La “cotta”: Abdel-Kader Zaaf

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Il ciclismo è anche lo sport delle “cotte”, quelle situazioni di totale sfinimento per cui si riesce a malapena a stare in sella, o si finisce proprio appiedati. I motivi possono essere molteplici, dalla scarsa alimentazione/idratazione, a ritmi troppo elevati, a chilometraggi fuori portata, percorsi troppo impegnativi dal punto di vista altimetrico, etc… Fatto sta che qualunque ciclista, esperto o meno esperto, le proprie cotte se le ricorda bene per tutta la vita.

Una cotta leggendaria è sicuramente quella di Abdel-Kader Zaaf. Nato in Algeria nel 1917 e morto nel 1986, è stato uno dei primi corridori professionisti africani (anche se di nazionalità francese sino al 1962) a farsi notare per i buoni risultati, tra cui sicuramente quelli in nord-Africa (vittorie a Tour d’Algérie, Tour du Maroc, Tour d’Afrique du Nord), ma anche in gare sul continente europeo: Circuit de la Côte d’Or, Ronde des Champions à Tarbes, una tappa del Circuit du Mt.Ventoux per un totale di 27 vittorie.

Partecipò al Tour de Suisse, alla Paris-Bruxelles ed anche a 4 Tour de France, in cui finì due volte fuori tempo massimo (1948-1952), abbandonò nel 1950 alla 13^ tappa e solo nel 1951 terminò 66° ed ultimo in classifica.

La sua figura rimarrà per sempre legata però alla cotta alla 13^ tappa del Tour de France 1950. La tappa era la Perpignan-Nîmes, 215km, e si corse con una canicola che la rese particolarmente insidiosa. Zaaf era in fuga con Marcel Molinès, corridore marsigliese nato anche lui in Algeria, e come Zaaf facente parte della squadra Afrique du Nord. Il vantaggio dei due era di 16′ sul gruppo inseguitore, quando Zaaf ebbe un malore dovuto quasi sicuramente alle solite amfetamine e ad un’insolazione. Crollato a bordo strada, dei contadini presenti lo portarono all’ombra di un platano e, non avendo acqua a portata di mano, gli diedero del vino. Zaaf era musulmano e non aveva mai toccato un goccio d’alcol in vita sua, e questo, sommato al resto, lo stroncò definitivamente: appena ripresi i sensi Zaaf si rialzò, inforcò la bicicletta e riprese a pedalare, ma….in senso contrario all’arrivo. Fu fermato dal camion scopa che lo portò in ospedale.

Essendo stato innaffiato di vino, Zaaf evidentemente ne portava l’odore, e per questo fu poi riportato che bevette una borraccia di cartagène (un vino liquoroso sui 20° usato localmente come aperitivo) passatagli da uno spettatore a bordo strada, ma questa versione non trovò mai riscontri tra i cronisti presenti e sembra essere la solita storiella per nascondere l’abuso di amfetamine.

Molinés vinse la tappa indisturbato con 4’30” su Kübler e Ockers,ma a parte la soddisfazione di una vittoria di tappa al Tour le cose poi andarono meglio per Zaaf che per lui. Molinés appesa la bicicletta al chiodo divenne tassista, mentre Zaaf, grazie all’exploit, divenne un corridore conosciuto e molto ricercato dagli sponsor come testimonial.

Zaaf nel Tour 1951, oltre ad arrivare ultimo, è rimasto negli albi per aver lanciato una fuga alla 16^ tappa, la Carcassonne-Montepellier, nota per essere la tappa di un’altra “cotta” storica, quella di Fausto Coppi, che andò in crisi totale e rimase nel tempo massimo per pochi secondi aiutato dalla sua squadra.

Zaaf divenne in seguito ospite d’onore a numerose gare in circuito la cui presenza era ben pagata, tanto che si ritirò a a fine carriera in Bretagna (regione molto più tollerante della natia Algeria in merito agli alcolici, infatti in Maghreb la sua cotta da vino non fu proprio ben presa, mentre in Bretagna ai bar diventò di moda bersi “un petit Zaaf“) dove continuò a partecipare a gare in circuito in relativo benessere.

Ormai la leggenda dello “zuavo del gruppo” (zouve du peloton) era nata.

Commenti

  1. L'articolo mi ha spiegato anche l'origne dell'espressione bere un petit Zaaf. Essendo francese, avevo sentito questo modo di dire ma non sapevo da dove veniva, buffo no, sono dovuto venire in Italia per scoprirlo, Grazie per queste storie.
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