Eugène Christophe: le vieux gaulois

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A cavallo tra l’epoca dei pionieri e quella eroica si pone una figura leggendaria, ma forse poco conosciuta in Italia, quella del francese Eugène Christophe, che in realtà abbiamo già trattato qui per due motivi storici: è stato il primo corridore ad indossare la maglia gialla nel 1919 ed il vincitore della infernale Milano-Sanremo 1910.

 

Corridore sfortunato se mai ce n’è stato uno, avrebbe potuto vincere molto di più in carriera, ma proprio per questo Christophe è l’esemplificazione ciclistica del “non abbandonare mai”, della perseveranza ad ogni costo, ma anche del piacere della competizione e del pedalare.

Nato (nel 1885) e cresciuto a Parigi, cosa non comune per un ciclista professionista, visto che non rappresenta l’ambiente ideale alla pratica, è di umili origini, figlio di un custode di condominio. Alla licenza elementare fa seguire dei “corsi complementari”, un corso di studi che oggi non esiste più, ma che garantiva un supplemento di studi per l’avviamento professionale. Completati questi studi, sempre a Parigi trova lavoro come fabbro apprendista, il che gli tornerà utile in futuro, come vedremo. Nella stessa via dove lavora come fabbro (in particolare aggiustava serrature) si trovava un noleggio di biciclette. Spinto dalla curiosità Christophe si mise a fare altri lavoretti a tempo perso per guadagnare abbastanza per noleggiare una bici la domenica ed esplorare i dintorni di Parigi (siamo circa nel 1900, quindi la città era molto meno estesa di oggi).

Nel 1901 con degli amici va ad assistere alla partenza della Paris-Brest-Paris, allora corsa professionistica, e questo gli fa scattare la proverbiale scintilla, cosi comincia a partecipare a delle randonnée e poi a qualche corsa amatoriale con una bici regalategli dal padre. La svolta arriva grazie ad un raro colpo di fortuna: vince una bici da pista ad una tombola al salone della bicicletta. Comincia a gareggiare su pista e vince la sua prima gara. Grazie a questa vittoria decide di passare professionista come individuale, che all’epoca tecnicamente erano i professionisti di 4^categoria, ovvero senza squadra e contratti, ma a cui era permesso partecipare ad ogni gara professionistica.

Christophe alla partenza della Paris-Roubaix 1908

La sua prima corsa da professionista data 5 aprile 1903, 25km alla porte di Parigi. Vince. Lo stesso anno arriva 2° alla Paris-Rouen, la più antica corsa da città a città (prima edizione 1896, soppressa nel 2010).

Nel 1904 partecipa alla Paris-Roubaix. 4° a 12km dal traguardo, finirà 7° a causa di una foratura, ma vince il suo primo premio in denaro e viene scoperto dal pubblico.

Nel 1905 non ottiene risultati, ma all’epoca lavorava tutto il giorno in un cantiere come muratore. Diventa padre, ma il suo bambino, Henri, nato l’anno precedente, muore di broncopolmonite, cosi come la moglie pochi mesi dopo.

Nel 1906 viene messo sotto contratto da una buona squadra, la Labor. Partecipa al suo primo Tour de France finendo 9°. Arriva 4° alla Paris-Tours.

Nel 1907 e 1908 non corre perché deve svolgere il servizio militare. Al rientro finisce 13° la Paris-Tours.

Nel 1909 diventa corridore della Alcyon, una delle più forti squadre dell’epoca. Cosi finalmente diventa corridore professionista a tempo pieno, lasciando il lavoro di fabbro, costretto anche dal proprio datore di lavoro, che lo vuole “campione di ciclismo” e lo vede sprecato con le serrature.

Christophe ai campionati francesi di ciclocross 1914

A questo punto la sua carriera ingrana la giusta marcia ed avrà grande costanza di risultati e piazzamenti. Questi i più importanti:

-6 volte di fila campione nazionale di ciclocross tra il 1909 ed il 1914. Vince anche nel 1921.

-Vincitore della Milano-Sanremo 1910.

-1° Paris-Tours 1920

-1° Bordeaux-Paris 1920 e 1921 (la Bordeaux -Paris è stata soppressa nel 1988, ma fino agli anni ’60 era una corsa di enorme prestigio).

-2° Paris-Roubaix 1920

-2° Tour de France 1912

-3° Tour de France 1919

-3 vittorie di tappa in totale al Tour

Christophe all’arrivo della Paris-Bordeaux vinta nel 1922

Purtroppo per lui la leggenda di Christophe non risiede nei risultati, ma negli episodi. Il più famoso quello del Tour 1913.

