Discussioni su bici made in Taiwan e massimi sistemi

Ser pecora

Diretur
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16 Aprile 2004
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E' difficile parlare di queste questioni senza tirare in ballo in ultima analisi questioni e convinzioni politiche. Per le questioni economiche sono d'accordo con Stef. Anche se ormai la grande maggioranza dell'industria ciclistica italiana produce o importa dall'oriente. Atr è una realtà di nicchia per prodotti di altissima gamma (e prezzo) che percentualmente non è rilevante sul totale.
Quello che mi pare sia fonte di confusione è questo mettere nello stesso calderone "i paesi asiatici". Taiwan non è la Cina nè il Pakistan. Questi paesi sono ben diversi tra di loro e forse andrebbero conosciuti un po' meglio priam di presupporre che in Italia ci siano delle condizioni tecnologiche migliori che a Taiwan per es. Idem per regolamentazioni e leggi. La realtà cinese è ben diversa da quella di Taiwan per es.
In ultima analisi credo che sia vero che in Italia esistano delle realtà tecnologicamente e qualitativamente all'avanguardia, ma sono realtà elitarie. E questo non implica cmq che in altri paesi non siano capaci fare altrettanto.

Taiwan:
 

Darius

Scalatore
18 Ottobre 2005
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Colnago V1-r
Ser pecora ha scritto:
Quello che mi pare sia fonte di confusione è questo mettere nello stesso calderone "i paesi asiatici". Taiwan non è la Cina nè il Pakistan. Questi paesi sono ben diversi tra di loro e forse andrebbero conosciuti un po' meglio priam di presupporre che in Italia ci siano delle condizioni tecnologiche migliori che a Taiwan per es. Idem per regolamentazioni e leggi. La realtà cinese è ben diversa da quella di Taiwan per es.
:

Nessuna confusione, la Cina è oggi quello che circa 10 anni fà era Taiwan ovvero quello che eravamo noi europei nel 1800, all'alba della rivoluzione industriale, quando nelle miniere Britanniche, Tedesche o Belghe, nonchè nelle zolfare siciliane gli operai, se non morivano a 40 anni di silicosi e asbestosi, morivano per le frane e le esplosioni di grisù.

Come noi, come Taiwan anche la Cina un domani arriverà a godere dei risultati sociali di questa evoluzione.
Naturalmente ci vorranno migliaia di morti e di sfruttati per arrivarci ma, tutto sommato che c'è ne frega, dobbiamo lasciarli crescere da soli no?

Fortunatamente la coscienza civile è cambiata rispetto a quella del 1800 quando l'Europa era un'accozzaglia di stati che facevano ognuno i c... propri a scapito degli altri (causa della 1^ guerra mondiale).

Questo mi fa ben sperare!

P.S. - Sul fatto che tecnologicamente siano oramai all'avanguardia nella produzione di molti generi oramai è noto a tutti.
E', come avevo detto all'inizio di questo discorso, un problema di qualità, sta a noi sapere se è bene comperare, tra due telai asiatici, quello da 300€ o quello da 1000.
 

Ser pecora

Diretur
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16 Aprile 2004
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Darius ha scritto:
Naturalmente ci vorranno migliaia di morti e di sfruttati per arrivarci ma, tutto sommato che c'è ne frega, dobbiamo lasciarli crescere da soli no?

E', come avevo detto all'inizio di questo discorso, un problema di qualità, sta a noi sapere se è bene comperare, tra due telai asiatici, quello da 300€ o quello da 1000.

Nel caso specifico della Cina credo non sia facile "aiutarli a crescere" (noi chi poi? Gli occidentali devono essere sempre il metro di paragone?) per loro stessa scelta...

Sul problema della qualità il discorso è complesso. Tu riesci a distinguere un telaio asiatico da uno "occidentale"? In base a cosa? All'etichetta? Al prezzo? Il mercato globale nasconde la propria "globalità" il più delle volte.
 

