Alle porte di Parigi, appena aldilà della "tangenziale" locale si trova un paese, Levallois-Perret. Ad andarci oggi non ci si accorge praticamente di cambiare comune, se non per le differenti tabelle che indicano i nomi delle strade. Nel 1938, probabilmente, andarci dal centro di Parigi poteva significare farsi una sgambata fuori-porta, magari passando per qualche area verde di cui oggi non c'è traccia.
Tragitto che probabilmente faceva spesso Monsieur Alex Singer, che proprio in quell'anno cominciò a fabbricare biciclette in quel di Levallois, in un laboratorio al pian terreno della sua casa su due piani, oggi stretta, per non dire soffocata, da due alti edifici più moderni che la fanno sembrare fuori posto, se non fuori dal tempo
Dal 3 novembre 1944, due suoi pronipoti, cominciarono a lavorare come aiutanti in questo posto, fino a rilevare l'attività alla pensione di Singer nel 1964.
Oggi rimane solo il più giovane dei due fratelli, Ernest Csuka, e suo figlio, che materialmente costruisce ancora i telai e gli accessori.
Il nome però è rimasto quello: Alex Singer, poichè, già da subito, lo stile e la bontà di queste bici è diventata una pietra di paragone per molti, soprattutto per gli appassionati di "randonnés".
Oggi per molti questo nome vuol dire poco e niente, soprattutto fuori dalla Francia, soprattutto per chi non ha più occhi abituati ad apprezzare bici con portapacchi, parafanghi e fanali. Per altri è un nome a cui non serve aggiungere molto altro e per cui si è disposti a spendere parecchio.
E non è una questione di snobismo, in fondo basta avere sotto gli occhi una bici Singer e non si fa grande fatica ad apprezzarle più di altre. Che sia stata fatta 40 anni fa (come alcune esposte nel negozio)
o ieri la differenza è poca, più che altro nel montaggio: ai mozzi Maxi-Car hanno fatto posto dei Durace, ai cambi Huret dei Campagnolo in carbonio, ma il resto, le cromature perfette, i portapacchi fatti su misura, montati alla perfetta altezza, i batticatena in gomma, i supporti per le borse saldati sugli attacchi manubrio sono sempre gli stessi. Identici a se stessi da 50 anni.
Attacchi manubrio che Ernest mi spiega essere fatti così, come nel '44 come quando ha iniziato lui, e che ora non riesce più a fare, se non ogni tanto quando non gli fa male la schiena, anzi, "non proprio la schiena, più giù, sull'osso".
Anche se, dietro le spalle del figlio Olivier che salda, lui vigila attento, forse invidioso di non poterlo fare ancora lui.
Perchè l'unico invecchiato è lui, le bici di 30-40 anni fa che sono tornate nel loro luogo di nascita per una revisione sembrano fatte ieri, gli attrezzi che le hanno sagomate, limate, dato forma e vita sono gli stessi.
Forse è esagerato dire "vita", ma il rapporto tra questo luogo, l'atmosfera che vi si respira ed i prodotti che vi sono stati costruiti è davvero "intimo". Ernest dice che non c'è niente di "artistico" nel fare bici, che usare termini come "arte" per una saldatura lo fanno ridere, basta lavorare sodo ed essere perfezionisti, al più avere buon gusto.
D'altronde in tanti anni da questo laboratorio è uscito un po' di tutto, come precisa, dato che per loro è un lavoro non una missione artistica. E così, oltre ai tandem per cui sono famosi (ma che non fanno più, dato che non trovano più i tubi "giusti"), fatti sopratutto prima della guerra, e le bici (in questa foto il foglio di lavoro della prossima che vedrà la luce, numero 3414
--mancano dai progressivi quelle fatte per i corridori semi-pro, ma non sono tante-- ), per necessità, nei primi anni '50, con pochi soldi in giro dopo la guerra, si misero a montare motori italiani alle loro bici più "grezze" per venire incontro alla necessità montante di mezzi a motore non cari quanto un'automobile, i famosi "mosquito".
Motori che gli venivano consegnati con i vari pezzi corredati da una monetina con un numero da apporre alla casella in cui venivano conservati. Fino ad arrivare alla monetina rossa, che significava dover alzare il telefono ed ordinarli. Oggi restano le monetine, mentre la cassetta è riutilizzata per stoccare i pacchi pignoni "vintage" da montare sulle bici commissionate così
, almeno fino a quando saranno finite pure le monetine rosse...
Il futuro non ci appartiene lancia laconicamente Ernest, "bisogna essere stupidi per dire che da vecchi ci si gode la pensione. Da vecchi non ci si gode niente. La pensione avrei voluta averla a 40 anni, ed avanzare un po' di salute per lavorare ed andare in bici anche adesso". Anche se poi aggiunge: "tutto sommato con mia moglie, in tandem ho girato mezza europa: Germania, Belgio, Italia, Austria, Svizzera...può bastare".
