Tristissima rassegna stampa sugli eventi di Torino
Dalla Stampa.it
Confessano i dopati del ciclismo
Prime ammissioni davanti al gipdi bodybuilder e patiti delle due ruote a caccia di “bombe serie” per “spaccare le spiagge” e volare tanto che “le gambe non si controllano più”. Anchele bici “drogate” per aumentare la resa
alberto gaino - torino
Gli otto ciclodopati o body builder dai muscoli troppo gonfi in carcere da venerdì hanno confessato, chi più, chi meno, la loro consuetudine con l’eritropoietina, l’ormone delle crescita, testosterone e quant’altro la farmacia di siti online greci, cinesi e serbi offriva su Internet, senza dover presentare ricette mediche e a prezzi scontati.
Nelle conversazioni registrate dai carabinieri del Nas, erano tutti giganti del ciclismo gentleman, ma chi li ha visti ieri, riuniti nell’aula 40 del Palagiustizia, ad aspettare il proprio interrogatorio, li descrive come
un branco di tossici, «il fisico all’osso, i lineamenti accentuati dall’abuso di anabolizzanti». Il gip Giuseppe Salerno chiede: «Si sottoponeva a controlli specifici?». Ottiene risposte vaghe. Tutt’al più, provvedeva l’infermiere e ciclodopato Silvio Schiari, a sottoporre alcuni a saltuari test del sangue e dell’ematocrito, in funzione semmai dei controlli antidoping. Schiari che viene intercettato con tal Margaroli a dire: «E’ messo male Ric.. ma veramente questo qua lo devono prendere e portare dallo psicologo per farsi vedere». L’altro: «Si è fatto una trasfusione da sé».
L’infermiere: «Una trasfusione casalinga di sangue ed è andato in blocco renale. Fuori di testa e, oltretutto, si è fatto quagliare di nuovo come un cretino.. Che lo buttino in galera». I due ciclodopati «inquadrano» così il caso di Riccardo Riccò, ex grande promessa del ciclismo professionistico che ha rischiato la vita con il doping. Eppure l’infermiere professionale dell’emodinamica del Mauriziano che ruba i farmaci destinati ai pazienti oncologici passa per un quasi medico nel suo giro. Somministra epo e anabolizzanti all’imprenditore Marco Ceresa. Che ha altri due fornitori delle sostanze e
valuta pure il doping tecnico, tentato di far applicare alla sua bici da crono un accorgimento tecnologico.
Gli si assicura: «Vale il 27% extra di resa». Si passa dallo slogan «la bici va da sola» all’entusiastica constatazione che le «gambe non si controllano più». Doriano Cinato, uno del giro dei ciclodopati finiti in carcere, avverte un aspirante neofita del doping che «ci vogliono almeno 1200 euro», per cominciare, 4500 l’anno, sino a 9000 per un semestre di ormone della crescita. L’altro fa una valutazione economica e desiste. Nemmeno una mezza considerazione per i rischi che corre la salute di un uomo sano con l’abuso di farmaci come l’eritropoietina, farmaco moltiplicatore dei globuli rossi che rende il sangue più denso. Questi «veterani» della bici che progettano di allenarsi una settimana alle Canarie, lo scorso gennaio, per «provar a stare dietro ad Ivan Basso», in training su quelle strade, non sembrano tener conto dei pericoli.
Le loro cautele: «Farsi di diuretici da mattino a sera per diluire le tracce dell’epo e perder peso, poi, prima di inforcare la bici, riempirsi di cardioaspirine per non scoppiare».
C’erano quelli, nel giro cicloamatoriale, che frequentavano il garage di Bientinesi Roberto, classe 1939, veterano doc della Miccoli Sport (il team dei superdotati rivelatisi superdopati) in via Asinari. Dove il pensionato, in società con Angelo Papa, arrotondava il bilancio somministrando pesanti «cicli di terapia». Il giro del doping era una catena di Sant’Antonio labirintica: Papa era in contatto con un infermiere di Eboli, Campania, e Bientinesi con Ceresa a Domenico Miccoli. Poi c’erano Schiari che si avvaleva pure della convivente personal trainer alla Fitness First di corso Siracusa. Ma Ceresa aveva per fornitore anche Guido Papini, il personale trainer del culturista Gianfry Fiume. A sua volta «pusher» di qualcun altro. E il preparatore atletico Posca da Pavia era telefonicamente onnipresente con le sue «prescrizioni».
Le prime conseguenze: la dipendenza culturale (Francesca a Fiume: «Hai trovato le bombe serie?
Ti prego, quest’anno devo spaccare le spiagge») e fisica, con l’astinenza da testovis e altro. Di fronte al gip e al pm Gianfranco Colace non c’è un indagato che realizzi il pericolo per la salute, ciò che conta è tornare a casa, magari ai domiciliari. Come tutti gli avvocati (Andrea Galasso, Pacciani, Peila, Bellina, Gallicchio, Gatti) chiedono. Il giudice si è preso un paio di giorni per decidere.