Come sta cambiando il ciclismo?

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Ormai la tendenza nei grandi giri è chiara da anni per le cronometro: sempre meno chilometri per questa specialità, e le poche tappe rimaste spesso sono corte e con al loro interno salite molto dure.

A dispetto dell’enfasi posta da molte aziende sugli equipaggiamenti aerodinamici, con grossi investimenti in studi in tunnel del vento per bici, caschi, maglie, scarpe, etc., nelle gare poi questi equipaggiamenti si vedono col contagocce. I grandi giri degli anni ’70 ed ’80 avevano una media del 9% della totalità del loro percorso a cronometro. Negli ultimi 5 anni si viaggia ad una media del 1%.

I grandi giri sono sempre stati l’apoteosi non solo del ciclismo, ma del corridore completo, forte su ogni terreno. Oggi è ancora cosi, ma con sempre maggiore enfasi sugli scalatori. I grandi giri continuano, edizione dopo edizione, a presentare sempre più dislivello. I 3 grandi giri, cominciando con la Vuelta, negli ultimi anni hanno sempre sforato l’impressionante barriera dei 50.000mt di dislivello totali.

Tutti i leggendari campioni del passato erano grandi cronoman. Non serve nemmeno menzionarli. Ma quanti corridori oggi sono penalizzati da questa tendenza? Solo venti anni fa i grandi giri presentavano mediamente almeno 100km a cronometro, contro la trentina delle ultime edizioni. Con 100km a cronometro “veri” (non con in mezzo la salita al 18%) ci sono corridori che potrebbero tranquillamente entrare nei giochi per la classifica, come Rohan Dennis, mentre altri, venerati oggi come fenomeni, sarebbero ridimensionati. Miguel Indurain vincerebbe un grande giro oggi?

La spiegazione di questo trend è presto fatta: a livello di audience televisivo le cronometro non sono dei buoni affari. Ne prendiamo atto, ma allo stesso tempo c’è da chiedersi in quali altri sport un’esigenza di audience stia stravolgendo un intero sport in questo modo, penalizzando alcune categorie di corridori. E non si tratta solo dei grandi giri. Le gare a cronometro specifiche sono letteralmente scomparse. Basti pensare al Trofeo Baracchi o alla Chrono des Nations.

Il cambiamento non riguarda solo le cronometro tuttavia. Vale anche per gli sprinter. Anche le tappe per gli sprinter stanno diminuendo nei grandi giri, e vengono comunque farcite di salite. Quest’anno, e da non pochi anni, mondiali e olimpiadi saranno due corse per scalatori.

La cosa è ben riassunta da questa frase di Arnaud Démare (FdJ): “È la politica in voga oggi. Vogliono lo spettacolo, e non la smettono di rendere sempre più duri i percorsi. Per noi (sprinter -ndr-) si tratta forzatamente di sopravvivere...”.

Ecco che per gli sprinter diventano fondamentali per la stagione le corse secondarie (o meno), come l’UAE-Tour, spesso tanto denigrato. Una corsa che si sta ritagliando tuttavia un posto nel calendario, con audience (televisiva, sulle strade è un’altra cosa) sempre maggiore, ma proprio alcuni protagonisti di questa corsa sono piuttosto critici, come Pascal Ackermann (Bora-Hansgrohe): “sono contento per questa corsa, che prende d’importanza, ma per noi è frustrante. Quest’anno avrebbero potuto lasciarci o i mondiali o i giochi olimpici…è difficile, è una tendenza a nostro sfavore, ma cosa possiamo farci?“.

Spesso poi si dimentica che nell’economia di un grande giro le tappe per gli sprinter sono essenziali anche per gli altri corridori. Gli scalatori non possono correre a tutta 20 tappe in montagna, ma hanno bisogno di tappe in cui poter tirare il fiato. Cosa che recentemente viene negata proprio agli sprinter, che oltre al sempre minor numero di tappe dedicate si vedono inserire metri e metri di dislivello in quelle a loro favorevoli per il finale piatto. Sempre Démare commenta:  “Questo è l’altro problema: ci sono sempre meno sprint e quando ci sono abbiamo 2000mt di dislivello da fare prima. All’ultimo Tour gli sprinter erano sfiniti! Facevamo degli sprint con quello che restava, sprint di pura fatica. Kittel nel 2019 non avrebbe vinto una sola tappa. Non sono più sprint per veri sprinter“.

