E noto come da un livello di partenza medio o addirittura basso, lincremento prestazionale avvenga in maniera imponente anche in brevi lassi di tempo e/o con minimi incrementi nel carico allenante. Quando poi ci si avvicina al proprio potenziale (genetico, talento, predisposizione, background sportivo, stile di vita
) le possibilità di crescita sono spesso più limitate, se prima con un carico strutturato si poteva incrementare del 20% un proprio riferimento oggettivo (es potenza), ora può avvenire che a parità di volume ed intensità lincremento non raggiunga un misero (ma pur sempre importante) 3-4%.
Oggi voglio esporre il caso di un atleta già di elevato livello atletico, in accordo con linteressato terrò anonima la sua identità solo per pudore e non voler sbandierare in modo (troppo) ostentato ciò che ha raggiunto.
Latleta M^2, così mi va di chiamarlo, è un atleta giovane che pur giungendo da una buona stagione non è soddisfatto pienamente dei propri risultati (anche se già di primo...quantificando da prima pagina delle GF); egli sa che il suo potenziale è probabilmente superiore ma percepisce alcune lacune. Come ogni atleta mi contatta via email, inizialmente con alcune titubanze, dettate, presumo, da una non perfetta sintonia o esperienza positiva con chi mi ha preceduto; non è compito mio sentenziare e dare pareri soggettivi in tal senso, il mio compito è avere un profilo dellatleta oggettivo e nel possibile privo di condizionamenti imparziali su ciò che è stato o è stato fatto.
Oggettivamente quindi, M^2 era abituato a volumi notevoli di carico settimanale, poca qualità di carico e soprattutto gli veniva spesso indicato quanto NON fare e non cosa fare: non andare oltre soglia, non non . Lo schema settimanale di carico era spesso il medesimo e ripetitivo, la classica tabella nel senso più dispregiativo del termine; è psicologicamente poco appetibile un programma in cui PER MESI sai per certo in partenza che, per esempio, il giovedì farai il carico X (spesso neppure modificato nel progredire della stagione).
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Oggi voglio esporre il caso di un atleta già di elevato livello atletico, in accordo con linteressato terrò anonima la sua identità solo per pudore e non voler sbandierare in modo (troppo) ostentato ciò che ha raggiunto.
Latleta M^2, così mi va di chiamarlo, è un atleta giovane che pur giungendo da una buona stagione non è soddisfatto pienamente dei propri risultati (anche se già di primo...quantificando da prima pagina delle GF); egli sa che il suo potenziale è probabilmente superiore ma percepisce alcune lacune. Come ogni atleta mi contatta via email, inizialmente con alcune titubanze, dettate, presumo, da una non perfetta sintonia o esperienza positiva con chi mi ha preceduto; non è compito mio sentenziare e dare pareri soggettivi in tal senso, il mio compito è avere un profilo dellatleta oggettivo e nel possibile privo di condizionamenti imparziali su ciò che è stato o è stato fatto.
Oggettivamente quindi, M^2 era abituato a volumi notevoli di carico settimanale, poca qualità di carico e soprattutto gli veniva spesso indicato quanto NON fare e non cosa fare: non andare oltre soglia, non non . Lo schema settimanale di carico era spesso il medesimo e ripetitivo, la classica tabella nel senso più dispregiativo del termine; è psicologicamente poco appetibile un programma in cui PER MESI sai per certo in partenza che, per esempio, il giovedì farai il carico X (spesso neppure modificato nel progredire della stagione).
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