Con il Lombardia si è conclusa la stagione delle classiche monumento, e classiche tout court, quindi si può fare une retrospettiva con alcune considerazioni sui vincitori e vinti di questa stagione.
Tadej Pogačar. Il fenomeno sloveno ha chiuso in bellezza con il secondo Lombardia consecutivo messo in bacheca, battendo senza problemi in volata un Enric Mas che nel finale di stagione ha dimostrato finalmente di poter concretizzare. La vittoria di Pogačar è arrivata in un finale in crescendo, dopo il 2° posto al giro dell’Emilia (vinto proprio da Mas) e la vittoria alla tre valli varesine, dimostrando che quando si pone un obiettivo lo sloveno è un vero tritasassi. La sua stagione però si era aperta con un sorprendente 5° posto alla Milano-Sanremo, dove ha battagliato nel finale con ruote velocissime come MvdP e Michael Matthews, e meno sorprendentemente al giro delle Fiandre, dove ha colto un 4° posto combinando però un pasticcio nel finale. Insomma, “il piccolo Pogi” è sempre li a giocarsela in ogni classica, che sia una gara da ruote veloci come la Sanremo o i muri del Fiandre o i quasi 5000mt di dislivello del Lombardia. Polivalenza assoluta in attesa di vederlo sulle pietre della Roubaix, dove di sicuro potrebbe non sfigurare. Un dominatore col sorriso.
Remco Evenepoel. Quest’anno il talento belga si è visto solo ad una classica monumento, la Liegi, dove ha fatto bottino pieno. Nelle classiche di prestigio ha fatto il bis a San Sebastian, un percorso tagliato per le sue doti, ed un po’ meno bene a freccia brabante (un po’ in difficoltà contro gente con la sparata come Pidcock e Cosnefroy) e freccia vallone (idem). La vittoria alla Liegi si può considerare un punto di svolta nella sua carriera, perché è stata la sua prima vittoria di prestigio assoluto, con cui poi pare essersi sbloccato per inanellare una stagione storica con le vittorie a Vuelta e mondiale. La sua particolarità è che quando vince lo fa schiantando tutti, partendo da solo e facendo il vuoto: a 30km dall’arrivo alla Doyenne, ai -45km alla Klasikoa, ai -26km al mondiale. Uno schiacciasassi, ma piuttosto monodimensionale, almeno per ora, mentre Pogačar sembra più polivalente. Come tutti non vediamo l’ora di vederli in uno scontro diretto.
Matej Mohoric. Il corridore sloveno è sempre stato un habitué di lunghe fughe nei grandi giri, e quest’anno ha puntato con decisione alla classica più lunga facendo il colpo grosso. La vittoria alla Sanremo, telescopico a parte, lo ha proiettato nella dimensione dei grandi, dove peraltro non sfigura essendo un corridore forte e solido. Solidità dimostrata dalla costanza nei piazzamenti, dal 5° posto alla Roubaix (nel gruppetto dei favoriti), sino al 2° posto al GranPiemonte (perso allo sprint su Cortina), senza dimenticare la vittoria al giro di Croazia per 1″ su Vingegaard, frutto proprio della regolarità nei piazzamenti nelle tappe (3 secondi posti ed un 2°).
Dylan van Baarle. Altro corridore che si è meritato un fiore all’occhiello nelle propria carriera, con la vittoria autorevole alla Roubaix. Van Baarle è stato prima una promessa da giovanissimo, avendo fatto vedere classe non comune quando al terzo anno da pro fece 6° al Fiandre, e 4° l’anno dopo. Poi si è dedicato al gregariato di lusso alla Ineos, a quel punto centellinando le vittorie (solo 6 in carriera), ma mostrando grandi colpi di classe quando lasciato libero, quest’anno alla Roubaix appunto, ed alla Dwars van Vlaanderen. Ma non dimentichiamo il 2° posto al mondiale dello scorso anno. Ed ovviamente il 2° posto al Fiandre di quest’anno. Fiandre che è decisamente la sua corsa, che meriterebbe davvero, e mettendo in bacheca un Fiandre oltre alla Roubaix inserirebbe meritatamente il proprio nome nel novero dei grandi specialisti del pavé.
Mathieu van der Poel. 3° alla Sanremo, 4° all’Amstel, una tappa e 5 giorni in maglia rosa al Giro (con un inizio cucitogli apposta per lui), ma soprattutto le vittorie alla Dwars van Vlaanderen e Fiandre (bis in entrambe). Un inizio di stagione col botto per l’olandese (tranne un sotto tono alla Roubaix). Poi nella seconda parte della stagione si è un po’ perso, arrivando al Tour completamente scarico e probabilmente solo per ordini di scuderia. Un flop il mondiale per cause bizzarre. Nel complesso però resta un protagonista della stagione, e quando è in palla non solo vince, ma è l’uomo da battere.
