Il Dauphiné ammazzatutti

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Normalmente il Dauphiné è l’ultima prova prima del Tour de France, la prova che serve da rifinitura per le squadre ed i corridori, per dare l’ultima oliata ai meccanismi con i gregari in salita, nelle volate, a cronometro. I ritmi ed i percorsi però non sono mai estremi. Tutti cercano ovviamente di non sfinirsi prima del Tour, e quando qualcuno lo fa tendenzialmente lo paga poi alla solita terza settimana del Tour.


Quest’anno, complice il noto virus, squadre e corridori sono arrivati con molte incognite sulla propria preparazione, e pure con quella di un Dauphiné ridotto da otto a cinque giorni. Un Dauphiné però durissimo nel percorso: nel Menù 27 salite per un totale di 18.650mt di dislivello in 5 giorni. Una montagna, letterale, di dislivello che oltretutto i corridori hanno affrontato Full-Gas, senza risparmiarsi.

E da subito, basti pensare che già la prima tappa, Clermont-Ferrand-> Saint-Christo-en-Jarez, prevedeva 218km per 4000mt di dislivello, che sono stati coperti dal vincitore Wout Van Aert (Jumbo-Visma) alla bella media di 40km/h tondi tondi.

Mikaël Cherel (AG2R), veterano scalatore, fidato gregario di Romain Bardet ha dichiarato: “il livello in montagna è stato senza dubbio più elevato che al Tour de France. In questi ultimi anni ad un’andatura simile restavo coi 20 migliori in salita, qui eravamo ancora in 40 o 50. Si perdono i riferimenti“.

Alla penultima tappa, Ugine-Mégève, 148,5km, con 5 salite di cui due di 1^ categoria ed una Hors Catégorie, la Monteé de la Bisanne (12,7km, 7,7% medio) per un totale di 4149mt di dislivello, l’andatura in salita è stata senza risparmi, come racconta Pierre Rolland (B & B Hôtels-Vital Concept): “…salire la Bisanne a 25 all’ora con tutti che seguono è impressionante. Non è praticamente possibile fare più di cosi. Io in ogni caso non ho mai visto niente di simile“.

E Rolland non lo dice tanto per dire visto che basta dare un’occhiata a Strava per rendersi conto che l’andatura è stata proprio quella, per una VAM di poco meno di 1500

 

L’ultima tappa, Megève-Megève, 156km per 3782mt, non è stata da meno, con la solita infornata di salite:

Salite attaccate ad andatura forsennata da subito. A cominciare dal Col de Romme, salita HC di 9km per 8,9% medi, su cui ha scollinato per primo Sebastian Reichenbach (Groupama) alla velocità media di 19km/h, per una VAM di 1736 (392W medi). Senza tuttavia fare una particolare selezione:

Il record della salita del Col de Romme resta quello stabilito alla 17^ tappa del Tour 2009, dove però il Col de Romme era la penultima salita. Nell’occasione i fratelli Schleck e Alberto Contador fecero meglio di 14″ rispetto a Reichenbach. Il terzetto dette alla fine 2’18” al quarto, Vincenzo Nibali.

Se pensate però che in questa ultima tappa del Dauphiné il ritmo sia stato tanto inferiore nel finale vi sbagliate. Il vincitore di tappa, Sepp Kuss (Jumbo-Visma) ha affrontato come un razzo le ultime salite, la Côte de Domancy e la Côte de Cordon, a 2017 di VAM la prima e 1644 la seconda. Il tutto sempre in stretta compagnia di  tutto il gruppo dei migliori.

La differenza l’ha poi fatta nell’ultima salita al traguardo, 8,5km al 4%, affrontati a 30,1km/h medi (50km/h di punta) per una VAM di 1290 (359W medi). Abbastanza per rifilare 27″ a Lennard Kämna (Bora) e 30″ a Daniel Martinez (EF).

Gran ruolo in tutto questo l’ha avuto la Jumbo-Visma, squadra stellare che ha blindato la corsa in ogni frangente, come ha notato Hugo Hofstetter (Israel Start-Up Nation): “Sono allucinanti, e non parlo nemmeno dei loro scalatori, già dal Tour de l’Ain Tony Martin e Wout Van Aert impongono ritmi impossibili, anche in salita! La loro squadra è due gradini sopra tutti gli altri“.