E così si passa al piano di sopra, oggi occupato da magazzino e cucina, a berci una birra e parlare di....bici in carbonio e bici ultraleggere. Ma di questi argomenti poco si può raccontare pubblicamente....
ps
...o forse almeno una cosa si: che nel 1945 fabbricarono una bici da 6,675 kg, in acciaio, pesata senza copertoni e borse, ma con portapacchi, fanali e parafanghi: "ma oggi la gente guarda solo alla pubblicità ed al campione che usa la tal bici....mah, si, in fondo è sempre stato così..."
Tragitto che probabilmente faceva spesso Monsieur Alex Singer, che proprio in quell'anno cominciò a fabbricare biciclette in quel di Levallois, in un laboratorio al pian terreno della sua casa su due piani, oggi stretta, per non dire soffocata, da due alti edifici più moderni che la fanno sembrare fuori posto, se non fuori dal tempo
Dal 3 novembre 1944, due suoi pronipoti, cominciarono a lavorare come aiutanti in questo posto, fino a rilevare l'attività alla pensione di Singer nel 1964.
Oggi rimane solo il più giovane dei due fratelli, Ernest Csuka, e suo figlio, che materialmente costruisce ancora i telai e gli accessori.
Il nome però è rimasto quello: Alex Singer, poichè, già da subito, lo stile e la bontà di queste bici è diventata una pietra di paragone per molti, soprattutto per gli appassionati di "randonnés".
Oggi per molti questo nome vuol dire poco e niente, soprattutto fuori dalla Francia, soprattutto per chi non ha più occhi abituati ad apprezzare bici con portapacchi, parafanghi e fanali. Per altri è un nome a cui non serve aggiungere molto altro e per cui si è disposti a spendere parecchio.
E non è una questione di snobismo, in fondo basta avere sotto gli occhi una bici Singer e non si fa grande fatica ad apprezzarle più di altre. Che sia stata fatta 40 anni fa (come alcune esposte nel negozio)
o ieri la differenza è poca, più che altro nel montaggio: ai mozzi Maxi-Car hanno fatto posto dei Durace, ai cambi Huret dei Campagnolo in carbonio, ma il resto, le cromature perfette, i portapacchi fatti su misura, montati alla perfetta altezza, i batticatena in gomma, i supporti per le borse saldati sugli attacchi manubrio sono sempre gli stessi. Identici a se stessi da 50 anni.
Attacchi manubrio che Ernest mi spiega essere fatti così, come nel '44 come quando ha iniziato lui, e che ora non riesce più a fare, se non ogni tanto quando non gli fa male la schiena, anzi, "non proprio la schiena, più giù, sull'osso".
Anche se, dietro le spalle del figlio Olivier che salda, lui vigila attento, forse invidioso di non poterlo fare ancora lui.
Perchè l'unico invecchiato è lui, le bici di 30-40 anni fa che sono tornate nel loro luogo di nascita per una revisione sembrano fatte ieri, gli attrezzi che le hanno sagomate, limate, dato forma e vita sono gli stessi.
Forse è esagerato dire "vita", ma il rapporto tra questo luogo, l'atmosfera che vi si respira ed i prodotti che vi sono stati costruiti è davvero "intimo". Ernest dice che non c'è niente di "artistico" nel fare bici, che usare termini come "arte" per una saldatura lo fanno ridere, basta lavorare sodo ed essere perfezionisti, al più avere buon gusto.
D'altronde in tanti anni da questo laboratorio è uscito un po' di tutto, come precisa, dato che per loro è un lavoro non una missione artistica. E così, oltre ai tandem per cui sono famosi (ma che non fanno più, dato che non trovano più i tubi "giusti"), fatti sopratutto prima della guerra, e le bici (in questa foto il foglio di lavoro della prossima che vedrà la luce, numero 3414
Motori che gli venivano consegnati con i vari pezzi corredati da una monetina con un numero da apporre alla casella in cui venivano conservati. Fino ad arrivare alla monetina rossa, che significava dover alzare il telefono ed ordinarli. Oggi restano le monetine, mentre la cassetta è riutilizzata per stoccare i pacchi pignoni "vintage" da montare sulle bici commissionate così
Il futuro non ci appartiene lancia laconicamente Ernest, "bisogna essere stupidi per dire che da vecchi ci si gode la pensione. Da vecchi non ci si gode niente. La pensione avrei voluta averla a 40 anni, ed avanzare un po' di salute per lavorare ed andare in bici anche adesso". Anche se poi aggiunge: "tutto sommato con mia moglie, in tandem ho girato mezza europa: Germania, Belgio, Italia, Austria, Svizzera...può bastare".
E così si passa al piano di sopra, oggi occupato da magazzino e cucina, a berci una birra e parlare di....bici in carbonio e bici ultraleggere. Ma di questi argomenti poco si può raccontare pubblicamente....
ps
...o forse almeno una cosa si: che nel 1945 fabbricarono una bici da 6,675 kg, in acciaio, pesata senza copertoni e borse, ma con portapacchi, fanali e parafanghi: "ma oggi la gente guarda solo alla pubblicità ed al campione che usa la tal bici....mah, si, in fondo è sempre stato così..."