AleGiant

Apprendista Scalatore
11 Gennaio 2005
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Savona
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Raga, sto forum è bello pieno di gente simpatica, competente e seria. Non scadiamo nell'assurdo... io non capisco perchè spesso si debba parlare di cose che non c entrano niente col titolo del topic!
a volte mi da l idea che la si prenda come sfida personale a chi ne sa di piu e si lascia da parte il tema originale x fare un testa-testa col rivale di turno...
mah!

i telai di alta gamma siano stranieri o italiani son tutti buoni, se poi uno vale 10 l altro solo 7 chi se ne frega! l importante è che sia almeno buono no?
inutile difendere bianchi - de rosa - pinarello - giant e compagnia bella.
gli utenti di questo forum che comprano i telai sanno bene cosa comprano visto i numerosi topic a riguardo.
es.
ho un amico che se la tira perchè il suo caschetto marchiato bianchi costa 140 E e il mio Aero l ho pagato 49 E, visto che i caschi son tutti uguali grosso modo... non so se lo scemo in questo caso sono io o lui...
 

Darius

Scalatore
18 Ottobre 2005
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Colnago V1-r
Ser pecora ha scritto:
Nel caso specifico della Cina credo non sia facile "aiutarli a crescere" (noi chi poi? Gli occidentali devono essere sempre il metro di paragone?) per loro stessa scelta...

Sul problema della qualità il discorso è complesso. Tu riesci a distinguere un telaio asiatico da uno "occidentale"? In base a cosa? All'etichetta? Al prezzo? Il mercato globale nasconde la propria "globalità" il più delle volte.

Nessuna presunzione di aiutarli a crescere ma sto facendo questi discorsi perchè credo che il mercato globale non sia un male semprechè abbia delle regole condivise.
In questo devo dare ragione a Stef che ha esposto un problema che gli imprenditori italiani, con tutti i loro difetti, soffrono ogni giorno.
Basta guardare quante fabbriche (borse, giocattoli, attrezzi etc.) hanno chiuso nel nostro paese a causa della concorrenza asiatica, con costi sociali elevati.

Il discorso qualità era relativo ai telai da assemblare, ecco perchè ho messo quella fascia di prezzo.
Non sono capace di riconoscere un telaio Pinarello, Merida, Scott etc. fatto in Asia ma questo non mi preoccupa perchè sto comperando da case che mi garantiscono intrinsecamente la qualità.
Inoltre mi offrono un supporto post-vendita perlomento accettabile, se non altro ho qualcuno con cui incazzarmi.
Il problema me lo pongo se qualcuno mi offre un telaio in carbonio a 100€ di provenienza ignota.
Penso che su questo dovremmo essere daccordo.
 

Ser pecora

Diretur
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16 Aprile 2004
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Darius ha scritto:
Nessuna presunzione di aiutarli a crescere ma sto facendo questi discorsi perchè credo che il mercato globale non sia un male semprechè abbia delle regole condivise.
In questo devo dare ragione a Stef che ha esposto un problema che gli imprenditori italiani, con tutti i loro difetti, soffrono ogni giorno.
Basta guardare quante fabbriche (borse, giocattoli, attrezzi etc.) hanno chiuso nel nostro paese a causa della concorrenza asiatica, con costi sociali elevati.
Il discorso qualità era relativo ai telai da assemblare, ecco perchè ho messo quella fascia di prezzo.
Non sono capace di riconoscere un telaio Pinarello, Merida, Scott etc. fatto in Asia ma questo non mi preoccupa perchè sto comperando da case che mi garantiscono intrinsecamente la qualità.
Inoltre mi offrono un supporto post-vendita perlomento accettabile, se non altro ho qualcuno con cui incazzarmi.
Il problema me lo pongo se qualcuno mi offre un telaio in carbonio a 100€ di provenienza ignota.
Penso che su questo dovremmo essere daccordo.

Certo che siamo d'accordo. Mica si discute solo per non esserlo :-)
In particolare sono d'accordo che l'importante sia proprio la qualità "intrinseca" ad essere garantita, aldilà di certi "localismi" che se non sono anacronistici sono irreali o frutto di marketing.