Ed eccolo qui ad esempio Van Aert, in un fotogramma che lo ritrae tirare il gruppo in un pezzo in piano nel finale dell’ultima tappa, dopo 5 salite (la velocità è in basso a destra):

In tutto questo la Jumbo, perso Roglic, si è vista pure sfilare la vittoria finale, ma la selezione sembra essere stata comunque durissima, se non fisicamente almeno mentalmente. Appare molto strano (e “tattico”) che Egan Bernal sia stato ritirato per “mal di schiena”. Mal di schiena che ora pare aver colpito pure Thibaut Pinot, il quale salterà i campionati nazionali per riposare e riprendersi al meglio per il Tour. Anche se le ultime notizie danno Richard Carapaz in pre-allerta per il Tour dato che Bernal qualche problema pare averlo davvero (anche se questo fa pensare che Thomas e Froome non siano realmente in condizione di essere competitivi).

Altra indicazione che ci viene dal Dauphiné è che i più in forma pare siano i giovani. L’unico nella Top10 sopra i 29 anni è Pinot, mentre ci sono ben tre under 24 ad aver mostrato  le cose migliori (tra cui il vincitore): Daniel Martinez (24), Tadej Pogačar (21) e Lennard Kämna (23). Appena fuori dalla Top10 c’è Sivakov (23), che senza la caduta avrebbe fatto sicuramente meglio.

Insomma, un Dauphiné che pare aver segnato la nascita di nuovi equilibri nel gruppo.

 

 

Infine una curiosità: se la Ineos schierasse al Tour Froome, Thomas, Bernal e Carapaz sarebbe la seconda volta nella storia che una squadra schiera 4 vincitori di grandi giri tutti assieme. Il precedente è la squadra francese al Tour del 1958 con Jacques Anquetil, Louison Bobet, Jean Stablinski e Roger Walkowiak.

 

Commenti

  1. samuelgol:

    Se parli di classico amatore delle GF, dimostri di non aver compreso il discorso che si sta facendo. Pazienza.
    Idem come sopra. Non hai focalizzato bene di chi si sta parlando.
    Ripeto, io nemmeno prendo in considerazione il livello di chi partecipa a competizioni ciclistiche in cui c'è il far west e i controlli non esistono, dispiace ma a pensar male ci si azzecca, specialmente tra gli amatori...ho letto il tuo esempio, ed è comune a tanti altri, e ti dico che la trafila nelle categorie agonistiche l'ha fatta....se invece di passare PRO è finito a gareggiare nelle corse in cui si iscrive chiunque, un motivo ci sarà? o sono tutti stupidi quelli che osservano e scelgono chi far passare dalle categorie giovanili?

    In effetti trovo incomprensibile qualsiasi paragone, è talmente alto il livello del mondo dei pro (sotto ogni punto di vista: fisico-gare-stagione-dieta-preparazione-stress), che mi viene da ridere paragonarlo alle GF....chiudo qui perchè :offtopic:
  2. Mauro1988:

    Sicuro, infatti gli asini mascherati da cavalli da corsa li beccano prima o poi...nelle GF è facile di no, visto che il modo di farsi trovare puliti il giorno della gara esiste e non esiste il passaporto biologico o i controlli a sorpresa durante l'anno...dovessero cominciare a spendere i soldi veri nell'antidoping amatoriale si vedrebbero tante stelle cadenti (ma perchè farlo? se uno vuole rovinarsi la vita per vincere il cesto degli sponsor contro gente che il giorno dopo deve andare a lavorare, via libera...)
    Anzi, credo che l'interesse verso il ciclismo amatoriale sia a livello di quantità. Più si allarga la base dei partecipanti (bombati o meno) più si guadagna.
    Non c'è la pressione di chi ha investito tanti soldi per ingaggiare e vuole evitare che risultati estemporanei mandino in vacca tutto. Il giudizio del pubblico (assente) direi ininfluente, quindi...
  3. Shinkansen:

    Ho visto un filmato con Maradona (va be', esempio non calzante) con una pancia così, fermo, giocava su una mattonella 10x15, eppure faceva quello che voleva. Un articolo di BDC-Mag diceva che Hinault dopo il ritiro prese una sventola da suoi amici, mai stati pro', con i quali usciva, perché non era allenato e pensava di essere ancora il fuoriclasse che era.
    Paragonare il calcio al ciclismo non ha senso, se non per avere un'immediata visione d'insieme.
    Maradona con una pancia così faceva quello che voleva da fermo. Lo metti in un campetto di seconda categoria e massimo può battere le punizioni.
    E' palese che la condizione fisica decente sia un presupposto ormai per qualunque sport
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