Kittel sappiamo che traiettoria ha avuto infatti, ma anche tutti gli sprinter che hanno fatto la storia recente avrebbero avuto i loro bei problemi nello scenario attuale: Cipollini avrebbe vinto le sue 42 tappe al Giro e 12 al Tour? Petacchi 22 al Giro, 6 al Tour e 20 alla Vuelta? Cipollini e Petacchi che non sono solo due tra i più forti sprinter di tutti i tempi, ma anche i corridori italiani che in assoluto hanno ottenuto più vittorie da professionisti dietro solo Francesco Moser e Giuseppe Saronni. E lo stesso Mark Cavendish con le sue 30 vittorie al Tour? Che lo pone dietro solo Eddie Merckx (34).

Sprinter che come noto utilizzavano treni che partivano ad almeno 10km dal traguardo, mentre oggi gli sprint si basano molto più sull’esplosività su percorsi spesso con finali tortuosi e con rettilinei brevi prima del traguardo.

Ma non solo sprint in evoluzione, ma anche calendari rivoluzionati dal punto di vista delle prestazioni. Oggi non esistono più gare interlocutorie ed una forma in crescendo durante la stagione. Si parte a tutta e subito, sin dalle prime gare, ormai a Gennaio. In soli due mesi di questa stagione 2020 si sono registrate prestazioni record in salita da parte di Nairo Quintana sul Mt.Ventoux e Adam Yates sulla salita di Jabel-Hafeet all’UAE-Tour.

La situazione è descritta da Quentin Jaurégui (AG2R-La Mondiale, il quale ha proprio tentato un attacco ai piedi di Jabel-Hafeet: “non sono uno scalatore, so che non posso competere assolutamente con i migliori che ci sono qui, ma la squadra non ha un leader e siamo liberi…quindi ai piedi della salita mi sentivo bene, non si andava troppo veloci ed ho tentato un attacco pensando che ci sarebbe stata una possibilità, che una ventina di corridori mi avrebbero ripreso più avanti, ma che poi sarei riuscito a restare con loro, ma questo invece ha scatenato tuti quelli dietro. chi non tenta niente ottiene niente, mi è piaciuto dare tutto per fare bene il mio lavoro. Siamo a Febbraio e si sale già talmente veloce….è sempre peggio, sta diventando della MotoGP, in piano come in salita“.

David Gaudu (Groupama-FDJ), che scalatore lo è, dirà che “non mi aspettavo distacchi del genere”.

E non è una tendenza che riguarda solo i grandi giri, ma anche alcune classiche. Una classica che è storicamente terreno di caccia per gli sprinter è la Paris-Tours, ma anche lei si è evoluta, “…e francamente non in favore degli sprinter“, dice Sébastien Joly, DS della Groupama-FDJ: “Gli organizzatori hanno voluto portare delle novità e sono andati a cercare delle stradine di campagna. Li capisco, fanno tutto quello che possono per migliorare lo spettacolo e trovare dei percorsi più stuzzicanti, ma bisogna anche rimanere coerenti e ragionevoli…“.

Nel complesso il ciclismo si è sempre evoluto sin dalla nascita, ma alcuni percorsi, gare e caratteristiche sono diventate parte integrante del patrimonio di questo sport proprio rimanendo fedeli a se stesse e non cambiando continuamente. Basti pensare ai percorsi delle classiche monumento, che sono gli eventi singoli più seguiti anche a livello di audience. Ma non solo, i loro percorsi attirano migliaia di appassionati ogni anno per cimentarsi proprio sulle orme dei campioni del passato e del presente.

Oggi la tendenza è inseguire le supposte preferenze del pubblico, invece che, magari, educarlo ad apprezzarne le differenze e sfumature che hanno reso il ciclismo uno sport fatto di grande varietà al suo interno.