Sulla questione dei costi sociali per la nostra imprenditoria vorrei ricordare però che c'è anche il rovescio della medaglia con un esempio:
1 anno fa circa in Malesia è crollato un edificio di 8 piani in cui si producevano capi d'abbigliamento. 4 piani erano abusivi. Sono morti 74 lavoratori. Sotto le macerie è venuto fuori che la maggioranza degli scatoloni erano marchiati con "griffe" europee (Zara, Celio, Benetton).
Nessun problema ovviamente, se non fosse che le famiglie dei morti non hanno avuto nessun risarcimento in quanto queste ditte non compravano direttamente da quella fabbrica, ma per mediazione di un grossista Indiano, sparito ovviamente.
 

Darius

Scalatore
18 Ottobre 2005
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Colnago V1-r
Ser pecora ha scritto:
Certo che siamo d'accordo. Mica si discute solo per non esserlo :-)
In particolare sono d'accordo che l'importante sia proprio la qualità "intrinseca" ad essere garantita, aldilà di certi "localismi" che se non sono anacronistici sono irreali o frutto di marketing.

Sulla questione dei costi sociali per la nostra imprenditoria vorrei ricordare però che c'è anche il rovescio della medaglia con un esempio:
1 anno fa circa in Malesia è crollato un edificio di 8 piani in cui si producevano capi d'abbigliamento. 4 piani erano abusivi. Sono morti 74 lavoratori. Sotto le macerie è venuto fuori che la maggioranza degli scatoloni erano marchiati con "griffe" europee (Zara, Celio, Benetton).
Nessun problema ovviamente, se non fosse che le famiglie dei morti non hanno avuto nessun risarcimento in quanto queste ditte non compravano direttamente da quella fabbrica, ma per mediazione di un grossista Indiano, sparito ovviamente.

Quoto 100%

Forse non sono riuscito ad esprimermi bene ma è da quando è iniziato il topic che sto cercando di dire questa cosa (son dovuto arrivare a citare la rivoluzione industriale dell'800 :-) )

Grazie diretur
 

Thomos

Velocista
22 Aprile 2004
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BMC Roadmachine, Scott Genius 730 (custom)
@alegiant.. non siam più off topic ("massimi Sistemi").. e queste discussioni dialettiche sui massimi sistemi apron gli occhi e arricchiscono lo spirito più di 100 topic su viti in ergal e selle in carbonio e rondelle in titanio..
Ogni tanto è bene sfociare in argomenti più aulici del mero peso o scorrevolezza, è utile a tutti scoprire come gira il mondo, e come il suo girare incida sulle nostre vite.. e nel caso in particolare sui nostri acquisti, possiam così acquisire una maggiore coscienza quando mettiam mano al portafoglio..
 

zeromeno

Apprendista Velocista
13 Ottobre 2004
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atsic ha scritto:
stef ha scritto:
Quindi si alle quote, ai controlli doganali, ai dazi e tutte le misure protezionistiche del nostro Mercato Comune, come peraltro previsto da tutti i trattati del WTO sullo scambio delle merci

Straquoto!
pero' quando si trattava di VENDERE in cina GUAI al protezionismo.... :))):
allora facciamo anche che non esistano pui' le vendite su internet da stato a stato perchè magari i commercianti ''Molvani'' hanno incetivi al commercio e pagano meno tasse quindi sono favoriti rispetto a quelli italiani! o-o
Ma non sarebbe meglio che il nostro paese si desse una SVEGLATA? :shock:
 

otello

Passista
25 Luglio 2005
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zeromeno ha scritto:
atsic ha scritto:
stef ha scritto:
Quindi si alle quote, ai controlli doganali, ai dazi e tutte le misure protezionistiche del nostro Mercato Comune, come peraltro previsto da tutti i trattati del WTO sullo scambio delle merci

Straquoto!
pero' quando si trattava di VENDERE in cina GUAI al protezionismo.... :))):
allora facciamo anche che non esistano pui' le vendite su internet da stato a stato perchè magari i commercianti ''Molvani'' hanno incetivi al commercio e pagano meno tasse quindi sono favoriti rispetto a quelli italiani! o-o
Ma non sarebbe meglio che il nostro paese si desse una SVEGLATA? :shock:

Il problema è che se vogliamo metterci a fare concorrenza, sul piano del prezzo, a quei paesi abbiamo perso in partenza. Il sistema industriale italiano non può competere a livello di quantità e di prezzo, ma può e deve farlo aul piano della qualità. Le soluzioni sono due:
1. Delocalizzare in Oriente da produttori collaudati che possano garantire un elevato livello qualitativo e lasciare l'ingegnerizzazione e l'aftermarket in Italia
2. Cominciare a lavorare sullo sviluppo tecnologico generale per riuscire a raggiungere livelli qualitativi e tecnologici non raggiungibili dai concorrenti asiatici
Se vogliamo mettere i dazi dobbiamo renderci conto che potrebbero essere messi anche a nostro svantaggio, per ora la Cina è un pericolo, ma domani potrebbe essere un'opportunità molto grossa per i nostri prodotti.
 

lake1961

Apprendista Scalatore
19 Ottobre 2005
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Svizzera, 32 km a sud del Mons Avium
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Canyon Ultimate AL 9
Sull'originalità dei prodotti e sulla creatività di alcuni artigiani italiani non ci piove. Non bisogna però dimenticare che la gran parte della produzione avviene già in Asia, magari su specifiche europee.
Non sarei poi tanto sicuro che gli standard qualitativi asiatici siano poi tanto inferiori a quelli europei. Se Scott fa realizzare i suoi telai in Asia, certamente non può permettersi di vendere col proprio marchio un prodotto carente (e magari rischiare processi negli USA).
La differenza di prezzo nei telai in carbonio deriva in gran parte dai costi della manodopera: la produzione richiede molto lavoro artigianale e questo costa ormai parecchio nei paesi occidentali.
N.B.: per il momento io circolo ancora con una DE ROSA planet montata Chorus. Mi piacerebbe acquistare una merak, ma forse dovrò optare per qualcosa di meno prestigioso e soprattutto costoso...
 

zeromeno

Apprendista Velocista
13 Ottobre 2004
1.332
1
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appunto: secondo me la cina(e poi l' india ecc.) sviluppata è la piu' grande opportunita'
della storia!!
soprattutto per noi europei e penso ad esempio alle auto,moto,prodotti di lusso in generale,vestiti,arredament e quantaltro possiamo vendere a lore comperando in cambio beni economici.
Non credo che la delocalizzazione favorisca molto cioe' se ROLEX producesse i suoi orologi in cina credo che perderebbero il 90% del loro fascino e se anche costassero meno la gente non li vorrebbe perchè chi compera un prodotto di quel tipo vuole l'esclusivita'.
Al contrario ci sono moltissimi prodotti che se costassero meno sarebbero piu' diffusi
Credo che la maniera giusta di sviluppo sia quella delle sinergie produttive :-x
 

stef

Apprendista Passista
20 Febbraio 2005
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otello ha scritto:
Se vogliamo mettere i dazi dobbiamo renderci conto che potrebbero essere messi anche a nostro svantaggio, per ora la Cina è un pericolo, ma domani potrebbe essere un'opportunità molto grossa per i nostri prodotti.

Io quando leggo una cosa del genere avvampo.
Nel mio settore, se importo dei prodotti dalla Cina, devo pagare un dazio che oscilla tra il 4 e l'8% del valore della merce, a seconda del codice doganale di quel prodotto. Però, se devo vendere ad un mio cliente in Cina dei prodotti dello stesso genere, il mio cliente deve pagare un dazio del 18% circa.
QUINDI LA CINA LE MISURE PROTEZIONISTICHE LE HA GIA' PRESE (nonostante che l'import dall'Italia verso la Cina sia tale da non giustificare alcun dazio).
Come del resto altri paesi hanno fatto, in alcuni settori, per proteggere il mercato interno dalla produzione cinese. In maniera peraltro del tutto legale, perchè quote e dazi sono assolutamente previsti dagli accordi del WTO, quando vengono a verificarsi certe situazioni.

Non solo. Ad un mi amico/concorrente è capitato di importare un grosso quantitativo dalla Cina. Prima che partisse la merce, una parte è stata vednuta (tramite la rete di vendita dell'azienda del mio conoscente) ad un suo cliente... cinese! Ha quindi chiesto al suo fornitore di inviare una parte direttamente al suo cliente, senza far uscire quindi la merce dalla Cina. Proviamo a indovinare cosa è successo:
il fornitore cinese ha risposto che non ci sarebbero stati problemi, ad eccezione del fatto che il prezzo della merce che non usciva dalla Cina sarebbe stato più alto perchè a sua volta non avrebbe ricevuto gli incentivi governativi per i prodotti esportati.

