da: https://www.cyclinside.it/web/dieci-miti-da-sfatare-sui-freni-a-disco-per-bicicletta-da-corsa/
DIECI MITI DA SFATARE SUI FRENI A DISCO PER BICICLETTA DA CORSA
A parlare di freni a disco sembra di voler fare polemica. L’abbiamo avuta più volte questa sensazione nelle chiacchiere tra appassionati e tecnici, ma anche nel confronto con alcuni lettori che prendono come una provocazione ogni articolo pubblicato su biciclette dotate di questo sistema.
Premesso che non c’è ovviamente volontà di costringere nessuno a cambiare bicicletta, è altrettanto vero che non si possono ignorare le proposte di innovazione che vengono lanciate sul mercato.
Però alcune cose vale la pena metterle in chiaro.
Ecco qui i dieci punti su cui normalmente si fissano le critiche ai freni a disco e le risposte motivate.
1. NON SERVONO
Questo è l’appunto classico: se si frenava prima (riuscendo a bloccare la ruota) a cosa serve potenza in più?
Risposta: Non è solo più potente la frenata, è molto modulabile (come con i freni tradizionali) ma, soprattutto, è costante. Quando si allunga appena una frenata il surriscaldamento dei pattini fa deteriorare immediatamente la potenza di frenata. Il ciclista compensa, istintivamente, facendo più forza sul comando freno. Ecco, questa operazione che si fa istintivamente, col freno a disco non avviene. E automaticamente ci si adatta ritardando la frenata. La sicurezza è maggiore, ma anche la prestazione migliora.
2. PESANO DI PIÙ
Appunto legittimo ma bisogna fare bene i conti. Il telaio, è vero, deve essere irrobustito nei punti dove si fissano le pinze freno e occorre anche tenere conto dell’appoggio asimmetrico di queste. Tutto fattibile e con qualsiasi materiale (c’erano dubbi?) ma è vero che il telaio si appesantisce? In parte sì, ma si risparmia pure peso dall’archetto freno posteriore (è vero: lo stesso accade con il freno direct mount sotto alla scatola del movimento centrale) ma anche con le parti meccaniche. A conti fatti molte biciclette non pesano poi tanto di più delle altre (diversi modelli immessi sul mercato di recente dimostrano proprio questo se paragonati con pari livello con freni tradizionali). In ogni caso si può compensare con componenti ad hoc.
Poi ci sarebbe sempre il discorso sui limiti UCI, per cui le biciclette moderne sono fin troppo leggere e spesso i professionisti sono costretti ad appesantirle. Tanto meno influisce un freno a disco.
Con i freni a disco, inoltre, i cerchi si possono alleggerire perché non c’è più la necessità della pista frenante che deve essere irrobustita, protetta dal surriscaldamento e così via. Questo si traduce in un risparmio di peso nella zona periferica della ruota, quella che incide di più nella dinamica della bicicletta. Anche se il peso delle ruote non ne guadagna (considerando l’appesantimento del disco sul mozzo) è vantaggioso lo spostamento del peso verso il centro della ruota.
3. MANUTENZIONE COMPLICATA
Diversa, non complicata. Lo spurgo di un freno a disco richiede qualche attenzione in più (guai a far entrare in contatto il liquido con i dischi, ad esempio), ma si può fare più velocemente rispetto alla sostituzione di un cavo meccanico. È solo questione di pratica ovviamente e di utilizzare gli strumenti giusti. Ma anche per la sostituzione di un cavo occorre avere le chiavi apposite. Anzi, un circuito idraulico ha un’affidabilità e una costanza di funzionamento migliore rispetto al corrispettivo meccanico.
4. DURATA DELLE PASTIGLIE
Durano di più dei normali pattini freno e costano meno se si fa il raffronto con pattini dedicati a cerchi in fibra di carbonio. In caso di pioggia e fango questi tendono a deteriorarsi e a rovinare il cerchio con conseguente spesa notevole a carico del ciclista. Nessuno problema, invece, per i sistemi a disco.
5. CAMBIO RUOTE LENTO
Se guardiamo un cambio ruote fatto nella montain bike, dove i meccanici sono abituati all’utilizzo dei freni a disco, vediamo che i tempi totali non cambiano. Parlando con un meccanico esperto di entrambe le discipline (qui l’articolo) si era quantificato un tempo di trenta secondi per il cambio ruote a disco. Poi, a microfoni spenti ci ha confessato: “abbiamo fatto delle prove: siamo arrivati attorno ai 15”. Insomma, è solo questione di allenarsi ad un’operazione evidentemente diversa, ma perfettamente fattibile.