 

 

 

 

 

Commenti

  1. Mardot:

    Per guarire ci vuole la medicina.
    Grazie allo strumento di misura decidi quale medicina e se prenderla.
    Oppure puoi anche fregartene, con le logiche conseguenze del caso.
    E durante una gara che medicina prendi? Se il termometro lo usi sempre (allenamento), quando non lo usi lo sai lo stesso quanta febbre hai e non è che se hai 38.1 prendi una medicina se hai 37.9 ne prendi un'altra. La differenza di medicina la stabilisci fra 37 e 38 o più e se una volta non hai il termometro, per una volta, lo sai se hai 37 o 38 o più anche senza termometro.
    Ser pecora:

    Bisognerebbe ricordargli che, senza Pm, dal 1999 al 2009 il Tour de France è stato vinto da ben 4 corridori diversi. Tanto per dire quanta "incertezza" ci fosse senza...
    Così tanta incertezza che dal 1999 al 2005 non lo ha vinto nessuno o comunque non si sa chi lo ha vinto. :mrgreen:
  2. all_i_need_is_bike:

    No, ma è appunto una conferma di una sensazione, in quel frangente.
    Non è detto che sia una conferma, lo strumento ti dice i parametri reali del tuo stato fisiologico, e potrebbe confermare o smentire ciò che avverti a livello percettivo.

    [QUOTE]No, dipende dall'effetto che ha sulla successiva scelta in funzione dell'obiettivo.[/quote]Quello fa parte dell'utilizzo non dell'informazione. Se un sistema (umano o automatico non fa differenza) riceve un'informazione e poi la usa male, non significa che l'informazione era inutile, significa che non è stato in grado di usarla bene.

    [QUOTE]E sarà una delle tante abilità non direttamente atletiche di cui un corridore dispone, in misura più o meno rilevante, per affrontare le situazioni di gara, così come la capacità di leggere la corsa.[/quote]Esatto, quindi lo strumento aggiunge utilità, non la toglie e nemmeno la lascia inalterata, rispetto alla condizione di assenza.

    [QUOTE]Facciamo finta che l'incertezza di una informazione sia fine a se stessa anziché condizionare il modo in cui posso usare l'informazione.
    Innanzitutto il sistema svolgerebbe i conti risentendo della variazione non prevedibile di alcuni dati significativi (in assoluto non elevatissima, ma significativa sulla qualità della previsione). Ma soprattutto: come fai a conoscere lo svolgimento e quindi l'effetto che ha sull'esito?
    Dove è possibile farlo (crono e cronosquadre) si fanno simulazioni molto evolute (durate dei cambi, velocità e traiettoria di ingresso nei cambi di direzione in riferimento al percorso reale). Ma è una situazione in cui la finestra di ottimizzazione è ampia.
    Hai rovesciato il barattolo dei punti :)[/quote]Per conoscere lo svolgimento e quindi l'effetto che ha sull'esito il sistema deve lavorare in "closed loop", ma ormai di modelli di regolazione in ciclo chiuso ce ne sono diversi.

    Non c'è abbastanza trippa per gatti (alias business) in questo settore, altrimenti implementare un modellino basato su Rete di Petri, schema neurale, retroazionato in ciclo chiuso con possibilità di minimizzare l'errore non sarebbe nemmeno da fantascienza, normale amministrazione in altri settori.

    E non si tratta di simulazioni, le simulazioni sono una cosa, le regolazioni sono ben altra cosa. Le regolazioni come ingresso prendono l'errore, calcolato come differenza tra lo stato attuale e quello desiderato.

    [QUOTE]Pensa che alcuni pro li hanno usati in gara prima del 2000 (ad esempio LeMond nel 1994, Riis alla Amstel 1997) :)
    [/quote]Di sicuro anche loro pensavano che fosse utile ;-)
  3. alespg:

    Almeno una recentissima....al mondiale ! Ma il ragazzo si farà....quest'anno giocherà con la maglia numero 7....
    Esatto, hai centrato un caso palese in cui l'atleta non l'ha cagata nemmeno di striscio la strumentazione, infatti si è cotto a puntino (credo più per fame).
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