Cosa vuol dire tutto ciò? Che il governo cinese finanzia le aziende locali per invadere i mercati stranieri. E per quale motivo il governo cinese 'investirebbe' (notare il verbo, che forse è più adatto di 'regalerebbe') soldi alle proprie industrie?
Io la mia risposta me la sono data, e mi preoccupa non poco. Ognuno è libero di darsi la sua.

In questo contesto, la Cina è già un'opportunità per alcune aziende europee: peccato che siano quasi tutte aziende filo-governative nei rispettivi paesi.
Non è un mistero che la trattativa di un paio di mesi fa tra i politici europei ed il primo ministro cinese si sia risolta con la mancata introduzione delle quote (previste dagli accordi internazionali) sui prodotti tessili, ed in cambio il governo cinese abbia siglato l'accordo per la fornitura di aerei di linea Airbus.

Riguardo alla tanto chiacchierata situazione dei lavoratori dal punto di vista umanitario, io in Cina ci sono stato. Non soltanto nel centro di Shanghai, che è una metropoli modernissima, con uno skyline paragonabile a quello di New York. Ma anche nelle aziende, nei reparti produttivi, a mensa, negli uffici etc etc.
Non vorrei fare troppa retorica ma il racconto di quello che ho visto potrebbe cominciare con la stessa frase del Replicante di Blade Runner ("Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare...").
Forse non tutti sanno che in Cina alcune attività apparentemente innocue come la divulgazione di stampa occidentale o l'installazione di una antenna satellitare sono considerati reati contro lo stato, e quindi puniti con la pena di morte. Certo, perchè se il cittadino/lavoratore cinese minimamente sospetta che il resto del mondo lavora 40 ore la settimana, fa le vacanze, se ha due linee di febbre resta a casa (e viene pagato lo stesso) etc etc, forse prima o poi si ribella (anche se il ricordo della repressione del movimento studentesco è sempre ben vivo). Il lavoratore cinese lavora in quelle condizioni perchè NON SA che esistono alternative. Questo è UNO degli aspetti che rende il prodotto cinese competitivo sul prezzo. Ciononostante, a volte ci imbattiamo in alcuni prodotti made in China il cui costo teorico sarebbe più alto anche se consideriamo la manodopera a costo zero. Eppure le materie prime, il petrolio e l'energia hanno ormai costi equivalenti in tutti gli angoli del mondo. Consideriamo pure l'economia di scala su lotti produttivi giganteschi, ma non si arriva a giustificare un prezzo così basso.
In più sui loro prodotti grava un trasporto via nave di 30 giorni. L'altro aspetto che contribuisce infatti in modo determinante sono gli incentivi governativi (che in nessun paese occidentale sono ammessi) che in pratica consentono alle aziende di vendere addirittura sottocosto.

Un domani la Cina potrebbe essere un'opportunità per i nostri prodotti...
Si, ma per quali? Per i mobili, la cui produzione è completamente spostata in oriente, ed i mobilifici storici italiani hanno delocalizzato o chiuso definitivamente i battenti? Per il tessile, una delle colonne portanti della nostra economia da sempre? Per le calzature, il cui settore sta attraversando la crisi più nera della storia? Per gli elettrodomestici, che basta aprirne uno per leggere Made in China?
Forse per la Fiat, che tra una cassa integrazione, un incentivo alla rottamazione ed un finanziamento a fondo perduto sarà tenuta in vita.

La Cina potrebbe essere un'opportunità se un numero consistente delle nostre aziende sopravviverà e se le filiere produttive dei nostri settori industriali non si spezzeranno. Mettiamo allora le nostre aziende in grado di confrontarsi in un mercato comune con regole comuni, e poi sarà il mercato stesso a selezionare le aziende più capaci. E vediamo solo allora se gli industriali italiani sono tutti rincoglioniti e se i cinesi sono tutti dei fenomeni.

