Tadej Pogačar (UAE-Emirates) ha vinto la 9^ tappa in volata, in un finale thrilling con il fuggitivo Marc Hirschi (Sunweb) ripreso dopo una fuga di 80km ai -1,5km. Hirschi che è il classico “vincitore morale, ma siamo sicuri che il 22enne bernese saprà rifarsi in futuro.
Primoz Roglic (Jumbo-Visma) ha strappato la maglia gialla dalle spalle di Adam Yates, staccato sul col de Marie-Blanque ed ora a +1’02” da Roglic. al secondo posto in classifica generale sale Egan Bernal (Ineos), che seppur un tono sotto il duo sloveno delle meraviglie, resta in corsa a +21″, ed oggi è sembrato più pimpante. Partito più in sordina rispetto alla Jumbo potrebbe entrare in condizione nelle prossime settimane e trovarsi col serbatoio più pieno alla terza.
Conserva il terzo posto Guillaume Martin (Cofidis) a +28″, e solo 2″ dietro Romain Bardet (AG2R).
Grande prestazione come al solito della Jumbo-Visma, oggi in grande spolvero con il trio Kuss-Bennett-Dumolin, che hanno fatto saltare il banco come al solito. A parte Pogačar appunto, il quale fa tutto da solo, e molto bene.
E questo introduce un tema di giornata: l’abbandono di Fabio Aru (UAE), il quale non solo ha passato mezza tappa davanti il camion scopa, ma si è sentito pure il duro sfogo in Tv di Giuseppe Saronni:
“Con la condizione che ha Fabio non doveva essere convocato per correre il Tour, era chiaro da settimane. Qualcuno tra preparatori e allenatori dovrà risponderne. Abbiamo perso l’unico corridore che doveva stare vicino a Pogacar. Quando fisicamente e muscolarmente l’atleta si trova a soffrire, alcuni trovano la lucidità e la forza per reagire, Fabio, invece, non fa così. Sotto l’aspetto del carattere non è fortissimo. Nella difficoltà non si dà coraggio, lui purtroppo crolla mentalmente e moralmente e rende tutto più difficile. Ci ha deluso in un momento in cui avevamo tanto bisogno di lui. Questo per noi è un grande problema. Ha colpe anche chi ha deciso di portare comunque Aru al Tour. Era nei suoi programmi e quindi voleva esserci, ma c’è anche la responsabilità di chi deve verificare che un corridore sia in grado di affrontare una corsa come questa”.
Aru si è limitato ad un laconico comunicato:
“Non so proprio cosa mi stia succedendo, non ho risposte e questa cosa mi fa soffrire. Mi ero avvicinato a questo Tour de France in punta di piedi, ma conscio che avevo lavorato bene. Non per fare classifica, ma per aiutare Tadej nel migliore dei modi e magari, chissà, prendere qualche soddisfazione personale qualora si fosse presentata l’occasione. Venivo da una serie di incoraggianti prestazioni, in una parabola crescente, eccetto la giornataccia del Lombardia. Anche i dati mostravano ottimismo nel ritorno ad una condizione che mi permettesse di fare buone prestazioni, sicuramente i migliori degli ultimi 3 anni. Anche ieri, parlando col medico della squadra, gli dicevo che avevo sensazioni crescenti, e che ero fiducioso per il proseguo della corsa. Ora sono qua, a terra, senza capirne il motivo. Non mi merito questo perché sono sempre stato un professionista esemplare e il mio impegno massimo. Non si merita questo neanche la squadra e soffro tantissimo nel non poter dare il mio contributo come programmato. Il mio futuro? Beh adesso non ci penso. La botta è ancora troppo calda”.
Difficile commentare questi fatti, che probabilmente nascono da una situazione compromessa da tempo in seno alla squadra per vari motivi e che ora sta altrettanto probabilmente giungendo al termine nel modo peggiore.
Oggi primo giorno di riposo, con tutto il gruppo che verrà testato per il covid. Incrociamo le dita.
A meno non ci sia un problema fisico diverso e non individuato.
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