precedenti il test dell8 maggio, dopo la gara di Coppa del mondo, racconta una balla, dunque. Lo stesso documento non riporta a differenza di altri test di altri atleti alcun riferimento al motivo dellapprofondimento per le urine di Schwazer. Dopo uno screening preliminare il 26 aprile il laboratorio inizia lanalisi di conferma su tutti gli steroidi. Servono campioni di confronto per lanalisi strumentale. Il 29 tutto è pronto, ma lanalisi comincia più tardi il 9 maggio. Si concluderà il 13 successivo, quando il direttore del laboratorio Schanzer comunica alla IAAF e al responsabile Capdeville gli esiti del test. A questo punto la provenienza, Racines, pure presente nel Chain of Custody Form, scompare. La provenienza del campione è adesso località sconosciuta. Insomma un altro punto di nebbia assoluta.
Il test è comunque positivo per la presenza di due metaboliti del testosterone che avrebbero origine esogena. Ma ecco comparire altri valori: lindicazione del profilo degli steroidi androgeni dellatleta: rapporto testosterone 3,46; concentrazione del testosterone a 64,7ng/mL (nanogrammi per millilitro) e quella dellepitestosterone a 18,7 ng/mL. Cè anche un metabolita delletanolo (20microgrammi/mL). Dove, come e quando siano stati ricavati questi valori non è scritto in alcuna parte del documento. Il campione secondo la catena di custodia non si sarebbe mai mosso la Colonia il il test IRMS non misura questi valori. E allora cosa è successo? Oltretutto, secondi gli esperti, non sarebbero valori che indicherebbero la necessità di test più approfonditi. Insomma sono andati a scavare senza motivo, senza un allarme preciso, con buona pace di regole, regolamenti e prassi. Come se dietro ci fosse un disegno.
Conclusione: i regolamenti sportivi prevedono che latleta sia responsabile di tutto ciò che viene individuato nei suoi campioni. E le regole vanno rispettate. Però perché si applichi un principio così severo che prevede addirittura linversione della prova (è latleta che deve dimostrare la sua innocenza e non chi accusa: unaberrazione giuridica) occorre che tutto prima del fatidico esito finale del test sia quanto meno irreprensibile. Se crolla un baluardo come lanonimato, come aver fiducia che tutto il resto sia stato fatto nel pieno rispetto dei protocolli? Nel lungo viaggio delle provette di Schwazer cè questo e molto altro ancora.