L’Arabia Saudita sta per creare una nuova lega di ciclismo

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Una società di investimento di proprietà del Fondo di investimento pubblico (PIF) dell’Arabia Saudita è emersa come favorita nel sostenere una nuova lega di ciclismo.

SRJ Sports Investments, fondata lo scorso anno, è in trattative esclusive per un potenziale investimento di circa 250 milioni di euro nell’impresa guidata da 8 importanti squadre ciclistiche europee.
In caso di successo segnerebbe il primo coinvolgimento significativo dell’Arabia Saudita nel ciclismo dopo aver investito miliardi in altri sport in tutto il mondo come il calcio, gli sport motoristici e le arti marziali. Lo sport è uno dei pilastri del piano di diversificazione economica Vision 2030 del governo arabo che mira a costruire nuove industrie e creare posti di lavoro (alcuni critici lo hanno definito un tentativo di distrarre dalla situazione dei diritti umani).

Alcune delle migliori squadre di ciclismo credono che una nuova lega possa essere un modo per ricalibrare i guadagni rispetto alla situazione attuale, con la maggior parte degli introiti generati dai diritti tv che vanno agli organizzatori delle corse. La nuova lega (non ancora ufficiale), che potrebbe vedere fondersi gare nuove ed esistenti, è guidata da una manciata di squadre tra cui Visma-Lease a Bike e Ineos Grenadiers, ma il loro numero per il momento resterebbe limitato ad otto squadre.

Queste notizie sono state raccolte da fonti anonime della Reuters. La Ineos Grenadiers ha rifiutato di commentare, ed i rappresentanti della SRJ non hanno risposto alle richieste di commento.

Ha risposto invece la Visma Lease a Bike: “Questa idea è in fase di studio, così come molte altre idee sono in fase di studio per elaborare un modello di business sostenibile per il ciclismo in futuro“.

Secondo le fonti di Reuters i colloqui non coinvolgono al momento Amaury Sports Organization (ASO) e RCS Sports.

Il potenziale investimento di 270 milioni di dollari da parte di un investitore dell’Arabia Saudita ha il potenziale per avere un impatto significativo sul futuro del ciclismo professionistico, con implicazioni per il finanziamento delle squadre, la generazione di entrate e il coinvolgimento di investitori internazionali nello sport.

 

Commenti

  1. Sarà la fine del ciclismo se si mettono in mano a questi soggetti dove i diritti umani non esistono che pensano che con i petroldollari si può fare tutto l'ultimo esempio è il caso Mancini che non vede l'ora di andarsene , che avrebbero già licenziato se ancora non lo fanno è per non fare un'ulteriore brutta figura.
  2. Jerome 89:

    Dipende, dove intendi che siamo superiori.
    Mi sembra si sfottano molto i loro investimenti esteri, dipingendoli come ricchi sceicchi che sperperano soldi a caso. Intanto e' notoriamente difficile avere fondi statali, parastatali e privati che investono all'estero in modo efficiente - a parte quando la politica non riesce a forzare alcuni meccanismi. Ci sono comunque dei dispositivi per cui gli stranieri non possono acquisire il controllo di alcune (molte) societa' o entrare in maniera massiccia in un settore. Il che lascia relativamente pochi canali aperti per grossi capitali. Anche fondi europei relativamente ben amministrati (es il trilionario fondo pensione norvegese) non sono stati immuni da scandali. Altri paesi, penso al Giappone, sono noti per le disastrose acquisizioni estere delle loro societa' (un tempo circolava la leggenda che fossero troppo educati per pagare il giusto prezzo). Ma soprattutto, se guardiamo all'Italia, ebbene gli investimenti italiani all'estero sono per lo piu' uno schema per far uscire capitale. Guardiamo i paesu del golfo che prova ad entrare con 300 milioni nel business (europeo) del ciclismo e pensiamo siano degli allocchi. Quando poi gli allocchi siamo noi che lasciamo operare quasi senza tasse realta' europee a Dubai.

    Ma anche sui diritti umani, siamo tanto bravi a dare i nobel per la pace alla commissione europea, e a criticare il Qatar. Poi se vai a vedere, gli immigrati che arrivano in Qatar o a Rihad lo fanno in aereo, col visto, un lavoro, ed i documenti gia' pronti. Ed in effetti si, se si infortunano sul lavoro vengono rispediti in patria quasi senza indennizzo. In Europa invece arrivano sui barconi, senza documenti, illegalmente. Pero' oh, i "numerosissimi" che poi lavorano con un contratto regolare a lungo termine, sono coperti dall'INAIL. Mica siamo degli incivili come il Qatar e l'Arabia... (parafrasi mia di opinione letta su giornali e siti centinaia di volte durante i mondiali).
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