IL CONI: L'UCI NON DICE LA VERITA' SUL CASO VALVERDE
MENDRISIO – La credibilità della lotta al doping passa certamente per il progressivo prefezionamento dei metodi di indagine e la pressione sempre più costante su atleti e loro entourage attraverso i test di controllo. L’Uci, la federazione ciclistica internazionale, per bocca del presidente neoeletto McQuaid ha presentato ieri un mini-bilancio dell’ultimo anno citando i 14.000 controlli effettuati e la sempre maggiore validità del cosiddetto “passaporto biologico” attraverso cui monitorizza i parametri emato.fisiologici degli atleti mettendo nel mirino quelli più sospetti. Un concreto passo avanti.
Ma non giova alla causa della credibilità il balletto innescato dal rubizzo irlandese di Dublino sulla vicenda Valverde. Squalificato dal Coni per due anni per il coinvolgimento nella “Operacion Puerto” spagnola (sarebbe lui il Valv-Piti segnalato dai documenti della guardia civil e titolare di sacche di sangue conservate per il doping ematico, nonché di svariate terapie dopanti), ma solo sul territorio italiano. Un provvedimento che data ormai qualche mese e che l’Uci non ha ancora allargato a tutte le alte nazionai ciclistiche, come logico attendersi. Il risultato è che lo spagnolo continua a correre e a vincere. Dopo la Vuelta (dominata con facilità) eccolo ai nastri del mondiale, al quale si presenta come uno dei favoriti per la vittoria. “Non possiamo impedrigli di partecipare, siamo in attesa della sentenza del Tas (il tribunale arbitrale dello sport n.d.r.), che ci sarà ad ottobre. A Stoccarda 2007 abbiamo fatto appello per gfermarlo, ma il Tas ci ha dato torto, adesso attendiamo l’esito del nuovo ricorso”. I ricorsi sono due: quello di Valverde sulla competenza del Coni a giudicarlo in quanto atleta spagnolo e non nela giurisidizione italiana, e quello dell’Uci nei confronti della federazione ciclistica spagnola che non lo ha sanzionato per lka sua frequentazione del famigerato dottor Fuentes. “Se vince gli daremo la maglia”, dice McQuaid. “Non possiamo fare altrimenti”.
In realtà l’Uci potrebbe sanzionare benissimo a prescindere dai ricorsi al Tas, semplicemente valutando la documentazione del complesso dossier dell’Operacion Puerto. Ma non lo fa. Perché? “Non abbiamo avuto dal Coni i documenti. Abbiamo chiesto, ma non abbiamo avuto nulla finora. Dunque domandate al Coni il perché”, così risponde McQuaid ad una precisa domanda di un cronista. E poi chiosa: “Il Coni non è certo il miglior partner per l’Uci nella lotta al doping”. Pronta la risposta del Coni. Il presidente Petrucci replica in un durissimo comunicato: “Per quanto riguarda gli atti del caso Valverde invito il Presidente McQuaid a rivedere la posta dell’UCI del 10 giugno. Lì troverà le motivazioni della sentenza, mentre l’intero fascicolo gli era stato inoltrato il 30 aprile scorso. Inoltre ai primi di agosto ha ricevuto un’ulteriore memoria difensiva così come richiesto dal TAS. Sull’argomento McQuaid non dice cose vere. Per quanto riguarda la difficoltà dell’Uci di lavorare con il Coni, condivido le sue dichiarazioni che non siamo un partner facile perché noi siamo seri, corretti e applichiamo, con rigore, le norme Wada e le leggi italiane.”
Dall’Uci fanno trapelare l’ipotesi che manchi qualcosa di decisivo nella documentazione fornita dal Coni. Ma allora su cosa si è costituita controparte la federazione internazionale se non sul fatto che i documenti inchiodassero Valverde circa la corrispondenza del dna nelle sacche di sangue sequestrate da Fuentes e quello ricavato nel test di Prato Nevoso al Tour 2008? Una polemica inspiegabile alla vigilia di un mondiale di cui l’Uci è titolare e padrona. O forse spiegabile con una possibile “real politique” nei confronti della formazione che è sostenuta dal main sponsor del Tour de France, la Caisse d’Epargne, cioè con uno degli sponsor più importanti del ciclismo mondiale. Soldi e interessi, come si sa, nel ciclismo ormai sono la regola più rispettata. E se si vuole essere maligni si può vedere in questa ottica anche l’atteggiamento severo annunciato da McQuaid nei confronti dell’Astana: “C’è la possibilità che gli venga ritirata la licenza ProTour”. Il che sarebbe l’unico escamotage per consentire a Contador, legato anche per la prossima stagione all’Astana, di raggiungere proprio la Caisse d’Epargne, che lo corteggia da tempo.