Wout van Aert. La stagione di Van Aert sarebbe un sogno per chiunque: 2° alla Roubaix, 3° alla Liegi, ma anche 1° alla Omloop, 1° alla E3, maglia verde al Dauphiné (con due tappe vinte e due secondi posti), maglia verde al Tour (con 3 tappe vinte e 3 secondi ed un terzo posto), più un finale di stagione ricco di piazzamenti. Per lui però un fondo amaro è difficile non pensare che non ci sia. In particolare per aver lasciato per strada Sanremo (8°), Fiandre (saltato per covid), mondiale a crono (saltato) e mondiale in linea (4°). Se i piazzamenti a Roubaix (che si era dato come grande obiettivo di inizio stagione) e mondiale ci possono stare, dato che alla prima niente di più poteva fare contro un grande van Baarle ed idem nel secondo “chiuso” dallo straripante compagno di nazionale, nelle altre occasioni (ed in generale in carriera) sembra aver proprio lasciato per strada parecchio. Un corridore di una polivalenza unica, a cui però manca spesso quel “pochissimo” per essere una macchina da vittorie ed entrare nei libri di storia. Il prossimo anno compirà 29 anni e ci auguriamo veramente di vederlo finalmente cogliere tutto il possibile, perché, onestamente, che uno come lui abbia in bacheca solo una Sanremo come classica monumento e nemmeno un mondiale (crono o strada che sia) grida vendetta.
Julian Alaphilippe. Per chi crede nella sfortuna la stagione del francese è la prova tangibile non solo della sua esistenza, ma anche della sua vista perfetta. Partito bene con la vittoria al Tour de Provence, già alla Strade Bianche non “girava” per il verso giusto con la prima bella caduta stagionale, cosa pagata poi alla Tirreno. 4° alla freccia vallone, la “sua” corsa (vinta 3 volte), quindi caduta disgraziata alla Liegi, corsa che per lui sembra stregata. Una caduta che lo ha segnato per il resto del prosieguo. Altra caduta con conseguente ritiro alla Vuelta (dove comunque non sembrava in formissima), quindi un finale di stagione deludente: 51° a mondiale e Lombardia. Vediamo ora senza maglia iridata se la sfortuna lo lascerà in pace per la prossima stagione.
Biniam Girmay. La piacevole sorpresa della stagione. L’eritreo ha iniziato molto bene la stagione, cosa confermata a tutti con l’ottimo 12° posto alla Sanremo, vicino ai migliori. Quindi 5° alla E3 e poi il botto alla Gent-Wevelgem, con la prima vittoria in una classica di un corridore africano, “in faccia” a vari specialisti europei. Da li in poi il 22enne si è installato comodo comodo tra i protagonisti della stagione, con la vittoria al Giro d’Italia (funestata dal tappo nell’occhio) ed i podi a Gp di Quebec e Wallonie. Un peccato non averlo visto al top della forma al Fiandre (non partente per impegni), sarà per l’anno prossimo.
Christophe Laporte. Altra sorpresa stagionale, non tanto in assoluto, perché le doti erano evidenti anche prima, ma proprio perché finalmente si è sbloccato una volta inserito in una squadra capace di valorizzarlo. Il francese ha avuto una grande annata, con 5 vittorie, tra cui una tappa al Tour, una alla Paris-Nice ed il giro di Danimarca. Infine i 2° posti al mondiale, alla E3 ed alla Gent-Wevelgem. Non male per uno che passa gran parte del tempo a fare il gregario. Con un po’ di libertà potrebbe fare grossi colpi ancora.
In generale una stagione di classiche in cui si sono confermati dominatori i giovanissimi. Una menzione d’onore quindi a Michal Kwiatkowski, vincitore dell’Amstel gold Race a 32 anni, un corridore di una solidità mai abbastanza apprezzata e con un palmares invidiabile (e spesso sottovalutato). Un 30enne invece totalmente assente dalle classiche è Primoz Roglic (partecipato solo alla Sanremo: 17°) alle prese con una stagione complicata tra vari infortuni (operato ieri alla spalla) ed impegnato solo nei GT, che però gli hanno dato più dispiaceri che altro, con i ritiri a Tour e Vuelta. Un 30enne che invece ha colto qualcosa di importante è Dylan Teuns, vincitore della freccia vallone, con cui ha impreziosito un palmarés già di rispetto. Gli sarà bruciata l’esclusione dal mondiale, ma a posteriori la nazionale belga non si può poi nemmeno tanto criticare.
Deludente la stagione delle classiche degli italiani, con miglior risultato il 9° posto di Simone Petilli alla Strade Bianche ed il 10° posto di Lorenzo Rota a S. Sebastian, e gli undicesimi posti di Vincenzo Albanese alla Sanremo e di Andrea Piccolo al Lombardia. In particolare si è fatta sentire l’assenza di Colbrelli, la fine del ciclo di Nibali e la stagione catastrofica di Moscon (10 ritiri su 17 corse), il quale speriamo se la lasci alle spalle alla svelta.
Non so se centrino le vicende societarie e gli stipendi (forse) non pagati, ma probabile.