Thomas o Froome?

Il Tour 2018 si accinge ad affrontare il Massiccio Centrale e quindi i Pirenei e la domanda che ormai tutti si fanno è “Chi è il capitano designato della Sky?”.

Geraint Thomas ha continuato a dichiarare che lui è di supporto a Froome, che Froome è l’ovvio capitano, ma dopo l’Alpe d’Huez il suo linguaggio è cambiato:

Ogni giorno è diverso e lo prendiamo come viene. Vedremo come va domani ed abbiamo un piano per i Pirenei. La cosa importante è che vinciamo e che non si finisca a correre uno contro l’altro e Dumoulin vinca. Faremo davvero la figura degli stupidi.

L’ho già detto prima, è la prima volta che corro 3 settimane da leader di un grande giro. Quindi è tutto da scoprire, ed è lo stesso per Dumoulin e Froome che hanno fatto il Giro e non sanno cosa li aspetterà. È una grande cosa essere nella stessa squadra“.

Con questa dichiarazione Thomas sembra un po’ scoprire le carte, e fa intendere che lui è il capitano designato nel dubbio che Froome abbia un calo o un crollo dovuto alle fatiche del Giro.

Ma nel caso Froome non abbia né cali né crolli? Dove andrà a riprendersi il minuto e 39” che lo separa dal gallese? La cronometro individuale della penultima tappa, di 31km, non da garanzie sufficienti a Froome. Potrebbe forse recuperare 1′ a Thomas, stando ottimisti, ma difficilmente di più. Thomas a cronometro va forte, e la maglia gialla potrebbe essere il Boost decisivo.

E vale la pena forse di ricordare che Geraint Thomas sta vivendo il momento di forma della vita. Cosa che nemmeno lui può ignorare.

Dopo aver contribuito non poco all’ottima performance della Sky nella cronosquadre, ha passato indenne la 6^ tappa col Mur de Bretagne e pure quella sul pavé. Nella tappa de La Rosière ha attaccato prendendosi maglia gialla e vittoria di tappa, e 24h dopo ha dominato l’Alpe d’Huez. Dico dominato perché ha rifilato 13″ ad un Nibali, e 47″ ad un Quintana (che comunque non appare in forma).

Non male per uno che nasce su pista (medaglia d’oro alle Olimpiadi 2008 nell’inseguimento a squadre con Bradley Wiggins, Ed Clancy e Paul Manning) e che era partito nella sua carriera da professionista, alla Barloworld, nel 2007, assieme a Chris Froome, come specialista da classiche.

10° al Fiandre nel 2010. Secondo alla Dwars door Vlaanderen del 2011. Podio alla E3 Harelbeke nel 2014 e vittoria in solitaria nel 2015. Nello stesso anno riesce anche un podio alla Gent-Wevelgem. 8° e 7° a Fiandre e Roubaix nel 2014.

Durante il 2015 fa anche lui la “trasformazione Sky”, perde 8kg, e già dal 2016 ha mostrato di saper andar forte anche in montagna, con la vittoria alla Volta ao Algarve e Paris-Nice. E poi col salto di qualità del 2017 con la vittoria al Tour of the Alps. Nel 2018 il Dauphiné.

Al Tour de France è partito piano, ma i progressi sono stati costanti nel tempo: 139° nel 2007, 67° nel 2010, 30° nel 2011, 140° nel 2011, 22° nel 2014, 15° nel 2015, 15° nel 2016. E sempre da gregario.

Ed ora la maglia gialla ed una posizione da leader che sembra inattaccabile. Non male per uno che ha come prima vittoria importante in carriera ha la E3 Harelbeke, che, vale la pena di ricordarlo, è stata vinta nelle ultime otto edizioni oltre che da Thomas, da: Niki Terpstra, Greg Van Avermaet, Michal Kwiatkowski, Peter Sagan, Fabian Cancellara, Tom Boonen e Filippo Pozzato. A parte forse Kwiatkowski viene (molto) difficile pensare uno degli altri a vincere un Tour de France.

C’è da considerare che il parterre di quest’anno al Tour è abbastanza particolare: Mikel Landa e Dan Martin sono alle prese con i postumi di cadute varie, Richie Porte, Rigoberto Uràn e Vincenzo Nibali eliminati da cadute, Nairo Quintana non in perfetta forma, Tom Dumoulin e Chris Froome con il Giro nelle gambe.

Resta Romain Bardet, che nelle varie tappe di montagna rimaste può tendere qualche trappola alla Sky, anche se orfano dei fidi gregari Domont e Vuillermoz, ma deve comunque recuperare 3’20” e crearsi un “tampone” per la cronometro individuale, dove potrebbe perdere lo stesso tempo dal gallese.

E poi c’è Primosz Roglic. Molto in sordina lo sloveno è 4°, a 2’38”, ma sembra avere una condizione in crescita, e soprattutto ha una ottima squadra a sostenerlo, in primis con Steven Kruijswik e poi con Robert Gesink. L’ex saltatore con gli sci è quindi uno da tenere d’occhio.

Chi non ha la squadra invece è Tom Dumoulin, che ormai può contare sui soli Geschke, Kragh Andersen e sul 37enne Ten Dam, oltre a passistoni come Haga e Theuns.

Dumoulin che si dice in ottima condizione, e lo dimostra riuscendo a tenere bene le ruote del duo Sky. E probabilmente la sua tattica è piuttosto semplice: mantenere contenuto al minimo il distacco sino alla cronometro, dove può giocarsi l’asso pigliatutto, anche se la cronometro non è proprio piatta e sembra più nelle corde di Froome e Thomas. L’unico timore di Dumoulin lo ha esplicitato proprio lui: un altro Finestre. Se Chris Froome porterà un attacco come quello ormai leggendario dello scorso Giro d’Italia l’olandese ha ammesso che non assolutamente le gambe per difendersi.

E quindi si arriva proprio all’incognita Froome. Al momento Chris si trova nella stessa difficile posizione in cui era Wiggins nel 2012 rispetto a lui. Con un “luogotenente” che sembra avere le gambe per scalzare il capitano.

Froome però non sembra molto dell’idea di lasciar vincere Thomas. Per lui c’è in ballo l’appuntamento con la storia: il 5° Tour ed il 3° Grand Tour consecutivo.

Attaccherà il proprio compagno in maglia gialla? Se vuole vincere dovrà farlo ad un momento o l’altro, ma riuscirà ad essere incisivo su un Thomas fortissimo come quello odierno? E cosa ne sarà della Sky il giorno dopo? Queste rivalità interne lasciano cicatrici profonde. Una vittoria di Froome a mia opinione porterebbe Thomas a decidere di cambiare squadra. Se la Sky avesse pensato ad un attacco stile Finestre probabilmente Brailsford sa che perderebbe Thomas nel futuro. E con un Froome ormai 35enne vorrebbe dire che probabilmente ha già deciso per Egan Bernal come sostituto in luogo di Thomas (32 anni).

Ma vale anche l’inverso: accetterà Froome di essere scalzato da Thomas?

Chi non sembra avere dubbi è Andy Schleck, per ci le cose sono molto semplici: “Sul tetto dell’ammiraglia davanti a destra c’è sempre la bici del capitano. E davanti a destra c’è quella di Thomas“.

 

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