Per il futuro probabilmente ci saranno anche altre novità: più di qualcuno sta studiando soluzioni evolute che permetteranno di lasciare il sistema frenante fissato al telaio (così come la ruota libera e il pacco pignoni) senza modificare gli standard dei telai. Ma anche allo stato attuale la cosa è fattibilissima.
6. PERICOLOSITÀ: TAGLIANO
Ok, sono studi di parte, ma le aziende hanno smontato una per una le situazioni che lo scorso anno erano state portate per dimostrare la pericolosità dei freni a disco (ne avevamo parlato qui). Di recente c’è stato un episodio di una ferita evidente di una ciclocrossista statunitense. L’impatto col disco c’è stato così come la conseguente ferita. D’altra parte le biciclette non sono mai state dei cuscini morbidi su cui cadere. Sono fatte di spigoli e parti taglienti. Chi si lamenterebbe di una moltiplica tagliente? E di danni provocati dalla moltiplica se ne sono già visti. Il freno a disco è certamente una parte in più, ma gli ultimi interventi che hanno imposto di arrotondarne gli spigoli sono risultati molto efficaci. Tagliarsi è davvero difficile (si possono trovare online filmati di prove di chi ha frenato a mano una ruota toccando il disco dalla parte più tagliente.
7. PERICOLOSITÀ: SI ARROVENTANO
Un cambio ruote dopo una discesa metterebbe a serio rischio l’incolumità del meccanico al contatto con un rotore rovente. Vero in parta. Ma occorre fare alcune precisazioni. Tanto per cominciare si tratta di una situazione quasi al limite, tanto più che i corridori sono abituati a frenare a piccoli tocchi sui freni, proprio per non farli surriscaldare. Poi occorre prendere in considerazione anche la rapidità di raffreddamento del disco. Nel secondi in cui il corridore scende dalla bici e si procede allo smontaggio della ruota la temperatura scende tantissimo e scottarsi è davvero difficile. Abbiamo seguito personalmente dei test di surriscaldamento di un disco in discesa e il decadimento della temperatura era così rapido da renderne difficile una misurazione reale.
8. PERICOLOSITÀ: FRENATA NON UNIFORME IN GRUPPO
Utilizzare in gruppo freni a disco e freni tradizionali sarebbe pericoloso. A parte che affermare questo significa già, evidentemente, smentire le critiche del punto 1 va detto che chi corre ha già una capacità di guida della bicicletta molto elevata e sa regolarsi nella frenata. Qualche situazione di pericolo in più si potrebbe creare, ma al momento non sono risultate né sono state riportate situazioni critiche nelle gare in cui i freni a disco sono stati utilizzati (e non certo in maniera uniforme da tutti i corridori).
9. RUMOROSITÀ
Sì, un disco si può deformare, toccare le pastiglie… ma nei modelli moderni questo è piuttosto difficile e non ci sarà certo da immaginare operazioni acrobatiche in corsa a sistemare la posizione delle pinze. Inoltre i sistemi moderni flottanti evitano situazioni del genere. D’altra parte quando è nata l’idea di portare i freni a disco sulla bicicletta da corsa uno dei punti su cui si è lavorato è stato proprio questo: devono essere silenziosi sempre, anche dopo lungo utilizzo.
10. È SOLO MARKETING
È “anche” marketing. Certamente una nuova tecnologia serve alle aziende per fare innovazione e quindi vendere il prodotto creando aspettative e desiderio da parte del consumatore. È sempre stato così e lo sarà ancora come è giusto che sia. Ma è anche – e ci piace pensare soprattutto – evoluzione tecnologica.
La stessa che ha portato ai pedali a sgancio rapido, ai gruppi elettronici (che no, non hanno sostituito quelli meccanici come si temeva), così come a suo tempo portò all’alluminio e poi alla fibra di carbonio per i telai. E pensate che si disse la stessa cosa, sul marketing, per ognuna di queste innovazioni. Tornereste oggi a una bicicletta in acciaio, con i puntapiedi e i comandi al telaio? Davvero pensate che tutto quello che ha trasformato quella bici in acciaio, con cambio a 5 velocità, puntapiedi e comandi al telaio sia stato tutto marketing?
Che poi lo abbiamo visto. Le aziende spingono sì sui freni a disco come novità tecnologiche, ma hanno pure in catalogo biciclette con freni tradizionali (quindi non c’è da temere in svalutazioni repentine acquistando oggi una bicicletta con freni tradizionali), perché sanno bene che il mercato è anche lì e non vogliono costringere nessuno. Nemmeno i professionisti. Altrimenti l’avrebbero già fatto. I mezzi li avrebbero pure tutto sommato.