Il Tour 1913 presenta un ritorno: quello della classifica a tempo, come nei primi due Tour del 1903 e 1904. Dopo il terribile Tour 1904, flagellato da scorrettezze e truffe, viene ideata la classifica a punti: il primo ciclista a tagliare il traguardo di tappa riceveva 1 punto. Gli altri ciclisti ricevevano un punto in più del ciclista che tagliava il traguardo prima di loro. Bisognava poi aggiungere un punto supplementare per ogni scarto maggiore di 5 minuti sul corridore precedente con un massimo di 10 punti. In questo modo un ciclista non poteva ottenere più di 11 punti più del ciclista arrivato prima di lui sul traguardo. Chi aveva meno punti a fine Tour vinceva.

Nella 6^tappa del Tour 1913 si deve scalare il Tourmalet, e Christophe scollina (è notte) per primo ed è maglia gialla virtuale. In discesa però Christophe urta un grosso sasso, forse per evitare un’auto che lo stava sorpassando, e per l’urto spezza il cannotto delle forcella cadendo. All’epoca non era ammessa assistenza ai corridori, che dovevano anche riparare da soli il proprio materiale, pena la squalifica. Il regolamento prevedeva che un corridore potesse anche utilizzare un mezzo di fortuna, ma il proprio, quello punzonato alla partenza, doveva essere portato con se sino al traguardo (e questo apre un capitolo che andrà affrontato in futuro).

Christophe si incammina in discesa dal Tourmalet, per 12km, sino al paese di Sainte-Marie de Campan, dove trova la forgia del fabbro locale, Joseph Bayle, e lo tira giù dal letto. Christophe smonta la forcella, inserisce nel cannotto un tubo di ferro ridotto nel diametro a suon di forgia e martellate, poi fa un foro passante sul cannotto con un trapano a mano ed inserisce una spina che poi “salda” con la forgia. Il tutto sotto lo sguardo vigile dei commissari di corsa. L’operazione gli prende 3-4h, ed alla fine viene penalizzato da un commissario di 3′ (poi ridotti a 1′) per essersi fatto aiutare dal garzone del fabbro ad azionare il mantice della forgia…

Christophe alla fine mangia qualcosa e si rimette in sella, affronta l’Aspin ed il Peyresourde ed arriva a Luchon con 4h di ritardo dal primo. È 7° in classifica generale, ma ha perso ogni speranza di vittoria, così nelle tappe seguenti farà da gregario ai compagni.

L’anno seguente scoppia la guerra e Christophe si ritrova sotto le armi, caporale-meccanico del 1° reggimento “cacciatori-ciclisti”. Il suo compito è riparare le bici dei commilitoni. Nel 1915 viene spostato al servizio “aviazione” della Peugeot (nel 1913-14 corse per la loro squadra ciclistica) dove si improvvisa meccanico dei motori degli aerei da caccia. Nel 1917 viene spostato a Digione nel 1° gruppo di aviazione.

Cycliste-Chasseurs aprono la strada alla partenza della Paris-Brest-Paris 1921

Nel 1919 riprende l’attività ciclistica. Viene anche utilizzato da Henri Desgrange per fare la ricognizione di alcune tratte del Tour de France, e cosi Christophe si trova a girare per le strade devastate dalla guerra, con materiale e cibo razionato. Farà parte dei 67 partenti del Tour di quell’anno. Alla 5^ tappa cade dopo il traguardo investendo un gendarme e si ferisce ad un ginocchio, ma è in testa alla classifica. La mattina seguente vestirà la prima maglia gialla della storia.

Alla 14^ tappa, la penultima prima di Parigi, è ancora in giallo, ma ad un certo punto si accorge che la sua ruota davanti traballa. Gli si è rotta la forcella, come sei anni prima. E come sei anni prima se la ripara da solo in un’officina vicino Valenciennes, perdendo 1h15′. Arriva al traguardo 10° con 2h30′ di ritardo.

Il giorno seguente l’arrivo a Parigi: 1° Firmin Lambot, 2° Jean Alavoine, 3° Eugene Christophe a +2h26’31”. La media del vincitore è 24,056km/h, la più bassa di sempre al Tour. Solo 11 corridori arrivarono a Parigi (4 francesi, 5 belgi, tra cui il vincitore Lambot, ed 1 italiano, Luigi Lucotti).

All’ingresso di Christophe nel velodromo del Parco dei Principi (dove si teneva l’arrivo del Tour all’epoca) il pubblico gli riserva un boato.

Il giorno seguente Henri Desgrange, sulle pagine de L’Auto, lancia una sottoscrizione in favore di Christophe per compensarlo della perdita del Tour a causa dell’incidente. Raccoglierà 13500 franchi. Il premio per il vincitore del Tour ammontava a 6775 franchi.

