Auguste Mallet. Trompe-la-mort

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Si dice spesso che la sfortuna non esiste, che è solo superstizione. La storia di Auguste Mallet però è una di quelle storie che da seri argomenti a chi ci crede, a chi crede al “fondo di verità in ogni leggenda”.

Auguste Mallet nacque a Thiergeville il 3 maggio 1913. Alto 1 metro e 57 centimetri per un peso di 54kg fu un eccellente scalatore, quasi sempre il più piccolo corridore in gara, lo è stato sicuramente nei suoi due Tour de France corsi, nel 1938 e 1939.

Residente a Parigi tutta la vita, cominciò a correre come amatore nella Rivoli Sportif all’età di 18 anni. Le sue prestazioni in salita gli valsero il primo invito ad una gara aperta ai professionisti: il Criterium de la Montagne, nel Puy-du-Dôme. Arrivò 4°, ma dovette fermarsi, nell’ilarità generale, perché i pantaloncini troppo grandi gli caddero in uno scatto sui pedali in salita e fu costretto a fermarsi per rimetterli a posto.

Nel 1936 passò professionista nella Mercier-Hutchinson, dove ebbe per compagni di squadra tra gli altri Maurice Archambaud, André Leduq, Charles Pellissier e Marcel Kint. Ma dovette anche fare il servizio militare e quindi non ebbe risultati.

Nel 1937 passò alla Helyett – Splendor – Hutchinson con René Vietto ed un altro sfortunato: Adrien Buttafuochi. In quell’anno vinse la 2^ tappa del Tour de l’Oise oltre ad arrivare 2° in classifica generale. Ma la stagione era subito cominciata male alla Paris-Roubaix, a marzo (la prima Roubaix vinta da un italiano, Jules Rossi, residente però a Parigi, da cui il titolo de L’Auto: “la corsa dei razzi belgi e del bastardo Italo-parigino” -dal 2° al 7° furono tutti belgi-), con una caduta terribile che fece dare l’annuncio della sua morte all’arrivo. In realtà era entrato in coma e trasportato all’ospedale di Beauvais, dove rimase per una settimana.

“Per lui è finita con la bici” scrissero all’epoca.

Mallet al Tour 1938. Si vedono bene le bici, all’epoca fornite tutte uguali dall’organizzazione (L’Auto, sul tubo diagonale): tutte gialle con cambio Super-Champion.

Nel 1938, è ristabilito, ed apre la stagione con una vittoria al GP della città di Nizza, poi 5° alla Milano-Sanremo (vinta da Giuseppe Olmo), quindi 1° alla seconda tappa della Parigi-Nizza. Alla tappa successiva, tra St.Etienne e Orange, a Bourg d’Argental, ai piedi del Col de la Republique, un cane gli attraversa la strada. Mallet non può evitarlo e cade con un tuffo in avanti. Frattura del cranio.

Si riprende e partecipa al suo primo Tour de France, ma si ritira alla 14^ tappa. È il 22 luglio e mentre Gino Bartali sta facendo il vuoto sull’Izoard, Mallet è all’inseguimento assieme agli altri. Poi la discesa, dove un salumiere di Marsiglia in auto (le strade al Tour in quegli anni non erano presidiate come oggi) stringe una curva e Mallet non riesce ad evitarlo, nella caduta si fa un taglio sull’addome (forse con un pedale), tanto profondo da recidere alcuni muscoli addominali e far uscire parte degli intestini.

Bartali arriva a Parigi in giallo, Mallet arriva all’ospedale di Aix e ci resta 23 giorni tra la vita e la morte. Poi però si riprende.

Da allora fu soprannominato “Trompe-la-mort” (colui che inganna la morte), un soprannome che condividerà con “testa di cuoio” Jean Robic, ma di cui ha il primato.

Ma c’è un terzo appuntamento con la morte, a Dunkerque, nel 1940, durante la guerra. Mallet combatte nella battaglia omonima, che lascerà distrutta la città quasi completamente. Una bomba tedesca cade non lontano da lui. È praticamente seppellito dalla terra alzata dalla detonazione, lo estraggono e lo danno per morto. Ma Mallet inganna la morte ancora una volta. Resta in ospedale, a letto, per 12 mesi. Viene insignito della croce di guerra e della medaglia militare (la terza onorificenza francese per importanza), ma deve cominciare una lunga rieducazione per tornare a camminare.

Nel 1943 torna a correre per la France Sport-Dunlop e vince la corsa in salita Nizza-Mont Agel.

Nel 1944 arriva 2° in una corsa a Boussac, ma poi viene investito da un’auto ai campionati nazionali su strada.

Nel 1945 fa tre piazzamenti in gare per scalatori prima di cadere rovinosamente alla Caen-Rouen-Caen. Resta 2 mesi in ospedale, ma non si scoraggia, nel 1946 vince il GP des Alpes, poi si piazza 3° al trofeo degli scalatori (meglio conosciuto come La Polymultipliée) dietro Pierre Baratine e Fermo Camellini. Quindi 8° alla Paris-Nice, sempre vinta da Camellini.

Poi il 9 dicembre, il quarto appuntamento con la morte: esce in bici per un allenamento, ma cade in centro a Parigi e viene investito da un camion.

Muore nel trasporto in ospedale all’età di 33 anni. Questa volta la morte non si è fatta ingannare.

 

Commenti

  1. Scaldamozzi ogni tanto:

    Che forza di volontà e perseveranza a rialzarsi e tornare in bici.
    Non so quanti al suo posto avrebbero fatto lo stesso.
    Grande forza di volontà ma era anche giovane.. logico quindi che reagisse alle sventure considerato che era anche dotato.
    Aveva però il destino segnato seppur sia riuscito chissà come a beffarlo in varie occasioni.
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