Sara Piffer, ciclista di soli 19 anni, giovane promessa del ciclismo trentino, è stata travolta ed uccisa da un’auto questa mattina in una strada secondaria tra Mezzocorona e Mezzolombardo (TN). Ferito, lievemente, anche il fratello che si trovava su un’altra bici.

Secondo le prime ricostruzioni, un automobilista che proveniva dalla direzione opposta e stava superando un altro veicolo ha travolto la ragazza. Quindi il violento e letale impatto.
Piffer, originaria di Trento, correva per il team Mendelspeck.
Condoglianze alle famiglia.
[HEADING=2]La proposta dell’Aci: «Separare bici e auto, con flussi divisi si evitano incidenti»[/HEADING]
[HEADING=2]Dalmeri: «Ora più educazione stradale»[/HEADING]
TRENTO «Qualsiasi morte in strada è inaccettabile: è stata posta poca attenzione». Si dice «scioccato» il presidente di Automobile Club Trento Fiorenzo Dalmeri dopo l’incidente che a Mezzocorona ha ucciso la ciclista diciannovenne Sara Piffer.
«Penso che i flussi debbano essere separati — spiega il presidente Dalmeri —. Ci dovrebbero essere strade dedicate alle vetture e piste ciclabili separate dalle corsie dedicate alle automobili. Avere divisi i flussi della mobilità evita situazioni come quella di questo ultimo incidente». Ovvero, quella in cui un’autovettura in fase di sorpasso invade la corsia opposta e non riesce ad evitare l’impatto con i ciclisti. «Non si può pedalare solo sulle ciclabili», aveva invece detto l’ex campione di ciclismo e compaesano di Piffer Francesco Moser al Corriere.
«Va terminata la costruzione delle piste riservate alle biciclette — continua Dalmeri —, così anche il ciclista può pedalare tranquillo, libero di viaggiare a velocità elevate senza avere la paura che dietro la schiena gli arrivi addosso una vettura».
Alla riforma strutturale chiesta dal presidente di Automobile Club Trento si aggiunge il ruolo fondamentale dell’educazione stradale: «Deve partire dalle scuole elementari — spiega Dalmeri —. Come Automobile Club facciamo molti interventi dedicati all’educazione alle regole della strada. Stiamo preparando una manifestazione per sensibilizzare i ragazzi di quarta e quinta superiore, che si accingono a prendere le patenti. Ne faremo sempre di più. Ci vuole preparazione». Se ne fa troppo poca, continua Dalmeri: «Non è inserita nei programmi scolastici —spiega —. Portiamo avanti l’educazione stradale grazie a un interessamento delle polizie municipali e dell’Automobile Club. Ma bisogna spingere di più e dedicare molto più tempo nelle scuole medie e superiori, per portare una cultura trasversale».
Tutte misure che hanno senso se accompagnate da una costante attenzione, quando ci si mette alla guida, alla strada e a chi su qualunque mezzo la percorre: «Il codice della strada definisce le modalità di una guida corretta e rispettosa — spiega Dalmeri —. Insieme al rispetto e al controllo degli utenti più fragili, ciclisti e motociclisti. L’automobilista e chi guida mezzi pesanti devono per forza fare attenzione».
Attenzione che secondo il presidente è mancata al guidatore 70enne di Mezzocorona che ha travolto e ucciso Sara Piffer: «Non conosco la dinamica precisa, ma è evidente che in quella situazione la dovuta attenzione non è stata posta. Serviva un rispetto delle regole che sembra non sia stato applicato». Ma nonostante la seconda vittima su due ruote nella nostra provincia da maggio 2024, per Dalmeri: «Non abbiamo numeri superiori ad altre regioni italiane, anzi. Ma anche un solo ciclista morto all’anno è inaccettabile».
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Separare i flussi non è una soluzione, è una stronzata. Ghettizzare i ciclisti vuol dire solo rafforzare l’idea, già fin troppo diffusa, che le strade siano delle macchine. E no, le strade non sono delle macchine, sono di tutti.
Non è stata l’assenza di una pista ciclabile a uccidere Sara, ma un automobilista che ha invaso la corsia opposta. Proporre queste “soluzioni” non fa altro che togliere responsabilità a chi guida, scaricando tutto su chi è più vulnerabile.
La sicurezza non si ottiene confinando i ciclisti, ma cambiando mentalità. Chi guida deve capire una cosa semplice: la strada è un posto condiviso, non il suo regno privato.
E comunque, da un presidente ACI non mi aspettavo un ragionamento diverso. Però mi sarei aspettato che una persona arrivata a ricoprire quel ruolo dimostrasse un pizzico di intelligenza in più. E magari che avesse usato questa intelligenza per tacere, perché così avrebbe evitato di dire stronzate e mi avrebbe lasciato il beneficio del dubbio sulla sua intelligenza.