L’inattività dei ciclisti professionisti dovuta alla pandemia di Covid-19 sta costringendo le varie squadre a tagli drastici degli stipendi per corridori, staff e dirigenti.
Lotto-Soudal, Bahrain-McLaren, Astana e CCC hanno tutte annunciato tagli dell’ordine del 70% degli stipendi, oltre a misure di cassa integrazione dove possibile.
Oggi si aggiunge la Mitchelton-Scott, che ha comunicato un taglio dello stesso ordine di grandezza anche lei.
Mentre lo sponsor della CCC ha dichiarato che sta lavorando per rescindere il contratto che lo lega alla squadra per via della non-inadempienza dovuta all’assenza dalle corse, Francis Van Eeckhout, patron della società Deceuninck, fabbricante de profilati PVC per edilizia, ha fatto sapere che sta trattando con il General Manager Patrick Lefévère, per una riduzione del budget totale di sponsorizzazione per la stagione 2020: “dal punto di vista di partner finanziario queste ultime settimane senza corse sono diventate un vero problema. Stiamo attualmente discutendo con i dirigenti della squadra per trovare una soluzione per arrivare ad un accordo che mi sembri equo. Spero sia un accordo tra persone sensate“.
Patrick Lefévère risponde: “E’ evidente che le corse importanti previste durante la primavera sono state cancellate e non ci sono date fissate per la ripresa della competizione. La visibilità della nostra squadra nei media è ancora migliore che nel passato. Domenica, 600.000 persone hanno guardato il giro delle Fiandre virtuale nel quale nostri corridori hanno preso il via. Il nostro personale non lavora più attualmente e voglio aspettare sino al 20 aprile per avere una visione globale della situazione prima di pensare al seguito“.
Ovviamente la data del 20 aprile è quella della verità per il Tour de France, su cui tutti stanno lavorando per una soluzione che lo preservi, tout-court, ma anche nella forma. Una soluzione pareva essere quella di farlo correre “a parte chiuse”, ovvero senza pubblico sulle strade. Una soluzione che ne farebbe rimanere intatti i proventi dei diritti tv, ma allo stesso tempo una soluzione fortemente osteggiata dai sindaci delle città di tappa (paganti).
“Un Tour de France senza pubblico sulle strade non è un Tour de France. Sarebbe una banale corsa di biciclette. Il Tour è una festa, con tutto quello che comporta, l’emulazione che c’è attorno, è un immenso legame sociale per tutto il paese. Un Tour de France a porte chiuse vuol dire niente. Non avrebbe alcun interesse“. Cosi, il sindaco di Loudenvielle, arrivo della 8^ tappa.
Stessa opinione per Jean-François Debat, sindaco di Bourg-en-Bresse, città di partenza della 19^ tappa: “organizzare una corsa all’aperto su 3500km a porte chiuse…non credo abbia molto senso. Mi pare totalmente impossibile“.
Molto deciso Daniel Spagnou, sindaco di Sisteron, arrivo della 3^ e partenza della 4^ tappa (costo doppio per la comunalità): O lo si fa come sempre o non lo si fa proprio. Un Tour de France a porte chiuse, veramente, dico no e no. Se lo si fa cosi si uccide il Tour. Uscendo dal confinamento si avrà voglia di una grande festa popolare. Il Tour de France è questo“.
Dritto al punto Michel Valla, sindaco di Privas, arrivo della 5^ tappa: “Non è nemmeno immaginabile, nella misura in cui è una cosa che coinvolge la collettività e dei fondi pubblici, per un ritorno quasi nullo. Il Tour de France si svolge anche lungo le strade dove passa, non è solo una competizione sportiva“.
Insomma, la difesa dei propri interessi da parte delle città ospitanti è ovvia, e collide con gli interessi di squadre per cui è vitale correre in qualche modo per salvare la stagione agli occhi degli sponsor. E con l’interesse degli organizzatori, per i quali, già passati all’incasso dalle comunalità, manca il grosso dei ricavi dato dai diritti tv, che sarebbero salvi anche correndo a porte chiuse. Ma senza il supporto organizzativo delle città di tappa hanno le mani legate.
Questo al netto delle speranze che il confinamento in Francia sia terminato per la fine di giugno, quando i dati della giornata di ieri parlano del superamento della soglia dei 10.000 morti per i transalpini, oltre al dato di un -6% del PIL nel primo trimestre e 1 salariato su 4 in disoccupazione.
anche se penso che abbiano messo a budget pure maggiori entrate derivanti dall'indotto generato del Tour (presenze turistiche in primis).
Scherzi a parte, il tour senza pubblico sarebbe una cosa tristissima (e gli stessi corridori hanno dichiarato di essere contrari all’idea; anzi pure gli organizzatori di diverse tappe hanno detto di non volerlo a porte chiuse). Se si fa, si fa “giusto”...