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La prima intervista a Egan Bernal dopo l’incidente

La prima intervista a Egan Bernal dopo l’incidente l’ha realizzata un settimanale colombiano, Semana, nella quale il corridore colombiano racconta per la prima volta i dettagli del grave incidente avvenuto a fine gennaio in allenamento, durante il quale ha quasi rischiato di perdere la vita.

Egan Bernal (25 anni) ha parlato a lungo nell’intervista, raccontando i momenti che hanno preceduto l’impatto contro la parte posteriore dell’autobus fermo, del dolore “straziante” che ha provato per più di mezz’ora prima di arrivare in ospedale e le conseguenze delle operazioni.

Era un normale allenamento con la squadra, alcuni erano su una normale bici da strada io su una bici da cronometro. Dopo un po’ alcuni si sono fermati e ho voluto continuare per conto mio. Una macchina mi ha scortato. La posizione su una bici da crono è molto particolare, devi essere il più aerodinamico possibile. Fondamentalmente devi avere la testa bassa e le braccia vicine. Arrivato a Gachancipa ho guardato avanti e non c’era niente. Ricordo che stavo andando a 58 km/h, che il vento era favorevole e che ho iniziato ad accelerare. Ho visto 62 km/h sul tachimetro quando ho colpito l’autobus”.

“A terra non riuscivo a respirare. Stavo per svenire quando sono riuscito a respirare un po’ d’aria. Alzai lo sguardo e vidi il retro dell’autobus. Il meccanico che mi accompagnava ha subito chiamato il medico della squadra. È arrivato molto velocemente: grazie a lui sono vivo. Il femore era rotto, sembrava voler uscire dalla mia pelle. Dopo aver rimosso il mio piede dalla bici, il medico ha stabilizzato la frattura in posizione. Mi ha afferrato per la vita e altre due persone, non so se erano medici o sapevano qualcosa di medicina, lo hanno aiutato. Mi hanno afferrato il piede e l’hanno tirato. Li pregai di smetterla, ma quello che fecero mi aiutò a non perdere più sangue. In totale ho comunque perso due litri e mezzo di sangue”.

“Ero disperato, avevo dolore dappertutto, alla gamba, al collo, alla schiena, urlavo perché il dottore mi desse qualcosa per il dolore. Ho dovuto rimanere 15 minuti sdraiato sulla strada. Intorno a me le persone si avvicinavano, cercavano di filmarmi, alcuni cercavano di fermarli. Quando è arrivata l’ambulanza ho chiesto loro di darmi degli antidolorifici, ma non ne avevano nemmeno loro! Volevo svenire perché soffrivo così tanto. Il dolore era atroce, non l’avevo mai sentito in vita mia. Sono passati 30 o 40 minuti tra la mia caduta e il mio arrivo in ospedale“.

Quando mi sono svegliato dopo l’operazione ho capito che non era solo il femore ad essere rotto (Bernal si è anche fratturato la rotula, due vertebre, undici costole ed entrambi i polmoni sono stati perforati-ndr-). Il neurochirurgo mi ha detto: potevi morire, con un incidente del genere avevi il 95% di possibilità di diventare paraplegico. Ha aggiunto di aver operato centinaia di lesioni spinali di questa portata e che solo due erano andate bene. Ero solo il secondo! L’ha fatto bene. La prima settimana dopo l’operazione è stata molto dura, tutto ciò che volevo era farmi rimuovere i tubi dai polmoni perché mi facevano molto male. Da allora, i progressi sono stati molto rapidi“.

La domanda che tutti si pongono: e adesso ?

“In questo momento siamo in una fase in cui per prima cosa voglio essere autosufficiente, voglio fare le cose da solo, senza che mi aiutino, ora non riesco nemmeno ad alzarmi dal letto da solo e devono ancora aiutarmi. Per prima cosa voglio concentrarmi su quello, sulle basi, e quando avrò tutta la mobilità del mio corpo, poi comincerò a concentrarmi un po’ di più sullo sport, ma l’idea è di gareggiare di nuovo il più velocemente possibile

Voglio tornare ai massimi livelli. L’ultima cosa che voglio fare è incolpare qualcuno. Non voglio incolpare me stesso o l’autista dell’autobus. È stato un incidente, punto. Non siamo in uno stadio di calcio dove possiamo allenarci tranquillamente. Quando percorro 270 chilometri da Zipaquira a Tunja andata e ritorno, possono succedere milioni di cose, devi esserne consapevole. I rischi si possono evitare, ma non posso smettere di allenarmi su strada altrimenti non vincerò mai più il Tour de France“.

Ora voglio tornare ai massimi livelli, ho fiducia, penso di potercela fare e penso che sarà veloce. I dottori si arrabbiano quando glielo dico. In verità non so se mi ci vorrà un anno o dieci anni, forse tre o sei mesi… Comunque sento che se non fossi in bicicletta non saprei cos’altro fare. Prima dell’incidente stavo andando molto bene, avevo risolto i miei problemi alla schiena, ero in anticipo sulla mia preparazione. Ero fiducioso per il mio obiettivo dell’anno, il Tour de France. Lo vincerò di nuovo? Non lo so, è già difficile quando tutto va bene, quindi ora…

Forza Egan.

 

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Pubblicato da
Piergiorgio Sbrissa

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