Non c’è due senza tre recita il proverbio. Il tre per Christophe è il Tour 1922. In maglia gialla nelle tappe 4-5-6 perde il primato alla 7^ e resta 2° sino alla 10^ tappa, la Briançon-Ginevra. La tappa parte sotto la pioggia e tutti i corridori cercano di essere prudenti. Christophe invece parte in fuga e scollina per primo sul Galibier.

In discesa, per evitare un sasso in mezzo alla strada, sbanda e colpisce la roccia a bordo strada. Forcella rotta. Si fa 6km a piedi e raggiunge Valloire. Il regolamento è però cambiato, quindi si fa prestare la bici dal parroco del paese e riprende la corsa. Sulla bici del prete scala il Telegraphe, poi a St. Jean de Maurienne cambia ancora bici e arriva al traguardo con 3h30′ di ritardo. È sceso al 10° posto. A Parigi terminerà 8° a 3h25′ da Firmin Lambot, il quale vince il suo secondo Tour de France a 36 anni, che ne fa a tutt’oggi il più vecchio vincitore del Tour.

 

Il settimanale Miroir des Sports alla fine del Tour compra i diritti per la pubblicazione delle memorie di Christophe, che saranno pubblicate nei 6 mesi seguenti.

Christophe si ritira quindi dalle competizioni su strada, ma continua a correre in ciclocross e a qualche corsa per promuovere la propria marca di biciclette, la “Christophe”. Eugene però è separato dalla seconda moglie all’epoca e sta finalizzando il divorzio, ma questa fa congelare il conto bancario di Christophe per i dissidi intervenuti tra i due. Questo getta Christophe in forti difficoltà finanziarie e pertanto vende la propria marca di bici alla Automoto e si rimette a correre a 40 anni, per la JB Louvet.

Ormai non è più competitivo rispetto i dominanti Bottecchia, Aimo, Buysse e Frantz, la generazione eroica, ma nel 1925 finisce comunque 18° il Tour. Quell’anno viene istituito il premio di miglior scalatore, vinto da Bottecchia.

Christophe sull’Aubisque nel 1925

Nel 1926 non gli viene rinnovato il contratto e cosi corre sotto i colori della Christophe-Automoto. All’epoca un giornalista di Miroir des Sports scriverà di lui: “A Christophe per correre non restano che due cose: il suo coraggio e la sua devozione”. Vince una gara in linea, il circuito del Bourbonnais, il 6 marzo 1926 e poi si ritira definitivamente.

Ciclista in pensione si sposa per la terza volta con un’insegnante di musica. Viene assunto come postino a Malakoff, alle porte di Parigi e poi nel 1946 diventa amministratore della Zéfal, un’azienda ancora attiva oggi nella fabbricazione di accessori da bici. All’epoca produceva anche dei componenti marchiati Christophe, come i famosi cinghietti per i pedali. Nel tempo libero si dedicava al cicloturismo ed alle randonnée. All’età di 73 anni realizzò il suo ultimo brevetto, di 200km.

Targa a Malakoff

Nel 1965 ricevette a fine Tour dalle mani di Jacques Anquetil la medaglia d’oro del Tour de France.

Christophe morì il 1 febbraio 1970.

Nel 2002 l’UCI lo ha inserito nella Hall of Fame del ciclismo (che conta 44 membri).

A Malakoff, dove risiedette tutta la vita c’è una piazza col suo nome, così come a Sainte Marie de Campan, dove si trovava la forgia in cui riparò la (prima) forcella rotta durante il Tour.

Targa commemorativa a Sainte Marie de Campan, in occasione del centenario del Tour

Henri Desgrange di lui scrisse: “Nella vita, davanti gli ostacoli, fate come Christophe: vogliate vincerli”.

Eugene Christophe: “Non si abbandona mai un lavoro che si è cominciato, non importa il motivo“.

Negli anni ’60

 

Un video in cui è presente una lunga intervista a Christophe anziano:

 

Commenti

  1. Racconto stupendo
    Non solo storia di figure meno note, non solo insegnamento alla tenacia e alla correttezza (Non si abbandona mai un lavoro che si è cominciato, non importa il motivo“), ma lo sento intriso anche di poesia, la triste poesia del soffrire per arrivare comunque in fondo, la filosofia di vita che troppo spesso manca oggi.
    Al di là di tifare contro la sfortuna, leggendo la storia, si partecipa soprattutto di quello che può essere stata la psicologia e il sentimento di vita di simili personaggi, e parliamo di ca. 100 anni fa!
    Bellissimo, grazie.
    Forse già lo dissi da qualche parte, o lo lessi detto da altri: non si può fare un libro di questi racconti così trascinanti?
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