otello ha scritto:
Se vogliamo mettere i dazi dobbiamo renderci conto che potrebbero essere messi anche a nostro svantaggio, per ora la Cina è un pericolo, ma domani potrebbe essere un'opportunità molto grossa per i nostri prodotti.
Io quando leggo una cosa del genere avvampo.
Nel mio settore, se importo dei prodotti dalla Cina, devo pagare un dazio che oscilla tra il 4 e l'8% del valore della merce, a seconda del codice doganale di quel prodotto. Però, se devo vendere ad un mio cliente in Cina dei prodotti dello stesso genere, il mio cliente deve pagare un dazio del 18% circa.
QUINDI LA CINA LE MISURE PROTEZIONISTICHE LE HA GIA' PRESE (nonostante che l'import dall'Italia verso la Cina sia tale da non giustificare alcun dazio).
Come del resto altri paesi hanno fatto, in alcuni settori, per proteggere il mercato interno dalla produzione cinese. In maniera peraltro del tutto legale, perchè quote e dazi sono assolutamente previsti dagli accordi del WTO, quando vengono a verificarsi certe situazioni.
Non solo. Ad un mi amico/concorrente è capitato di importare un grosso quantitativo dalla Cina. Prima che partisse la merce, una parte è stata vednuta (tramite la rete di vendita dell'azienda del mio conoscente) ad un suo cliente... cinese! Ha quindi chiesto al suo fornitore di inviare una parte direttamente al suo cliente, senza far uscire quindi la merce dalla Cina. Proviamo a indovinare cosa è successo:
il fornitore cinese ha risposto che non ci sarebbero stati problemi, ad eccezione del fatto che il prezzo della merce che non usciva dalla Cina sarebbe stato più alto perchè a sua volta non avrebbe ricevuto gli incentivi governativi per i prodotti esportati.
Cosa vuol dire tutto ciò? Che il governo cinese finanzia le aziende locali per invadere i mercati stranieri. E per quale motivo il governo cinese 'investirebbe' (notare il verbo, che forse è più adatto di 'regalerebbe') soldi alle proprie industrie?
Io la mia risposta me la sono data, e mi preoccupa non poco. Ognuno è libero di darsi la sua.
In questo contesto, la Cina è già un'opportunità per alcune aziende europee: peccato che siano quasi tutte aziende filo-governative nei rispettivi paesi.
Non è un mistero che la trattativa di un paio di mesi fa tra i politici europei ed il primo ministro cinese si sia risolta con la mancata introduzione delle quote (previste dagli accordi internazionali) sui prodotti tessili, ed in cambio il governo cinese abbia siglato l'accordo per la fornitura di aerei di linea Airbus.
Riguardo alla tanto chiacchierata situazione dei lavoratori dal punto di vista umanitario, io in Cina ci sono stato. Non soltanto nel centro di Shanghai, che è una metropoli modernissima, con uno skyline paragonabile a quello di New York. Ma anche nelle aziende, nei reparti produttivi, a mensa, negli uffici etc etc.
Non vorrei fare troppa retorica ma il racconto di quello che ho visto potrebbe cominciare con la stessa frase del Replicante di Blade Runner ("Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare...").
Forse non tutti sanno che in Cina alcune attività apparentemente innocue come la divulgazione di stampa occidentale o l'installazione di una antenna satellitare sono considerati reati contro lo stato, e quindi puniti con la pena di morte. Certo, perchè se il cittadino/lavoratore cinese minimamente sospetta che il resto del mondo lavora 40 ore la settimana, fa le vacanze, se ha due linee di febbre resta a casa (e viene pagato lo stesso) etc etc, forse prima o poi si ribella (anche se il ricordo della repressione del movimento studentesco è sempre ben vivo). Il lavoratore cinese lavora in quelle condizioni perchè NON SA che esistono alternative. Questo è UNO degli aspetti che rende il prodotto cinese competitivo sul prezzo. Ciononostante, a volte ci imbattiamo in alcuni prodotti made in China il cui costo teorico sarebbe più alto anche se consideriamo la manodopera a costo zero. Eppure le materie prime, il petrolio e l'energia hanno ormai costi equivalenti in tutti gli angoli del mondo. Consideriamo pure l'economia di scala su lotti produttivi giganteschi, ma non si arriva a giustificare un prezzo così basso.
In più sui loro prodotti grava un trasporto via nave di 30 giorni. L'altro aspetto che contribuisce infatti in modo determinante sono gli incentivi governativi (che in nessun paese occidentale sono ammessi) che in pratica consentono alle aziende di vendere addirittura sottocosto.
Un domani la Cina potrebbe essere un'opportunità per i nostri prodotti...
Si, ma per quali? Per i mobili, la cui produzione è completamente spostata in oriente, ed i mobilifici storici italiani hanno delocalizzato o chiuso definitivamente i battenti? Per il tessile, una delle colonne portanti della nostra economia da sempre? Per le calzature, il cui settore sta attraversando la crisi più nera della storia? Per gli elettrodomestici, che basta aprirne uno per leggere Made in China?
Forse per la Fiat, che tra una cassa integrazione, un incentivo alla rottamazione ed un finanziamento a fondo perduto sarà tenuta in vita.
La Cina potrebbe essere un'opportunità se un numero consistente delle nostre aziende sopravviverà e se le filiere produttive dei nostri settori industriali non si spezzeranno. Mettiamo allora le nostre aziende in grado di confrontarsi in un mercato comune con regole comuni, e poi sarà il mercato stesso a selezionare le aziende più capaci. E vediamo solo allora se gli industriali italiani sono tutti rincoglioniti e se i cinesi sono tutti dei fenomeni.
Scusate se ho fatto un po' di demagogia e sono andato (molto) off topic. Non ho resistito.