L’UCI convoca Vinokourov e Riis

Stavolta è il turno di Alexandre Vinokourov di ricevere raccomandate, anzi, telefonate, e nel caso specifico da Brian Cookson, presidente UCI, che ha chiamato anche Bjarne Riis, ovvero i due team manager delle squadre più importanti del WorldTour che hanno avuto problemi di doping.

La chiamata ha avuto lo scopo di convocare Vinokourov e Riis a testimoniare presso la commissione indipendente che si occupa della storia del doping nel ciclismo in modo da poterlo far avanzare rispetto il passato.

Alexandr Vinokorouv

Vinokourov, team manager dell’Astana, squadra vincitrice del Tour de France con Vincenzo Nibali, è stato testato positivo nel 2007, mentre Bjarne Riis, team manager della Tinkoff-Saxo, vincitrice della maglia a pois con Rafal Majka, ha confessato l’uso di EPO nel 1996 per vincere il Tour de France. Confessione che aveva portato ASO, organizzatore del Tour, a cancellarlo dall’albo, come avvenuto poi con Lance Armstrong, ma poi a reinserirlo per evitare questioni legali dovute alla prescrizione del fatto. Decisione che continua a far discutere ancora.

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Brian Cookson ha dichiarato al Guardian che “Vorrei che venissero entrambe in commissione a testimoniare. La commissione non ha poteri di subpoena (nel diritto anglosassone l’obbligatorietà della testimonianza con sanzioni in caso si rifiuti o si dichiari il falso -ndr-), ma c’è una corte rappresentata dall’opinione pubblica che è molto importante. Queste persone ed altre devono aver ben chiaro che se vogliono continuare ad operare nel nostro ambiente l’opinione del mondo del ciclismo sarebbe molto più favorevole verso di loro se si facessero avanti“.

In questo senso la proposta di Cookson viene incontro all’istanza di considerare o meno opportuna la presenza di persone implicate pesantemente nel sistema doping di continuare a restare nel mondo del ciclismo.

“Abbiamo una regola che dice che se hai commesso una violazione maggiore del codice antidoping non puoi essere coinvolto nelle attività di un team, ma ciò è molto difficile da implementare in modo retroattivo. Pertanto quello che cerco di fare è trovare una via che ridia fiducia alla gente sul fatto che certi personaggi con un certo passato abbiano rinunciato ad ogni coinvolgimento col doping e siano impegnati a lavorare con noi nel rispetto delle regole ed in modo pulito. Quello che voglio fare è dire: questa e questa persona possono aver fatto brutte cose e sono state sanzionate per questo, hanno scontato il prezzo da pagare. Ora parlino con la commissione per ammettere cosa hanno fatto.

Si ha una qualche possibilità di redimersi in qualunque sistema giudiziario.

E’ irrealistico dire che dobbiamo cacciare queste persone per sempre. Ci sono team che ci hanno provato, come i miei amici della Sky, ma si sono creati da soli situazioni complicate. Altri team hanno provato altri modi e trovato altre complicazioni

Preferirei la spontaneità all’obbligatorietà. Queste persone devono farsi avanti da sole ora, in modo da mostrare almeno buonafede. Mi aspetto che si presentino davanti la commissione per raccontare cosa successe, come successe e perché successe”

Cookson ha parlato in questo senso molto favorevolmente della testimonianza resa alla commissione da parte di Lance Armstrong. Anche senza sapere cosa abbia detto crede che sia un buon esempio perché altre persone coinvolte in fatti di doping si facciano avanti e cambino il sistema “culturale” del passato.

Cookson non si è sottratto anche dal commentare i recenti casi che hanno esposto ad un fuoco di fila l’UCI, a cominciare dal mancato comunicato stampa riguardo la positività e relativa sanzione di Denis  Menchov:  “Non credo che faremo danze e balli per ogni caso di antidoping, ma dovremo fare un po’ di più che aggiornare la lista senza dirlo a nessuno. Possiamo fare di più“.

L’altra questione è quella delle esenzioni per uso terapeutico che hanno permesso a Chris Froome di utilizzare sostanze proibite in corsa. Esenzioni firmate dal medico dell’UCI Mario Zorzoli: “E’ qualcosa che dobbiamo discutere con la WADA. Erano autorizzati (a correre- ndr-) dal codice WADA, e siamo stati informati da medici esterni all’UCI che le esenzioni per uso terapeutico sono elementi necessari, ma per garantire l’integrità del procedimento è importante migliorarlo. Avere una sola persona che se ne occupa ci lascerà sempre esposti ad accuse che qualcosa di poco chiaro sia successo. Pertanto non lo permetteremo più. Avremo una commissione che esaminerà ogni esenzione, anche se prenderà più tempo, ma ciò porterà a meno problemi e controversie. Lavoriamo in un ambiente che ora è totalmente sospettoso su ogni questione che concerne il doping. Dobbiamo essere più bianchi del bianco e più solidi che mai nelle nostre strutture e processi. Dobbiamo essere una botte di ferro“.

L’unico problema è la confidenzialità medica. Penso che sia necessaria un’analisi attenta,  sedersi allo stesso tavolo con la WADA, i nostri esperti medici e le squadre. Dobbiamo trattare meglio le esenzioni mediche, il come metterle a disposizione del pubblico. La mia personale opinione sarebbe di non permettere le esenzioni: Hai bisogno di prendere delle medicine? Ok, perfetto, però allora devi startene a casa. Ma se lo facessimo saremmo fuori dal codice WADA e per gli avvocati sarebbe uno spasso...”

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