Due recenti casi di doping offrono spunti interessanti per capire la situazione attuale a riguardo. Non tanto per i casi in se, ma per capire i piccoli intrecci che il doping spesso implica.
Il primo è quello di Marion Sicot (Doltcini-Van Eyck Sport), 27 anni, francese, zero vittorie in carriera. Sicot è stata trovata positiva all’EPO in un controllo nientemeno che ai campionati francesi a fine giugno scorso, nei quali la francese è arrivata 9^ nella corsa in linea e 2^ a cronometro. Dopo i campionati nazionali le è stato notificato il controllo e quindi non ha più corso. Ora si aspettano come da copione le controanalisi, e lei si dichiara assolutamente estranea al fatto.
L’interesse di tutto questo è che sino ai campionati francesi l’allenatore della Sicot era Franck Alaphilippe, cugino e allenatore del più noto Julian. Sicot si è affrettata a precisare che subito dopo i campionati Franck Alaphilippe non l’ha più seguita avendo firmato un contratto biennale con la Deceuninck-Quick Step, entrando nel suo staff, e che quindi il controllo ha niente a che vedere con lui.
La cosa ovviamente potrebbe non essere propriamente cosi, ma fino al risultato delle controanalisi chiaramente ogni giudizio va sospeso. Nel frattempo il quotidiano francese L’Equipe ha tentato di contattare Franck Alaphilippe per avere dei commenti, ma senza successo.
Per restare in tema, va considerato il caso di Georg Preidler, già noto alle cronache per essere coinvolto nell’operazione Aderlass, ora vede la sua posizione aggravarsi, in quanto finora l’austriaco aveva solo ammesso di essersi fatto prelevare del sangue in vista di una trasfusione, ma ora sarebbe stato provato che si sarebbe dopato già dal Giro d’Italia 2017 e pertanto ora è accusato di “frode commerciale grave” secondo la legislazione austriaca.
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Questo di conseguenza getta un’ombra a livello di immagine, dato che nel 2017 Preidler ha corso il Giro d’Italia nel Team Sunweb, vinto dal compagno di squadra Tom Dumoulin. Tant’è che il campione olandese ha pubblicato sui suoi social un messaggio in cui si dice “scioccato dalla notizia“, e di un “boccone amaro da mandare giù“. Aggiungendo che non vuole essere “acido verso una persona che non mi era nemmeno cosi vicina in passato“, per però poi precisare che all’epoca Preidler era “amaro, insicuro e chiuso in se stesso“.
Secondo me dopare le seconde linee che non vincono mai, serve per aver gregari forti che aiutano a controllare la corsa quando serve.
Poi spariscono nelle retrovie a fine tappa e non vengono controllati.
In passato queste cose poi sono sempre finite nel niente e si sono sempre rivelate solo strategie di comunicazione.
Resta appunto la domanda se sia possibile o meno che oggi (o nel 2017) in una squadra si possa rimanere all'oscuro che un proprio corridore si dopi o meno. E non col salbutamolo e basta, ma nel caso specifico con trasfusioni e Gh.
È una vera domanda che faccio, non retorica. Perché i meccanismi dietro queste cose non sono banali.
Personalmente già mi sembra più difficile che un allenatore non si accorga di assunzione di epo.
Ma nel caso della Sicot questo deve essere ancora comprovato dalle controanalisi, quindi fino ad allora sospendo ogni giudizio, potrebbe trattarsi di falso positivo, o altro.
Se veramente un corridore ha fatto da solo perché deve pagare la squadra? Non sono un giurista, ma credo che cosi si contravvenga al principio di responsabilità personale.
Anche perché poi, automaticamente, la sanzione sarebbe anche sportiva per la squadra: se veramente Preidler ha fatto da solo sarebbe giusto che Dumoulin perda il titolo al Giro?
Allo stesso tempo è evidente che questo sia uno schermo comodissimo per le squadre in teoria.
È per questo che per me bisognerebbe partire proprio dalla domanda se sia possibile o meno non accorgersi che un proprio corridore si dopi. E ripeto, non è una domanda retorica. Anche perché ci sono n-mila tipi di dopanti, etc..
Ma è una domanda che viene sempre schivata.