DIECI MITI DA SFATARE SUI FRENI A DISCO PER BICICLETTA DA CORSA
A parlare di freni a disco sembra di voler fare polemica. L’abbiamo avuta più volte questa sensazione nelle chiacchiere tra appassionati e tecnici, ma anche nel confronto con alcuni lettori che prendono come una provocazione ogni articolo pubblicato su biciclette dotate di questo sistema.
Premesso che non c’è ovviamente volontà di costringere nessuno a cambiare bicicletta, è altrettanto vero che non si possono ignorare le proposte di innovazione che vengono lanciate sul mercato.
Però alcune cose vale la pena metterle in chiaro.
Ecco qui i dieci punti su cui normalmente si fissano le critiche ai freni a disco e le risposte motivate.
1. NON SERVONO
Questo è l’appunto classico: se si frenava prima (riuscendo a bloccare la ruota) a cosa serve potenza in più?
Risposta: Non è solo più potente la frenata, è molto modulabile (come con i freni tradizionali) ma, soprattutto, è costante. Quando si allunga appena una frenata il surriscaldamento dei pattini fa deteriorare immediatamente la potenza di frenata. Il ciclista compensa, istintivamente, facendo più forza sul comando freno. Ecco, questa operazione che si fa istintivamente, col freno a disco non avviene. E automaticamente ci si adatta ritardando la frenata. La sicurezza è maggiore, ma anche la prestazione migliora.
2. PESANO DI PIÙ
Appunto legittimo ma bisogna fare bene i conti. Il telaio, è vero, deve essere irrobustito nei punti dove si fissano le pinze freno e occorre anche tenere conto dell’appoggio asimmetrico di queste. Tutto fattibile e con qualsiasi materiale (c’erano dubbi?) ma è vero che il telaio si appesantisce? In parte sì, ma si risparmia pure peso dall’archetto freno posteriore (è vero: lo stesso accade con il freno direct mount sotto alla scatola del movimento centrale) ma anche con le parti meccaniche. A conti fatti molte biciclette non pesano poi tanto di più delle altre (diversi modelli immessi sul mercato di recente dimostrano proprio questo se paragonati con pari livello con freni tradizionali). In ogni caso si può compensare con componenti ad hoc.
Poi ci sarebbe sempre il discorso sui limiti UCI, per cui le biciclette moderne sono fin troppo leggere e spesso i professionisti sono costretti ad appesantirle. Tanto meno influisce un freno a disco.
Con i freni a disco, inoltre, i cerchi si possono alleggerire perché non c’è più la necessità della pista frenante che deve essere irrobustita, protetta dal surriscaldamento e così via. Questo si traduce in un risparmio di peso nella zona periferica della ruota, quella che incide di più nella dinamica della bicicletta. Anche se il peso delle ruote non ne guadagna (considerando l’appesantimento del disco sul mozzo) è vantaggioso lo spostamento del peso verso il centro della ruota.
3. MANUTENZIONE COMPLICATA
Diversa, non complicata. Lo spurgo di un freno a disco richiede qualche attenzione in più (guai a far entrare in contatto il liquido con i dischi, ad esempio), ma si può fare più velocemente rispetto alla sostituzione di un cavo meccanico. È solo questione di pratica ovviamente e di utilizzare gli strumenti giusti. Ma anche per la sostituzione di un cavo occorre avere le chiavi apposite. Anzi, un circuito idraulico ha un’affidabilità e una costanza di funzionamento migliore rispetto al corrispettivo meccanico.
4. DURATA DELLE PASTIGLIE
Durano di più dei normali pattini freno e costano meno se si fa il raffronto con pattini dedicati a cerchi in fibra di carbonio. In caso di pioggia e fango questi tendono a deteriorarsi e a rovinare il cerchio con conseguente spesa notevole a carico del ciclista. Nessuno problema, invece, per i sistemi a disco.
5. CAMBIO RUOTE LENTO
Se guardiamo un cambio ruote fatto nella montain bike, dove i meccanici sono abituati all’utilizzo dei freni a disco, vediamo che i tempi totali non cambiano. Parlando con un meccanico esperto di entrambe le discipline (qui l’articolo) si era quantificato un tempo di trenta secondi per il cambio ruote a disco. Poi, a microfoni spenti ci ha confessato: “abbiamo fatto delle prove: siamo arrivati attorno ai 15”. Insomma, è solo questione di allenarsi ad un’operazione evidentemente diversa, ma perfettamente fattibile.