Scusate se ho fatto un po' di demagogia e sono andato (molto) off topic. Non ho resistito.
 

micro

Pignone
26 Aprile 2004
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stef ha scritto:
Io quando leggo una cosa del genere avvampo.
Nel mio settore, se importo dei prodotti dalla Cina, devo pagare un dazio che oscilla tra il 4 e l'8% del valore della merce, a seconda del codice doganale di quel prodotto. Però, se devo vendere ad un mio cliente in Cina dei prodotti dello stesso genere, il mio cliente deve pagare un dazio del 18% circa.
QUINDI LA CINA LE MISURE PROTEZIONISTICHE LE HA GIA' PRESE (nonostante che l'import dall'Italia verso la Cina sia tale da non giustificare alcun dazio).
Come del resto altri paesi hanno fatto, in alcuni settori, per proteggere il mercato interno dalla produzione cinese. In maniera peraltro del tutto legale, perchè quote e dazi sono assolutamente previsti dagli accordi del WTO, quando vengono a verificarsi certe situazioni.

Non solo. Ad un mi amico/concorrente è capitato di importare un grosso quantitativo dalla Cina. Prima che partisse la merce, una parte è stata vednuta (tramite la rete di vendita dell'azienda del mio conoscente) ad un suo cliente... cinese! Ha quindi chiesto al suo fornitore di inviare una parte direttamente al suo cliente, senza far uscire quindi la merce dalla Cina. Proviamo a indovinare cosa è successo:
il fornitore cinese ha risposto che non ci sarebbero stati problemi, ad eccezione del fatto che il prezzo della merce che non usciva dalla Cina sarebbe stato più alto perchè a sua volta non avrebbe ricevuto gli incentivi governativi per i prodotti esportati.

Cosa vuol dire tutto ciò? Che il governo cinese finanzia le aziende locali per invadere i mercati stranieri. E per quale motivo il governo cinese 'investirebbe' (notare il verbo, che forse è più adatto di 'regalerebbe') soldi alle proprie industrie?
Io la mia risposta me la sono data, e mi preoccupa non poco. Ognuno è libero di darsi la sua.

In questo contesto, la Cina è già un'opportunità per alcune aziende europee: peccato che siano quasi tutte aziende filo-governative nei rispettivi paesi.
Non è un mistero che la trattativa di un paio di mesi fa tra i politici europei ed il primo ministro cinese si sia risolta con la mancata introduzione delle quote (previste dagli accordi internazionali) sui prodotti tessili, ed in cambio il governo cinese abbia siglato l'accordo per la fornitura di aerei di linea Airbus.

Riguardo alla tanto chiacchierata situazione dei lavoratori dal punto di vista umanitario, io in Cina ci sono stato. Non soltanto nel centro di Shanghai, che è una metropoli modernissima, con uno skyline paragonabile a quello di New York. Ma anche nelle aziende, nei reparti produttivi, a mensa, negli uffici etc etc.
Non vorrei fare troppa retorica ma il racconto di quello che ho visto potrebbe cominciare con la stessa frase del Replicante di Blade Runner ("Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare...").
Forse non tutti sanno che in Cina alcune attività apparentemente innocue come la divulgazione di stampa occidentale o l'installazione di una antenna satellitare sono considerati reati contro lo stato, e quindi puniti con la pena di morte. Certo, perchè se il cittadino/lavoratore cinese minimamente sospetta che il resto del mondo lavora 40 ore la settimana, fa le vacanze, se ha due linee di febbre resta a casa (e viene pagato lo stesso) etc etc, forse prima o poi si ribella (anche se il ricordo della repressione del movimento studentesco è sempre ben vivo). Il lavoratore cinese lavora in quelle condizioni perchè NON SA che esistono alternative. Questo è UNO degli aspetti che rende il prodotto cinese competitivo sul prezzo. Ciononostante, a volte ci imbattiamo in alcuni prodotti made in China il cui costo teorico sarebbe più alto anche se consideriamo la manodopera a costo zero. Eppure le materie prime, il petrolio e l'energia hanno ormai costi equivalenti in tutti gli angoli del mondo. Consideriamo pure l'economia di scala su lotti produttivi giganteschi, ma non si arriva a giustificare un prezzo così basso.
In più sui loro prodotti grava un trasporto via nave di 30 giorni. L'altro aspetto che contribuisce infatti in modo determinante sono gli incentivi governativi (che in nessun paese occidentale sono ammessi) che in pratica consentono alle aziende di vendere addirittura sottocosto.

