Operación Puerto: la WADA non farà i nomi

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Sono ormai passati 13 anni dall’inizio dello scandalo nato con l’operazione Puerto. Gli ultimi sviluppi li avevamo descritti qui, e finora eravamo rimasti in attesa delle decisioni dell’agenzia mondiale antidoping (WADA) riguardo la divulgazione dei nomi degli 11 sportivi identificati come clienti del dottor Eufemiano Fuentes.

Eufemiano Fuentes

La settimana scorsa la WADA ha pubblicato il suo report annuale e vi si può leggere tra l’altro: “Aperta nel 2006, l’operazione Puerto è terminata nell’agosto 2019 […] In totale undici sportivi (dieci uomini ed una donna) sono stati identificati come clienti del Dottor Fuentes. Tuttavia la prescrizione di dieci anni impedisce la divulgazione pubblica dei nomi“.

La WADA non precisa se gli sportivi in questione siano in attività o meno.

L’operazione Puerto era cominciata il 23 maggio 2006, quando la Guardia Civil spagnola trovò 211 sacche di sangue codificate, destinate ad autotrasfusioni, in un laboratorio clandestino del Dottor Fuentes (ginecologo) a Madrid, grazie alla confessione del corridore della Kelme Jesus Manzano.

Il sangue proveniente da quelle sacche fu comparato con il DNA di 215 sportivi ritenuti “potenziali clienti” di Fuentes in base alle indagini. Solo nel 2016 la WADA aveva potuto entrare in possesso dei campioni di sangue dopo una lunga battaglia legale con la giustizia spagnola. La quale nel frattempo aveva prosciolto tutti nel 2016 sulla base del fatto che la legislazione antidoping in Spagna all’epoca dei fatti era praticamente inesistente e non vi erano praticamente capi d’accusa.

L’inchiesta era tuttavia proseguita sul versante della giustizia sportiva, con decine di nomi coinvolti, tra cui (principalmente) alcuni ciclisti che avevano confessato la loro collaborazione con Fuentes, come Ivan Basso, mentre pochi altri (6) sono stati sospesi: Jan Ullrich, Alejandro Valverde, Jörg Jaksche, Michele Scarponi e Giampaolo Caruso. Ullrich e Valverde erano stati anche già identificati tramite l’esame del DNA, ma la WADA non ha chiarito se li abbia compresi tra gli 11 identificati.

Una svolta era arrivata nel novembre 2018, quando Günter Younger, a capo degli investigatori della WADA era riuscito a comparare il DNA dei campioni di sangue proveniente dalle sacche sequestrate con campioni tenuti in archivio in uno dei laboratori accreditati dalla WADA stessa, identificandone 7 sportivi (non solo ciclisti quindi)  di cui 4 in attività e 3 ritirati. Aveva aggiunto che i 4 in attività erano stati controllati tra novembre 2017 e aprile 2018 risultando negativi.

Questo pare l’atto definitivo di questa lunga inchiesta, che in definitiva ha solo colpito il ciclismo e nessun altro sport, nonostante negli anni da più parti siano arrivate indicazioni che le sacche contenevano sangue anche di sportivi di altri sport.

 

 

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