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La stagione parte sotto il segno della Slovenia

Ieri è stato il giorno che, se mai ce ne fosse stato bisogno, ha confermato che stiamo vivendo in un periodo del ciclismo sotto il segno della Slovenia. Primoz Roglic ha vinto la Paris-Nice e Tadej Pogačar la Tirreno-Adriatico. Due corridori sotto la stessa bandiera, ma che più diversi non si può, per stile, carattere e storia personale.

Roglic è un corridore maturo, arrivato tardi nel ciclismo (a 22 anni) dopo aver inseguito, vanamente, il sogno di un oro olimpico nel salto con gli sci. Lui stesso ha raccontato che vincere l’oro olimpico a Tokyo lo scorso anno è stato la realizzazione di un sogno, anche se sul podio ha pensato che il suo sogno era vincerlo nel salto con gli sci, ma alla fine “pur sempre oro è”. Roglic che ha come cifra stilistica ormai consolidata quella di partire dominando le corse per poi incappare in intoppi, errori, cadute, giornate storte man mano che il bersaglio grosso si avvicina.

Ieri l’errore di essersi vestito troppo, l’ansia di rimanere attardato su uno Simon Yates scatenato, l’ombra della Paris-Nice buttata via l’anno scorso proprio all’ultima tappa. Poi per sua fortuna è arrivato San Wout, “metà uomo metà motore” come l’ha definito lo sloveno. Il Van Aert capace di fare tutto, che l’ha preso per mano e portato sano e salvo all’arrivo. Roglic che ha più di una volta ammesso di “non funzionare per una squadra”, di pensare e voler fare tutto da solo, stavolta è stato salvato dall’ uomo che da solo fa un’intera squadra.

Dall’altra parte delle Alpi Pogačar, che ringrazia a profusione la propria squadra, ma poi da solo fa eccome. Prodigio precocissimo, all’età in cui Roglic si affacciava al professionismo ha già un palmares monumentale. Dal Lombardia vinto l’anno scorso a Ottobre è a bottino pieno: 3 corse 3 vittorie nel 2022. Tutte dominate con evidente superiorità. Ma sopratutto 7 vittorie totali contando le tappe. Come vincitore uscente del Tour de France solo un corridore in tutta la storia ha fatto meglio a questo punto della stagione: Eddie Merckx con 9 vittorie nel 1971.

Pogačar ha vinto la 10^corsa a tappe a cui ha partecipato dal 2019: 2 Tour de France, 2 Tirreno-Adriatico, 2 UAE Tour, giro della Slovenia, giro dell’Algarve, giro di California, giro della comunità Valenciana. Dietro di lui solo e proprio il connazionale Roglic, con 9 successi nello stesso periodo: Paris-Nice, 3 Vuelta, giro dei Paesi Baschi, Tirreno-Adriatico, Tour de l’Ain, UAE Tour e Tour de Romandie.

Pogačar vanta una percentuale di successi nelle corse a tappe impressionante, avendo mancato la vittoria in sole 3 corse alle quali ha partecipato: l’UAE Tour 2020 (2°), il Critérium du Dauphiné 2020 (4°) ed il giro dei Paesi Baschi 2021 (3°).  Ad oggi il giovane sloveno non si è mai ritirato da una corsa professionistica a cui ha partecipato.

Un dominio sloveno che si può anche leggere proprio attraverso le vittorie di ieri, infatti è solo la terza volta in questo secolo che due corridori della stessa nazionalità hanno vinto Paris-Nice e Tirreno-Adriatico nella stessa stagione. I due sloveni dopo gli italiani Davide Rebellin (Tirreno-Adriatico) e Dario Frigo (Paris-Nice) nel 2011, e i colombiani Nairo Quintana (Tirreno-Adriatico) e Sergio Henao (Paris-Nice) nel 2017.

Ora i calendari dei due sloveni si cominceranno ad incrociare, cominciando dalla Milano-Sanremo, dove per una volta tanto non partono per favoriti (ma nemmeno come outsider totali), poi Roglic andrà ai Paesi Baschi, mentre Tadej farà capolino sul pavé fiammingo, prima di trovarsi contro nelle gare delle Ardenne: freccia vallone e Liegi-Bastogne-Liegi (dove invece sono favoriti eccome), prima di divergere nella preparazione al Tour (Roglic al Delfinato, Pogacar in Slovenia) e poi per duellare da favoriti al Tour de France, dove Roglic cercherà di rompere l’incantesimo e Pogacar di fare un’altro passo verso la leggenda. Altro scontro poi alla Vuelta.

Dopo l’era dei britannici, siamo quindi in quella degli sloveni. E gli altri? Al momento la scala reale slovena rende difficile farsi un’idea di chi possa contrastarli. In particolare nelle corse a tappe. Anche se il ciclismo raramente bacia a lungo in fronte sempre gli stessi corridori.

Fuori Bernal per infortunio la concorrenza sembra limitata ai gemelli Yates ed Enric Mas tra i “giovani”. Considerato anche che i più promettenti sono gregari dei due sloveni: McNulty, Ayuso, Almeida, Kuss, Vingegaard. Mentre tra i veterani stagionati non sono tanti quelli che possono essere annoverati come concorrenti credibili: Bardet, Uràn, Landa, Caruso, Bilbao, Pinot, Porte, Thomas, Nibali, Mollema  sono tutti ultra-trentenni che sembrano un gradino sotto al momento. Anche se poi le alchimie del ciclismo possono sempre riservare colpacci e sorprese.

Per le classiche idem, anche se nelle gare in calendario dei due sloveni la situazione è simile, con Julian Alaphilippe a guidare l’assalto, anche se in questo inizio di stagione non sembra brillantissimo. Remco Evenepoel in crisi mistica, Mathieu van der Poel e Marc Hirschi acciaccati e dispersi, e Maximilian Schachman opaco, resta l’incognita, per continuità Alexander Vlasov (più adatto ai GT in ogni caso). Poi anche qui stagionati veterani come Jakob Fuglsang, Michael Woods e Alejandro Valverde che possono avere ancora qualche cartuccia in fondo al cassetto.

Tra parentesi va messa l’Astana tutta, che sulla carta offre corridori convincenti, come Lopez, Lutsenko e Moscon, ma che ha iniziato la stagione malamente, tra indagini, stipendi non pagati e risultati assenti. Una sola vittoria in questa stagione (in una garetta, con Lutsenko) che la pone a fondo classifica WT (solo Ag2R e Team DSM sono a zero, ma con bei piazzamenti).

Insomma, l’unico intermezzo allo show sloveno sembra riposare sul pavé del nord. Sempre che Pogačar…

 

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Pubblicato da
Piergiorgio Sbrissa

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