Un domani la Cina potrebbe essere un'opportunità per i nostri prodotti...
Si, ma per quali? Per i mobili, la cui produzione è completamente spostata in oriente, ed i mobilifici storici italiani hanno delocalizzato o chiuso definitivamente i battenti? Per il tessile, una delle colonne portanti della nostra economia da sempre? Per le calzature, il cui settore sta attraversando la crisi più nera della storia? Per gli elettrodomestici, che basta aprirne uno per leggere Made in China?
Forse per la Fiat, che tra una cassa integrazione, un incentivo alla rottamazione ed un finanziamento a fondo perduto sarà tenuta in vita.

La Cina potrebbe essere un'opportunità se un numero consistente delle nostre aziende sopravviverà e se le filiere produttive dei nostri settori industriali non si spezzeranno. Mettiamo allora le nostre aziende in grado di confrontarsi in un mercato comune con regole comuni, e poi sarà il mercato stesso a selezionare le aziende più capaci. E vediamo solo allora se gli industriali italiani sono tutti rincoglioniti e se i cinesi sono tutti dei fenomeni.

Scusate se ho fatto un po' di demagogia e sono andato (molto) off topic. Non ho resistito.
Analisi impeccabile dal mio punto di vista.
Sono 2 anni ormai che nel mio settore non si batte chiodo per i suddetti motivi...
 

zeromeno

Apprendista Velocista
13 Ottobre 2004
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il dumping è una pratica diffusa da prima che esistesse il ''problema china'',nel mio micromondo commerciale le grandi catene vendono e hanno sempre venduto sottocosto alcuni articoli.
Gli italiani sono andati a produrre in china perchè l'italia è il paese dei cachi(tanto per citare una canzone),all'estero la delocalizzazione non è stata cosi' radicale come da noi.
Insisto il problema non è la cina ma l'italia o almeno una certa italia che non produce,vive sull'assistenzialismo,sulle agevolazioni corporative,non governa,non decide,non sviluppa e non da' certezze..
I cinesi ci stanno battendo perchè CORRONO quando noi chiaccheriamo,abbiamo creduto -in questo paese-che tutto sarebbe sempre andato avanti anche se il sistema non era efficente,se c'erano errori ,sperechi,ammanchi...
Non è cosi' i sistemi inefficenti alla lunga falliscono
Mi permetto di ricordare che alla base del ''miracolo nord-est'' ci sono state condizioni lavorative simili a quelle cinesi di oggi e che il sistema ha funzionato non su investimenti strutturali (che adesso sarebbero utili)ma su svalutazioni competitive come quelle che fa la china adesso.
 

Darius

Scalatore
18 Ottobre 2005
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Bici
Colnago V1-r
zeromeno ha scritto:
alla base del ''miracolo nord-est'' ci sono state condizioni lavorative simili a quelle cinesi di oggi e che il sistema ha funzionato non su investimenti strutturali (che adesso sarebbero utili)ma su svalutazioni competitive come quelle che fa la china adesso.

Ed infatti il "miracolo Nord Est" si sta miseramente sgonfiando sotto i colpi della concorrenza asiatica, specie nei settori della pelletteria, delle scarpe e della meccanica.

Se, come dici, avessero investito in maniera strutturale forse oggi non starebbero sperimentando l'implosione dei loro commerci.

Alla lunga sono rimarranno solo quelli che hanno creato realtà produttive ad altissima tecnologia ed in settori di nicchia dove la carta della competitività si gioca con altre due o tre aziende nel mondo, tipicamente americane o europee.
 

Zipfer

Pignone
5 Novembre 2005
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Gorizia
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Look
x tornare sull'argomento io direi una cosa: se devo prendere un telaio da 1500euro mi va bene uno in carbonio made in Taiwan, sono validi e li siamo d'accordo, se invece vado sui 2700 meglio andare su un telaio in titanio made in Italy che me lo fanno con le caratteristiche che voglio io e su misura, non L M XL o S.