Per il futuro probabilmente ci saranno anche altre novità: più di qualcuno sta studiando soluzioni evolute che permetteranno di lasciare il sistema frenante fissato al telaio (così come la ruota libera e il pacco pignoni) senza modificare gli standard dei telai. Ma anche allo stato attuale la cosa è fattibilissima.
6. PERICOLOSITÀ: TAGLIANO
Ok, sono studi di parte, ma le aziende hanno smontato una per una le situazioni che lo scorso anno erano state portate per dimostrare la pericolosità dei freni a disco (ne avevamo parlato qui). Di recente c’è stato un episodio di una ferita evidente di una ciclocrossista statunitense. L’impatto col disco c’è stato così come la conseguente ferita. D’altra parte le biciclette non sono mai state dei cuscini morbidi su cui cadere. Sono fatte di spigoli e parti taglienti. Chi si lamenterebbe di una moltiplica tagliente? E di danni provocati dalla moltiplica se ne sono già visti. Il freno a disco è certamente una parte in più, ma gli ultimi interventi che hanno imposto di arrotondarne gli spigoli sono risultati molto efficaci. Tagliarsi è davvero difficile (si possono trovare online filmati di prove di chi ha frenato a mano una ruota toccando il disco dalla parte più tagliente.
7. PERICOLOSITÀ: SI ARROVENTANO
Un cambio ruote dopo una discesa metterebbe a serio rischio l’incolumità del meccanico al contatto con un rotore rovente. Vero in parta. Ma occorre fare alcune precisazioni. Tanto per cominciare si tratta di una situazione quasi al limite, tanto più che i corridori sono abituati a frenare a piccoli tocchi sui freni, proprio per non farli surriscaldare. Poi occorre prendere in considerazione anche la rapidità di raffreddamento del disco. Nel secondi in cui il corridore scende dalla bici e si procede allo smontaggio della ruota la temperatura scende tantissimo e scottarsi è davvero difficile. Abbiamo seguito personalmente dei test di surriscaldamento di un disco in discesa e il decadimento della temperatura era così rapido da renderne difficile una misurazione reale.
8. PERICOLOSITÀ: FRENATA NON UNIFORME IN GRUPPO
Utilizzare in gruppo freni a disco e freni tradizionali sarebbe pericoloso. A parte che affermare questo significa già, evidentemente, smentire le critiche del punto 1 va detto che chi corre ha già una capacità di guida della bicicletta molto elevata e sa regolarsi nella frenata. Qualche situazione di pericolo in più si potrebbe creare, ma al momento non sono risultate né sono state riportate situazioni critiche nelle gare in cui i freni a disco sono stati utilizzati (e non certo in maniera uniforme da tutti i corridori).
9. RUMOROSITÀ
Sì, un disco si può deformare, toccare le pastiglie… ma nei modelli moderni questo è piuttosto difficile e non ci sarà certo da immaginare operazioni acrobatiche in corsa a sistemare la posizione delle pinze. Inoltre i sistemi moderni flottanti evitano situazioni del genere. D’altra parte quando è nata l’idea di portare i freni a disco sulla bicicletta da corsa uno dei punti su cui si è lavorato è stato proprio questo: devono essere silenziosi sempre, anche dopo lungo utilizzo.
10. È SOLO MARKETING
È “anche” marketing. Certamente una nuova tecnologia serve alle aziende per fare innovazione e quindi vendere il prodotto creando aspettative e desiderio da parte del consumatore. È sempre stato così e lo sarà ancora come è giusto che sia. Ma è anche – e ci piace pensare soprattutto – evoluzione tecnologica.
La stessa che ha portato ai pedali a sgancio rapido, ai gruppi elettronici (che no, non hanno sostituito quelli meccanici come si temeva), così come a suo tempo portò all’alluminio e poi alla fibra di carbonio per i telai. E pensate che si disse la stessa cosa, sul marketing, per ognuna di queste innovazioni. Tornereste oggi a una bicicletta in acciaio, con i puntapiedi e i comandi al telaio? Davvero pensate che tutto quello che ha trasformato quella bici in acciaio, con cambio a 5 velocità, puntapiedi e comandi al telaio sia stato tutto marketing?
Che poi lo abbiamo visto. Le aziende spingono sì sui freni a disco come novità tecnologiche, ma hanno pure in catalogo biciclette con freni tradizionali (quindi non c’è da temere in svalutazioni repentine acquistando oggi una bicicletta con freni tradizionali), perché sanno bene che il mercato è anche lì e non vogliono costringere nessuno. Nemmeno i professionisti. Altrimenti l’avrebbero già fatto. I mezzi li avrebbero pure tutto sommato.