Come noto, il governo USA il 24 settembre 2018 ha imposto tutta una serie di dazi sui prodotti importati dalla Cina per un totale di circa 200 miliardi di dollari.
Tra questi prodotti ovviamente ci sono anche componenti di biciclette: l’anno scorso sono stati importati dalla Cina negli USA 500.000 telai di biciclette (non biciclette intere) di ogni materiale per un valore di 32 milioni di dollari. Nel 2019 il numero i telai importati è sceso a 200.000 sino ad agosto, per un totale di 21 milioni di dollari. Segno che questi dazi hanno ottenuto l’effetto voluto.
Questi prodotti erano soggetti ad un dazio iniziale del 3,9%, salito poi al 10% nel settembre 2018, aumentato al 25% lo scorso Maggio. Un ulteriore aumento al 30% che doveva entrare in vigore il 1° di Ottobre è stato poi posticipato a data da destinarsi.
Questi dazi però rappresentano un problema in particolare per le aziende che commerciano telai e componenti in carbonio. Il perché lo spiega una piccola azienda di telai in carbonio del Massachusetts, Parlee Bicycles, che negli ultimi dieci anni si è creata un buon nome nell’ambiente:
“la produzione domestica di questi telai ha un costo proibitivo, cosi come sono proibitivi oggi i costi per trovare un nuovo terzista fuori dalla Cina. Far ricadere questi costi sul consumatore non è un’opzione fattibile”.
“Queste motivazioni non vengono addotte per particolari capacità tecnologiche o strategiche nella costruzione: “La normale tecnologia utilizzata in questi processi produttivi è ormai consolidata in Cina da decenni. Non c’è alcuna minaccia (strategica, una delle motivazione del governo alla protezionismo nel caso del carbonio -ndr-) nel fatto che la Cina acquisisca tecnologie che non possiede già“.
La risposta delle aziende USA a questi dazi è stata richiedere delle esclusioni al U.S. Trade Representative, il rappresentante per il commercio degli Stati Uniti d’America, il quale si occupa principalmente di consigliare e agire per conto del presidente USA sulle questioni di commercio internazionale.
Ed è stata proprio Parlee ad ottenere la seconda esclusione nel settore ciclismo (l’altra riguarda una piccola azienda che produce bici singlespeed). Di questa esclusione non beneficerà solo il richiedente, ma tutti gli importatori USA di telai in carbonio (la richiesta riguarda quelli solamente) dalla Cina, i quali non pagheranno più il 25% addizionale sino al prossimo agosto 2020, oltre a venire rimborsati per quanto già pagato.
Questa esclusione riguarda una tipologia ben definita di telai: quelli il cui valore non ecceda i 600$. Allo stesso tempo anche Trek Bicycles ha richiesto un’esclusione: per telai in ogni materiale di valore sopra e sotto i 600$. Ed anche un’associazione per la promozione del ciclismo, PeopleForBikes, che opera per tutta l’industria ciclo americana, ha richiesto un’esclusione per tutti i telai di valore inferiore a 600$. Al momento ci sono 94 richieste di esclusione indirizzate al US Trade Representative.
Per le piccole e medie aziende si tratta di chiedere esclusioni per parti specifiche, come nel caso di Delta Cycle, la quale ha richiesto l’esclusione di un portapacchi molto specifico. Bell ha richiesto l’esclusione di alcuni modelli di selle, caschi, camere d’aria e pompe; Salsa di alcuni modelli di bici, etc..
Nel complesso si è trattato di un duro colpo per tutte queste piccole e medie aziende per le quali assorbire un rincaro del 30% è molto molto difficile. Le prime misure adottate sono state un incremento dei prezzi e la fine del Free Shipping, la spedizione gratuita per chi la offriva (cosa molto comune negli USA).
Gli effetti di questa guerra dei dazi sta portando grandi sconvolgimenti nel settore, in primis con la delocalizzazione dei siti produttivi fuori dalla Cina: Giant Manufacturing Co. il maggior produttore mondiale, ne ha spostato uno recentemente nei Paesi Bassi, oltre ad averne aperto uno per le Ebikes in Ungheria. I paesi più gettonati sono il sud-est asiatico, come il Vietnam o la Cambogia, già da anni paesi privilegiati nella manifattura di telai di bassa gamma.
La richiesta delle esclusioni per i telai con grande enfasi sui 600$ fa capire anche quale sia il prezzo “limite” per la produzione locale e quando convenga (o sia impossibile non farlo) delocalizzare. Ancora più complicato il discorso con le bici intere, che sono assemblate con componenti con produzione di diversa provenienza, come telaio made in Taiwan (ma magari in realtà cinese, anche a Taiwan la legge permette di definire “Made in Taiwan” un telaio verniciato e montato in loco) ruote con cerchi cinesi, copertoni thailandesi, etc..
Ma non tutte le aziende USA sono scontente dei dazi, grande sollievo è stato espresso recentemente da aziende attive nella produzione di componenti in alluminio (a basso contenuto tecnologico quindi) come cavalletti e portapacchi. Anche se, la maggioranza, a partire dai rivenditori, sembra scontenta con numeri di vendita in calo, e soprattutto soffrono le piccole aziende, che vengono acquisite da quelle più grandi.
Insomma, se lo scopo era riportare la produzione USA in patria, la cosa non sembra riuscire.
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